1993 Gennaio Dicembre Mirella&Emanuela

MIRELLA GREGORI – EMANUELA ORLANDI 
DIARIO DI UNA STORIA VERA

 1993

Nell’ambito dell’inchiesta sul caso Emanuela Orlandi, viene interrogato per la prima volta dal giudice istruttore Adele Rando, l’agente del SISDe Giulio Gangi.

L’ultima proprietaria ufficiale della BMW 745 targata RM Y50802 ritrovata parcheggiata all’interno del garage sottostante Villa Borghese, signora F.J., nel 1993, negli Uffici della Squadra Mobile di via di S. Vitale dichiara di aver acquistato l’autovettura dal Sig. F.E. di professione fabbro e titolare di un negozio di tendaggi nel quartiere romano di Torpignattara. Ne riparleremo quando approfondiremo gli eventi del 2008.

Col passare del tempo, la testimonianza del vigile urbano Alfredo Sambuco ha subito delle variazioni, infatti se nel 1983 ha dichiarato che le indicazioni per raggiungere la Sala Borromini gli erano state chieste da uno sconosciuto, nel 1993 al quotidiano L’Indipendente, a firma di Gian Paolo Pelizzaro, rivela che fu proprio Emanuela Orlandi a domandargli quelle informazioni. Non solo,  secondo lui, Emanuela arriva in Corso Rinascimento da Piazza delle Cinque Lune, quindi dalla direzione opposta, come se, invece di andare alla scuola di musica, si stesse allontanando da Piazza Sant’Apollinare. L’uomo con cui si è fermata a parlare avrebbe avuto 35 o 36 anni, e non dieci di più, come originariamente dichiarato, e una valigetta ventiquattr’ore. Sambuco precisa inoltre di conoscere di vista Emanuela, perché una volta la ragazza gli ha chiesto di indicare un posto dove far riparare la custodia del flauto e lui l’ha accompagnata alla Tappezzeria del Moro. A tal proposito Ercole Orlandi dirà: << La faccenda dell’aiuto dato a Emanuela per la riparazione della custodia del flauto è una invenzione: mia figlia alla Tappezzeria Moretto ce l’abbiamo portata noi>>.

23 febbraio 1993

A seguito del deposito dell’ordinanza di rinvio a giudizio di Flavio Carboni, Giulio Lena e Paolo Hnilica per il reato di ricettazione della borsa di Roberto Calvi, si svolge la prima udienza presso il Tribunale di Roma. L’accusa è sostenuta dai pubblici ministeri Andrea Vardaro ed Elisabetta Cesqui. Gli avvocati Borzone e Isgrò difendono rispettivamente Carboni e Lena; Roberto De Felice e Antonio Sulpizio rappresentano, invece, Hnilica. Il legale per la parte civile è Bruno Rossini, che patrocina gli interessi della famiglia Calvi. Il collegio del tribunale è presieduto da Gianvittorio Fabbri. Il 23 marzo 1993 ad emettere la sentenza sono i magistrati del Tribunale di Roma e il giudice a latere Filippo Paone è l’estensore della motivazione. Carboni, Lena e Hnilica vengono tutti condannati: cinque anni di reclusione e dieci milioni di lire di multa al primo; tre anni di carcere e sei milioni di multa al secondo, due anni e sei mesi di galera più cinque milioni di multa a padre Paolo Hnilica. I condannati non andranno dietro le sbarre grazie a un condono. [La seconda sezione della Corte di appello di Roma annullerà, per un vizio di procedura, la sentenza con la quale il tribunale di Roma, il 23 marzo 1993, condannò Flavio Carboni (cinque anni) e il vescovo cecoslovacco Pavel Hnilica (tre anni) per la ricettazione della borsa del banchiere. La Corte d’appello ha accolto il principio secondo il quale il processo avrebbe dovuto celebrarsi secondo le nuove norme del codice di procedura penale (in vigore dall’ottobre del 1989) e non con il rito previsto dal codice Rocco. Il secondo processo si concluse con la condanna di Carboni, ed assoluzione di monsignor Hnilica].

