1986 Gennaio Dicembre Mirella&Emanuela

MIRELLA GREGORI – EMANUELA ORLANDI

DIARIO DI UNA STORIA VERA

18 gennaio 1986

 Accompagnato dall’avvocato Giandomenico Pisapia, si costituisce a Milano Fausto Annibaldi (colpito da mandato di cattura internazionale il 29/04/1983 insieme a Flavio Carboni, Emilio Pellicani, Gennaro Cassella, Francesco Pazienza e Maurizio Mazzotta) dai giudici istruttori Antonio Pizzi e Renato Bricchetti per concorso in bancarotta del Banco Ambrosiano e di appropriazione indebita (verrà in seguito condannato con sentenza definitiva a quattro anni e otto mesi).

Fausto Annibaldi, già noto alle cronache giudiziarie del 1983, era il socio di maggioranza del negozio che si affacciava su corso Rinascimento, quasi all’angolo con via Dei Canestrari, a poche decine di metri sul marciapiede opposto dall’ingresso di Palazzo Madama. Era un piccolo emporio che vendeva oggetti d’arredamento, qualche modesto pezzo d’antiquariato, lampade e articoli fotografici. Inoltre, vendeva registratori, strumenti musicali, audio cassette e forse anche video-cassette. Vi si poteva accedere anche dal retro che dava su un cortile interno privato nel quale era possibile parcheggiare un furgone o un paio di automobili; il negozio vi aveva diritto di accesso e sosta. Emanuela Orlandi transitò decine di volte di fronte a quelle vetrine per raggiungere la scuola di musica.

Lo stesso Annibaldi era riconducibile al reparto assistenza tecnica della concessionaria Bmw Samocar di Roma in zona Vescovio dove si recò l’agente Sisde Giulio Gangi. Lo stesso, proprio in quell’officina, trovò gli elementi per indagare sulla persona che aveva in uso un’auto sospetta, portata nell’officina per delle riparazioni, riconducile alla scena dell’adescamento di Emanuela Orlandi. Giulio Gangi in seguito rintracciò la donna nel residence Mallia.

A parte la presenza di Annibaldi, la storia di questa importante società capitolina del settore auto è ricca di avvenimenti che s’intrecciano a vicende ed esponenti della criminalità organizzata romana. Il fondatore e titolare dell’impresa fino alla fine degli anni Settanta era stato il conte Tommaso Antolini Ossi, il quale, sequestrato mentre rientrava nella sua abitazione di via Nomentana la sera del 25 marzo 1980, era stato rilasciato il 25 giugno dello stesso anno dopo il pagamento di un riscatto di 700 milioni di lire. Vissuta la traumatica esperienza del sequestro, il conte Ossi aveva abbandonato l’attività lasciandola nelle mani del cugino, Vincenzo Malagò, il quale associò alla vendita di auto BMW anche quella delle Ferrari. E fu sempre dopo il sequestro che, nell’assetto della Samocar, arrivò Fausto Annibaldi. Del sequestro Antolini Ossi furono accusate quindici persone, tutte successivamente condannate. Le indagini condussero ad emersione, per altro, che tra gli amici di uno dei sequestratori c’era anche Enrico Nicoletti, personaggio di prima grandezza, come sarebbe stato accertato vari anni dopo, della banda della Magliana. Oltre che per il rapimento del titolare, fu per ben altro avvenimento criminale che la Samocar finì nel fuoco dell’attenzione della magistratura nel 1983, un mese prima che venisse spiccato il mandato di cattura contro Fausto Annibaldi. Ansa, 29 marzo: «Cinque persone sono state arrestate la scorsa notte durante una operazione di polizia fatta congiuntamente dai Carabinieri, dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato. A Villa San Giovanni è stata bloccata un’automobile nella quale sono stati trovati quindici chilogrammi e mezzo di eroina pura. L’auto avrebbe dovuto raggiungere Roma». Il giorno dopo scattarono altri venti arresti in tutta Italia. L’operazione fu coordinata dal responsabile della Criminalpol, il prefetto Nicastro. Lo stupefacente era nascosto negli sportelli di una BMW Serie Sette targata Palermo guidata da un insospettabile gioielliere: Guido Santoro. Di questi venti arresti, tre furono eseguiti a Roma il 30 marzo ’83, dove furono fermati Roberto Pannunzi, suo fratello Mario, (direttore amministrativo della Bmw Samocar) e Armida Nuñoz. Mario Pannunzi il successivo 9 maggio venne scarcerato per mancanza di indizi dal Giudice Istruttore Paolo Borsellino. L’arresto era stato evidentemente un errore giudiziario.

Accompagnata dalla madre Elvira Muzzi, si presenta in Questura Paola Giordani, figlia di un dipendente del Vaticano che riferisce di essere stata insistemente osservata e poi seguita da due individui mentre si recava a scuola. Afferma di essersi impaurita e di essere ritornata a casa perché gli venne in mente il caso della sua amica Emanuela Orlandi.

27 gennaio 1986

Viene arrestato Vittorio Carnevale, componente di spicco della banda della Magliana.

1986
L’Unità del 28/01/1986

1 febbraio 1986

Per riciclaggio e ricettazione di soldi provenienti da rapine vengono chiesti 14 anni per il cassiere della mafia Giuseppe (Pippo) Calò e 12 anni e sei mesi per uno dei capi della malavita romana, Ernesto Diotallevi.

L’Unità del 02/021986

25 febbraio 1986

Viene arrestato Roberto Fittirillo, componente della banda della Magliana.

L’Unità del 26/02/1986

7 febbraio 1986

Stampa Sera del 07/021986

01 marzo 1986

L’Unità del 01/03/1986

19 marzo 1986

Il banchiere siciliano Michele Sindona e Robert Venetucci vengono condannati all’ergastolo rei dell’assassinio dell’avvocato milanese Giorgio Ambrosoli (liquidatore della Banca Privata Italiana, trascinata al fallimento proprio da Michele Sindona) ucciso nella notte dell’11 luglio 1979 con quattro colpi di pistola. Sindona muore tre giorno dopo nel supercarcere di Voghera bevendo una tazza di caffè avvelenata col cianuro.

21 marzo 1986

Due funzionari della polizia tedesca hanno una serie di incontri col Servizio Interpol, con la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, con la DIGOS e con la Squadra Mobile di Roma in merito ad informazioni sull’attentato del Papa e sulla scomparsa di Emanuela Orlandi.

23 marzo 1986

Claudio Sicilia (er Vesuviano), esponente di spicco della banda della Magliana, rimane vittima di un attentato. Un commando di due persone gli sparano tre proiettili: uno alle spalle, uno all’addome e uno in testa.  Sicilia non muore, rimane in coma per alcune settimane con una pallottola in testa e riesce a sopravvivere.

L’Unità del 25/03/1986

29 marzo 1986

Dopo novantatré udienze, al termine di una camera di consiglio durata quattro giorni, si conclude il processo per l’attentato al papa. Serghey Antonov, Todor Ayvazov, Jelio Vassilev, Omer Bagci, Musa Serdar Celebi, Oral Celik vengono assolti per insufficienza di prove. Bekir Celenk nel frattempo era deceduto e Alì Agcà, che stava già scontando l’ergastolo inflittogli a luglio 1981, viene condannato ad un anno di reclusione per il reato di introduzione d’arma.