Marzo 1993

Nel marzo del 1993, Donato De Bonis (nominato vescovo a marzo 1993 e consacrato ad aprile 1993) fu estromesso dallo IOR ma nessuno prese il suo posto nella carica di “prelato” della banca, che rimase vacante. Da Vescovo fu nominato cappellano del Sovrano Militare Ordine di Malta, ruolo che gode delle protezioni diplomatiche.
Ancora dopo la sua uscita dallo IOR De Bonis continuò ad operare grazie a funzionari a lui legati. A fine luglio Caloia scrive al segretario di Stato cardinale Angelo Sodano:

“… Appaiono sempre più chiari i contorni di netta e criminosa attività consapevolmente condotta da chi per scelta di vita e ruolo ricoperto doveva al contrario costituire severa coscienza critica. Risulta sempre più incomprensibile il permanere di una situazione tale per cui il nominato [De Bonis] continua, da ubicazione non meno privilegiata, a gestire indirettamente l’attività dello IOR…“.
Il rischio era tanto più grave in quanto, proprio in quei mesi, la magistratura italiana stava indagando su una colossale “tangente” illegalmente pagata dalla società Enimont ai politici che l’avevano favorita. E le indagini portavano anche allo IOR, come tramite occulto di questi pagamenti, attraverso i conti fittizi manovrati da De Bonis.
Nell’autunno del 1993 i magistrati di Milano chiesero per rogatoria al Vaticano, di fornire i dati delle operazioni contestate. Il Vaticano se la cavò fornendo il minimo indispensabile, meno di quanto avesse accertato con indagini proprie. Alcuni funzionari furono sostituiti, i conti fittizi furono bloccati e De Bonis non recuperò neppure una lira delle somme ivi depositate.
Con De Bonis esce di scena anche il cardinale che in Vaticano più l’aveva appoggiato, José Rosalio Castillo Lara, presidente sia dell’APSA che del governatorato.

L’Unità del 30/03/1993

14 aprile 1993

Il Giudice Istruttore Otello Lupacchini emette mandato di cattura contro Cassani Angelo perché, “unitamente ad altri (Abbatino Maurizio, Colafigli Marcello, Danesi Renzo, Paradisi Giorgio e Pernasetti Raffaele), costituivano, promuovevano, organizzavano, dirigevano e finanziavano un’associazione di tipo mafioso, avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano, per commettere più delitti concernenti detenzioni e spaccio di sostanza stupefacente … Nonché concernenti il porto e la detenzione di armi da sparo; per commettere inoltre più delitti contro la persona, il patrimonio, la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia …

16 aprile 1993

A seguito della dichiarazioni rese da Maurizio Abbatino, alle quattro del mattino scatta l’Operazione Colosseo, che vede oltre cinquecento uomini della Squadra Mobile, della CRIMINALPOL del Lazio e della DIGOS impegnati nell’esecuzione di sessantanove ordini di cattura, firmati, secondo la procedura del vecchio codice, dal giudice istruttore Otello Lupacchini e dal sostituto procuratore Andrea De Gasperis. Vengono arrestate 69 persone ritenute membri della banda della Magliana sospettate di aver avuto un ruolo nella maggior parte degli omicidi, dei sequestri di persona, dei regolamenti di conti nell’ambito del traffico di stupefacenti e del gioco d’azzardo avvenuti nella capitale.

L’Unità del 17/04/1993

27 aprile 1993

Nella chiesa romana di Santa Maria della Fiducia, alla presenza di più di mille persone, quindici cardinali, quaranta vescovi, l’ex ministro Colombo e l’ex presidente Cossiga, si consacra a vescovo monsignor Donato De Bonis: ex braccio destro dell’arcivescovo Paul Marcinkus ed ex segretario generale dello Ior, la banca del Vaticano. Il nuovo prelato si reca all’altare e proclama: «Voglio ringraziare il presidente Andreotti per averci salvato, con i suoi consigli. In una notte fonda, nei nostri uffici, con i suoi consigli, ci salvò da gravi rischi». Senza un velo di pudore, De Bonis ringrazia Andreotti per l’aiuto ricevuto al tempo dello scandalo Ambrosiano. Utile ricordare che il monsignore, nel caso della sua morte, aveva indicato proprio Andreotti beneficiario del conto corrente «Fondazione Spellman».

27 maggio 1993

Avanti al Giudice Istruttore Adele Rando si presenta la giornalista Anna Maria Turi che espone, in maniera più dettagliata di quanto scriverà nelle pagine del quotidiano Il Tempo del 22 luglio 1993, circa una intervista al Cardinale Silvio Oddi (da lei registrata tredici mesi prima e cioè il 26/6/1992) e alla Signora Vittoria Arzenton, madre di Mirella Gregori.