01 aprile 1986

Ricompare la borsa di pelle nera di Roberto Calvi. Il senatore del Movimento Sociale Italiano Giorgio Pisanò (membro della commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2), dice di averla acquistata per una somma di cinquanta milioni di lire che, “…mi verranno rimborsati con regolare fattura dalla Rai e da Panorama per l’esclusiva offerta…”, da due sconosciuti (i venditori vengono indicati più tardi nelle persone di Flavio Carboni e del vescovo cecoslovacco Pavel Hnilica). La borsa viene mostrata nel programma televisivo Rai di Enzo Biagi Spot (negli atti dei processi, spesso la trasmissione è confusa con Linea Diretta sempre di Biagi nda) e contiene, tra l’altro, dei passaporti del banchiere, alcune fotografie dei familiari di Calvi, la patente di guida, una grande quantità di chiavi e alcune lettere del banchiere in forma di appelli disperati inviati, tramite il faccendiere Flavio Carboni, a monsignor Hillary Franco e al cardinale Pietro Palazzini. Le lettere, pubblicate su Panorama del 13 aprile 1986, contengono anche accuse contro Marcinkus e Mennini, nonché contro il cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato, e il monsignor Achille Silvestrini, ministro degli Esteri del Vaticano. Questi ultimi vengono accusati dal banchiere di essere membri di un complotto che, in connivenza con forze laiche e anticlericali nazionali e internazionali, mira a modificare l’attuale assetto dei poteri all’interno della Chiesa stessa”.

La magistratura apre un’inchiesta.

1986
L’Unità del 02/04/1986

9 aprile 1986

A seguito dei colloqui del 21 marzo, personale della Squadra Mobile di Roma, della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, della DIGOS e al Servizio Interpol si recano in Germania (Repubblica Federale Tedesca) per verificare l’attendibilità delle informazioni raccolte dagli stessi tedeschi da fonti confidenziali turche in merito alla scomparsa di Emanuela Orlandi.

6 maggio 1986

La polizia tedesca di Düsseldorf invia una nota all’Interpol dove si evince che una loro fonte di informazioni afferma, tra l’altro che:

  • Emanuela Orlandi si trova in una piccola località al confine tra Francia e Belgio;
  • Vive con un uomo di nazionalità turca;
  • Nei primi mesi del 1985 abitavano a Parigi;
  • La ragazza avrebbe un passaporto falso e probabilmente è stata sottoposta ad una operazione di plastica facciale;

Vengono presi contatti con i funzionari tedeschi e francesi e le indagini proseguono in Francia.

8 maggio 1986

Viene sentito, a seguito di citazione, il cugino di Emanuela, Pietro Meneguzzi per verbalizzare quanto da lui compiuto in ordine alle prime ricerche di Emanuela in Corso Rinascimento, nei pressi del Senato.

10 maggio 1986

1986
Agenzia Ansa del 10/05/1986

11 maggio 1986

Nel corso della rubrica televisiva di Canale 5 Monitor condotta da Guglielmo Zucconi, il giornalista Andrea Pamparana intervista, nel servizio dal titolo Una pista svizzera per Alì Agca, un mercenario di origine belga sui retroscena dell’attentato al papa. L’uomo, che si fa chiamare Paco e che viene incontrato a Zurigo, svela alcuni sconcertanti particolari sull’attentato al papa, racconta di aver addestrato Alì Agca in Libano e lascia intendere di sapere molto sulle trame che condussero a quell’azione. Anche se non si fa cenno alla scomparsa di Emanuela e Mirella qualcuno ritiene che Paco sappia molto anche sulla scomparsa delle ragazze tanto che gli inquirenti, sotto la direzione di Ilario Martella, si attivano per rintracciarlo. Invano.

1986
L’Unità dell’11/05/1986

24 maggio 1986

Durante uno dei processi alla Banda della Magliana, Vittorio Carnevale (er conijo), al termine di un’udienza riesce a confondersi tra la folla ed esce dal palazzo di Giustizia come un qualsiasi libero cittadino. Racconta poi che è riuscito nell’impresa grazie a Enrico De Pedis e che:

«Alla fine dell’udienza, intorno alle diciassette, io venni ammanettato come da accordo: ricordo che le manette mi vennero ‘appoggiate’, erano cioè state lasciate talmente larghe che avrei potuto sfilarmele da solo. Scesi le scale che dall’aula Occorsio conducono ai sotterranei e scivolai nel sottoscala, mentre gli altri detenuti e la scorta dei carabinieri si avviavano lungo il corridoio. Attesi brevemente che il convoglio si allontanasse e risalii le scale rientrando nell’aula, dove due persone mi attendevano; si trattava di un uomo sui trentacinque anni, un poco più basso di me, moro, di bell’aspetto, atletico, vestito sportivamente, e di una donna piuttosto bassa, rossa di capelli e alquanto bruttina. I due avevano sia le chiavi delle manette che quelle dei cancelli. Mi tolsero le manette, mi affiancarono e così uscimmo in maniera disinvolta dal tribunale, sotto gli occhi di alcuni poliziotti in borghese i quali ci guardarono con un certo sospetto. Fuori dal tribunale ci attendeva una vettura, se mal non ricordo una Renault 5, condotta da un altro uomo, più anziano degli altri due, calvo. Salito in auto, quando mi chiesero “come va, Edoardo?” dissi subito, a scanso di equivoci, di essere Vittorio Carnovale: i tre, appreso che non ero Edoardo Toscano, cambiarono atteggiamento nei miei confronti, chiedendomi nervosamente dove dovessero scaricarmi: sembravano avessero fretta di sbarazzarsi della mia presenza. Mi feci accompagnare in via Baldo degli Ubaldi, dove si trovava mia sorella Antonietta, la quale attendeva il marito.»

1986
L’Unità del 25/05/1986

25 maggio 1986

Nel corso di una intervista al giornale The Observer, Casimir Paul Marcinkus pronuncia una frase che rimarrà celebre: “You can’t run the Church on Hail Marys” [Non si può governare la Chiesa con le Ave Maria].

27 maggio 1986

1986
L’Unità del 27/05/1986

11 giugno 1986

Ugo Poletti nomina esorcista padre Gabriele Amorth.

Roma, 11 giugno 1986

 Io, il cardinale Ugo Poletti, arcivescovo vicario della città di Roma, con la presente nomino esorcista della diocesi padre Gabriele Amorth, religioso della Società San Paolo. Egli si affiancherà a padre Candido Amantini fino a quando sarà necessario. In fede, card. Ugo Poletti arcivescovo vicario di Roma

17 giugno 1986

A seguito di un avvistamento di una BMW simile per modello e colorazione a quella descritta da Bruno Bosco in via Borgo Angelico, vengono effettuati degli accertamenti dove emerge che la BMW Italia S.p.A. non ha mai importato vetture modello Touring con verniciatura bicolore (tetto-carrozzeria) e che la Bayerische Motoren Werke A.G. di Monaco non ha mai prodotto vetture modello Touring con verniciatura bicolore.

23 giugno 1986

La Corte di assise di Roma condanna una trentina di esponenti della banda della Magliana (le condanne più gravi sono relative però, soltanto al traffico di stupefacenti). Restano senza responsabili gli omicidi di Nicolino Selis, di Antonio Leccese, di Franco Nicolini, di Maurizio Proietti e di Mario Loria.

1986
L’Unità del 23/06/1986

24 giugno 1986

1986
L’Unità del 24/06/1986

25 giugno 1986

Il giudice istruttore di Roma Gianfranco Viglietta nella sentenza-ordinanza sulla vicenda Calvi-Banco Ambrosiano scrive: “Personaggi provenienti da esperienze e ambienti diversi quali malavitosi con stretti legami mafiosi (Abbruciati e Diotallevi), “banchieri” clandestini come Fausto Annibaldi, e il clan Carboni, cooperassero per risolvere le vicende del Banco Ambrosiano: dall’appianare i contrasti tra Calvi e Rosone con la mediazione di Francesco Pazienza, all’organizzazione dell’appropriazione dei fondi, all’espatrio con falsi documenti, all’esportazione di capitali. Si tratta di un’organizzazione complessa e articolata che dispone di denaro, aerei privati, conoscenze in ogni tipo di ambiente e che ha rapporti con i Servizi Segreti”. Niente di tutto ciò che scrisse sarà appurato.