19 giugno 1993

Raffaella Monzi viene intervistata dalla giornalista dell’Unità Claudia Arletti. La ragazza, ormai giovane donna di 29 anni, ripercorre il succedersi dei giorni dal rapimento di Emanuela e tra l’altro afferma che: “Qualche giorno dopo [il rapimento di Emanuela] la polizia mi portò via su un’auto rossa. Non so perché, invece di andare in Questura per la strada più breve, l’autista deviò e fece un giro strano. Per un momento pensai: «E se non fossero poliziotti?». La paura in quei giorni era tanta, ti veniva da immaginare di tutto. Poi, in Questura, per quattro ore dovetti ripetere sempre la stessa cosa: la mia conversazione con Emanuela. Ci furono, nei giorni successivi, altri interrogatori. Ricordo un giudice… Si chiamava Margherita Gerunda. Era durissima, mi mise proprio sotto torchio.

Alla domanda se ripensa ad Emanuela Orlandi, Raffaella Monzi risponde: “Ogni tanto, sì. Mi chiedo, qualche volta, cosa sarebbe accaduto se l’avessi portata con me sul bus. Altre volte mi domando: e se invece fossi stata io a rimanere su quel marciapiedi?

L’Unità del 19/06/1993

21 giugno 1993

Scomparsa di Domenico e Francesco Nicitra, rispettivamente fratello e figlio (di 11 anni) di Francesco Nicitra componente della banda della Magliana e marito di Andreina Croci.

La Stampa del 25/061993

24 giugno 1993

Il Cardinale Silvio Oddi, interrogato come testimone dal giudice istruttore Adele Rando dichiara che: << Con specifico riferimento alla scomparsa di Emanuela Orlandi posso solo dire che alcuni giorni dopo, ritengo una settimana dopo la scomparsa, e quando ormai la stampa ne aveva dato notizia, ebbi modo di sentire occasionalmente una conversazione che si svolgeva tra due uomini sui 40 anni in prossimità dell’ingresso del Vaticano di Sant’Anna. Incuriosito mi avvicinai, e uno dei due diceva all’altro che la ragazza in questione era stata vista scendere da un’autovettura di lusso che era rimasta fuori ad attenderla, parcheggiata in via di Porta Angelica. Dopo circa tre quarti d’ora-mezz’ora la stessa ragazza era stata vista tornare, salire a bordo e andare via. Non sono in grado di fornire elementi utili all’identificazione delle due persone in quanto, come ho detto, si trattò di un fatto occasionale>>.

1 luglio 1993

La signora Vittoria Arzenton, madre di Mirella Gregori, davanti al Giudice Istruttore Adele Rando conferma le circostanze dell’intervista rilasciata alla giornalista di cui non ricorda il nome (nda Anna Maria Turi) e di aver riconosciuto in Raoul Bonarelli l’uomo che tante volte si era intrattenuto con la figlia e con Sonia De Vito. “In particolare preciso che l’episodio della visita fatta dal Pontefice alla Parrocchia S. Giuseppe risale al 15 dicembre e che l’uomo da me individuato nella canonica della parrocchia dove si trovava in quel momento Sua Santità, era senz’altro la persona da me vista frequentare il bar di Sonia De Vito per un certo periodo di tempo e con assiduità fino alla scomparsa di Mirella e quindi fino al maggio 1983. Ricordo che quest’uomo […] era solito sedersi nelle ore pomeridiane al bar dei De Vito dove abitualmente si trattenevano anche Mirella e Sonia che erano molto amiche. Più volte ebbi modo di notare che le ragazze, sebbene senza sedersi al suo tavolo, scambiavano qualche battuta con tale persona e si intrattenevano con lo stesso scherzando o ridendo. […] Confermo altresì la circostanza relativa al fatto che l’uomo incrociando il mio sguardo, in occasione della visita in parrocchia del Pontefice, lo distolse quasi contrariato di essere stato riconosciuto. […] Per quanto concerne Sonia De Vito ho sempre ritenuto che la stessa sapesse più di quanto finora emerso e ciò per un duplice ordine di ragioni 1) lo stretto legame che univa le due ragazze da me giudicato persino eccessivo, nonostante la differenza di età e di personalità […] 2) l’inattendibilità delle dichiarazioni rese da Sonia De Vito nell’immediatezza del fatto quando sostenne che Mirella dopo essersi intrattenuta con lei a conversare, si sarebbe diretta verso Villa Torlonia per andare a suonare la chitarra con alcuni compagni. […] mia figlia non aveva particolare passione per la chitarra né suonava questo strumento. […] Anche oggi se mi fosse mostrata la persona che avevo avuto modo di notare presso il bar dei De Vito con le ragazze e successivamente di incontrare nella parrocchia di S. Giuseppe ritengo che sarei in grado di riconoscerla.

07 luglio 1993

A firma del Dr. Nicola Cavaliere viene trasmessa una informativa alla Dott.ssa Adele Rando. Il Dirigente della Direzione Centrale della Polizia Criminale rende noto al Giudice Istruttore che: << Verso la fine di Ottobre del 1987, l’Avv. Gennaro Egidio, legale di parte civile delle famiglie ORLANDI e GREGORI,

Raoul Bonarelli (frame filmato “Chi l’ha Visto?”)

consegnava allo scrivente, all’epoca vice-dirigente della Squadra Mobile della Questura di Roma, un foglietto manoscritto con sopra annotato “BONARELLI RAUL VIA ALESSANDRIA 107 TEL. 844xxxx”, a sua volta ricevuto dalla Sig.ra GREGORI in data 7/10/1987. Lo stesso legale, nel trasmettere la documentazione riferiva di aver appreso riservatamente dalla GREGORI, che nel corso di una visita effettuata dal Santo Padre nella Parrocchia di loro pertinenza (Nomentano), aveva avuto modo di notare un signore, molto distinto, alto, con baffi, verosimilmente adibito alla scorta personale del Papa, che lei conosceva di vista. Aveva quindi a lungo cercato di rammentare in quali circostanze aveva incontrato l’uomo, ricordandosi, infine, di averlo certamente visto nel loro esercizio-bar, ove si era recato più volte, attardandosi, tra l’altro, a conversare con la figlia Mirella. Lo stesso legale riferiva che l’uomo in argomento era la persona indicata nell’appunto manoscritto, senza precisare il modo in cui la GREGORI lo avesse identificato.>>

L’informativa di Nicola Cavaliere continua con il riferire che l’allora Giudice Istruttore Dr. Ilario Martella era stato messo a conoscenza di quanto sopra e decise di avviare indagini riservate sul conto di Bonarelli reputando le circostanze degne di approfondimento. Veniva quindi subito verificato che l’eventuale presenza di Bonarelli nel Bar dei Gregori era verosimile in quanto lo stesso abitava “a poche decine di metri dall’esercizio in questione”, che lo stesso era sposato ed aveva due figli, che prestava servizio presso l’Ufficio centrale di vigilanza della Città del Vaticano con la funzione di “Sovrastante”, che era titolare di porto d’armi per difesa personale e che deteneva una pistola Beretta cal. 7,65. Contemporaneamente venivano avviati servizi di osservazione e pedinamenti senza riscontrare alcunché di anomalo e << non essendo emersi elementi utili alla prosecuzione dell’indagine, ed in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso da quando la GREGORI riferisce la circostanza all’avvocato (1987) ed i momenti in cui questa si verifica (sembra il 1985) ed in cui si collocano le scomparse (1983), non si riteneva, d’intesa con l’A.G., di formalizzare le risultanze sopra esposte, limitandosi a riferirle per le vie brevi>>.

15 luglio 1993

Durante un’intervista con Antonio Fortichiari del settimanale Gente, Ali Agca dichiara di aver sparato contro il Papa solo due proiettili dei cinque stabiliti ma che solo uno dei due è andato a segno. Il 18 giugno 1985 aveva rivelato che in quella circostanza era stato accompagnato da Oral Celik, il quale, a sua volta, aveva probabilmente esploso un colpo al pontefice e afferma che Emanuela Orlandi è viva. Non perché abbia le prove ma perché i rapitori non avrebbero avuto nessun motivo per ucciderla. << Io non c’entro con questa follia diabolica. E’ un complotto internazionale. E’ un complotto contro il Vaticano. La ragazza serviva come contropartita per un ricatto fatto, per motivi inconfessabili, al Vaticano. Considero questo rapimento un episodio della guerra internazionale fra alcune grandi potenze mondiali: il terzo attentato al pontefice dopo il mio del 13 maggio 1981, e quello di Juan Fernandez Krohn, il prete spagnolo che tentò di accoltellare papa Wojtyla a Fatima, un anno dopo. Qualcuno, attraverso Emanuela, voleva ricattare il Vaticano. Poi ha gettato tutto su di me. Ma io non c’entro niente. Io non ho nessun potere. In questo crimine inutile, folle, io non c’entro niente. Il mistero sul caso Moro resta un mistero. Perché vogliono ancora ricattarmi? Questo è un fatto talmente grande, un elemento di guerra fra potenze mondiali >>.