25 agosto 1986

Monsignor Pavel Hnilica scrive a Casaroli per ottenere 14 miliardi e 500 milioni di lire per l’acquisto della borsa di Roberto Calvi.

Eminenza Reverendissima,

[…] Sono ben note a Vostra Eminenza Reverendissima le vicende che seguirono al rovinoso crollo del Banco ambrosiano e alla tragica morte del suo presidente, quando un clamore di stampa pressoché inaudito sin allora si alzò in Italia e all’estero, gettando sullo IOR tutti i toni del sarcasmo e dello sdegno e gridando alla corresponsabilità morale e giuridica della S. sede. Si mettevano in giro le voci più fantastiche: traffici d’armi, implicazioni nei moti rivoluzionari dell’America latina, sovvenzioni ai movimenti d’opposizione dell’Est e a Solidarność, riciclaggio di danaro sporco e così via. Fu in tale triste situazione che la nobile figura di padre Virginio Rotondi, impulsato dal suo incondizionato amore alla Chiesa, e sotto gli incoraggianti auspici del Santo padre, impegnò le sue straordinarie capacità di mente e di azione per organizzare una sapiente, penetrante e sistematica reazione a quegli attacchi. E fu in questo impegno che lo stesso padre Rotondi ricorse a una persona che, più di ogni altra, si era trovata nella condizione di essere testimone di fatti oltre che di ricevere documenti e rivelazioni attinenti ai rapporti di Calvi con lo IOR. Questa persona, che risponde al nome di Flavio Carboni, era riuscita, non cedendo né a lusinghe né a minacce, a conservare la custodia dei documenti che potevano essere utilmente usati nell’interesse dello IOR. Le carte di cui allora si disponeva mostravano, tuttavia, la loro incompletezza e l’importanza e l’urgenza di reperire le mancanti. Noi sapevamo dove accorrere per ottenere le carte mancanti e ci parve non esserci altro partito ragionevole che acquisire quelle carte, subito, prima che altri vi mettessero le mani! Abbiamo fatto male? La voce della coscienza mi risponde di no e di no mi rispondono i risultati raggiunti. Un’occhiata che a Vostra Eminenza piacesse di gettare sulle carte ora in nostro possesso, basterebbe a rivelarLe quale pericolo v’era che le cose prendessero ben altro corso! S’intende che, un così imponente lavoro nell’ambito di alcune persone fidatissime per oltre un anno e mezzo, ha implicato un costo finanziario molto contenuto in rapporto alla quantità e alla qualità dei risultati, ma pur giunto a un ammontare che supera di gran lunga le nostre possibilità. Mi sia lecito pensare che la S. sede, il cui bene è stato in cima alla mia costante preoccupazione, si degnerà di ratificare scelte e iniziative che a me sono parse non ammettere dubbi o esitazioni e di sollevarmi conseguentemente da questo importabile pondus. Poi si passa alla richiesta di soldi: La delicatezza del discorso mi sconsiglia dall’indicare nomi, luoghi e modalità intorno ai rapporti finanziari intercorsi e intercorrenti; pronto, ovviamente, a darne conto all’Eminenza Vostra, in forma riservata e confidenziale, nell’occasione che a Lei piaccia di concedermi. Mi limito a dire a Vostra Eminenza che gli impegni urgenti, anzi urgentissimi, ammontano oggi a circa L. 14.500.000.000 in aggiunta alle maggiori spese già sopportate da quanti si sono uniti a me nel far nostra una causa ch’era quella della S. sede e della Chiesa intera. Lieto ogni qualvolta vostra Eminenza Reverendissima voglia usare dei miei modesti servigi, pregoLa di accogliere i sensi del mio più profondo ossequio, e mi creda dell’Eminenza Vostra sempre Dev.mo ed obbl.mo Paolo Hnilica

1986
Lettera di Monsignor Pavel Hnilica per Casaroli

12 settembre 1986

Casaroli risponde per lettera Monsignor Pavel Hnilica esprimendo la presa di distanza del papa dalla vicenda dei documenti di Roberto Calvi.

Dal Vaticano, 12 settembre 1986

Eccellenza Rev.ma,

ho ricevuto […]. Attesa l’importanza e la gravità della situazione in essa descritta, ho stimato mio dovere, prima di darLe una risposta, di informare compiutamente il Santo Padre. Anche a Suo nome, pertanto, sono a esprimerLe la viva pena e la preoccupazione con cui è stato appreso quanto Ella ha esposto. Né il Santo Padre, infatti, né la Santa Sede erano a conoscenza dell’attività che Ella sommariamente descrive. È pertanto necessario, in primo luogo, che, a scanso di ogni possibile equivoco, resti ben chiaro che detta attività è stata condotta, e le relative decisioni sono state prese, senza alcun incarico, autorizzazione o approvazione da parte della Santa Sede. D’altro canto, non posso nasconderLe che la nota situazione economica gravemente deficitaria, nella quale versa la Santa Sede, renderebbe ben difficile, in ogni caso, venire incontro alla richiesta formulata da Vostra Eccellenza, di essere cioè sollevata – dalla Santa Sede stessa – dal peso dell’ingente debito da Lei denunciato. Sulle cause e sulle modalità di simile indebitamento sarà, però, necessario che sia fatta piena luce, anche in rapporto alle conseguenze di ordine legale che, pur facendo salva ogni migliore intenzione, esse potrebbero comportare. Nel comunicarLe quanto sopra, profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinta stima di Vostra Eccellenza dev. nel Signore Car. Casaroli

19 ottobre 1986

Alle nove di sera, negli uffici della Questura, davanti al sostituto procuratore Andrea De Gasperis viene interrogato Claudio Sicilia (er Vesuviano). Comincia la sua collaborazione con la giustizia dopo il pentimento di Fulvio Lucioli. “Ammetto gli addebiti, e manifesto altresì l’intenzione di riferire in ordine ad altri fatti delittuosi dei quali sono venuto a diretta conoscenza, per un’esigenza di carattere personale e di coscienza”.

13 novembre 1986

Il giudice istruttore Ilario Martella, con rogatoria internazionale presso la Santa Sede scrive: “appare di assoluta utilità e necessità, ai fini della giustizia, conoscere se effettivamente siano pervenuti nello Stato della Città del Vaticano o siano stati indirizzati alle Autorità del medesimo, messaggi telefonici o scritti riferentisi alla scomparsa delle due giovani”, chiede insomma di conoscere ufficialmente il contenuto dei messaggi, delle telefonate o degli appunti relativi alla sparizione di Emanuela e Mirella. Il vaticano rigetta la rogatoria e risponde: “Nessuna inchiesta giudiziaria è stata esperita dalla Magistratura vaticana, trattandosi di fatti avvenuti al di fuori del territorio dello Stato. Le notizie relative al caso, occasionalmente pervenute agli uffici della Santa Sede, sono state trasmesse a suo tempo al Pubblico ministero dottor Sica”.

[Nella compilazione della requisitoria, undici anni dopo, Malerba scriverà: Di tali notizie lo scrivente non rinviene traccia in atti.

 

6 dicembre 1986

L’avvocato Gennaro Egidio invita il misterioso mercenario di origine belga conosciuto col nome di Paco a mettersi in contatto con lui facendo pubblicare su alcuni giornali in Italia, in Svizzera e sul quotidiano belga Le Soir degli annunci. Nel messaggio si legge: vista interessante intervista in tv italiana riterrei preziosa intelligente collaborazione vicende diverse importantissime forse collegate e certamente a te note. Nostro incontro risulterebbe certamente vantaggioso reciprocamente. Urge contatto. Anche questi appelli risulteranno vani.

16 dicembre 1986

Con l’aiuto del fratello Roberto, evade dalla clinica Villa Gina Maurizio Abbatino, esponente di spicco della banda della Magliana e si rifugia in Venezuela.

L’Unità del 17/12/1986

— SEZIONE IN CONTINUO AGGIORNAMENTO —

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