17 luglio 1993

Il giudice istruttore Adele Rando convoca i familiari di Emanuela per mostrargli alcune fotografie che erano state fatte ad una ragazza in un istituto religioso. Le foto sono state inviate da un certo Frank Dobson all’avvocato Egidio e ritraggono una giovane che suona il pianoforte somigliante in modo impressionante ad Emanuela: si trova in un convento di clausura di Peppange, nel cantone di Esch-sur-Alzette ad una quindicina di chilometri dalla città di Lussemburgo, quasi al confine con la Francia. Ottenuta una dispensa dalla Chiesa, i familiari di Emanuela, insieme alla Rando, al dirigente della Criminalpol del Lazio Nicola Cavaliere e in collaborazione con le autorità lussemburghesi si recano nel monastero. Effettuate le dovute verifiche si scopre che la ragazza delle foto è una novizia nata a Uccla in Belgio il 15 giugno 1964 e si chiama Patricia Dubois.

22 luglio 1993

Ripreso da radio e televisioni, l’83enne cardinale Silvio Oddi, intervistato da Anna Maria Turi per il quotidiano Il Tempo, smentisce la ricostruzione della scomparsa di Emanuela e rivela che la ragazza nel pomeriggio del 22 giugno 1983, dopo la lezione di musica non sparì ma, addirittura, tornò a casa sua all’interno delle mura vaticane. Nell’intervista il cardinale sostiene che Emanuela fu accompagnata a bordo di una vettura di lusso fin sotto casa. La ragazza, secondo la ricostruzione che Oddi afferma di aver raccolto nell’ambiente ecclesiastico, senza ricordarne precisamente da chi, salì a casa, vi si trattenne un po’ e poi uscì e prese posto di nuovo sull’automobile sulla quale, oltre al guidatore, c’era forse un’altra persona.

Nell’articolo, Anna Maria Turi, confeziona queste domande:

Prima pagina de Il Tempo  del 22/7/93

Eminenza, a lei che cosa risulta della sparizione di Emanuela Orlandi?

Posso dire solo quello che a suo tempo ascoltai in ambiente ecclesiastico, e che molti sanno. Emanuela, quel pomeriggio, finita la lezione di musica tornò a casa, all’interno della Città del Vaticano. Fu vista arrivare a bordo di una automobile di lusso, che non attraversò la soglia di Sant’Anna, restando ferma all’esterno, su via

di Porta Angelica. A bordo c’era il guidatore, e forse con lui un’altra persona. Penso che l’automobilista non sia entrato per evitare di essere riconosciuto dalle guardie svizzere. La ragazza passò invece davanti agli svizzeri e si diresse verso la propria abitazione. Vi si trattenne qualche tempo. Quindi ridiscese, salì a bordo dell’automobile e se ne andò via.

Eminenza, da chi ha saputo tutto questo?

È passato tanto tempo! Ma proverò a ricordare. Mi trovavo in un gruppo di persone, delle quali faceva parte anche un laico. Eravamo a qualche giorno dalla sparizione della Orlandi, e la conversazione inevitabilmente cadde sull’argomento. Sentendo parlare di sequestro nei pressi della scuola di musica, il laico intervenne esclamando: «Ma se lo sanno tutti! Quel giorno vidi io stesso arrivare Emanuela in via di Porta Angelica a bordo di una macchina, l’ho vista andare a casa, tornare e risalire in automobile, e come me l’hanno vista più persone»…

Il Tempo del 22/07/1993
Il Tempo del 22/07/1993

Eminenza, chi è questo testimone oculare?

Sinceramente, per quanto mi sforzi, non ne ricordo il nome. Ho presente la scena come se la stessi vivendo in questo momento, ma non riesco a rammentare chi fu che ci riferì quello che aveva visto con i suoi occhi. Certo, all’epoca il fatto ci impressionò, ci commosse, ma io non ero interessato a memorizzare tanti dettagli.

Può dirmi qualcosa di più sulle notizie a suo tempo circolate presso di voi sui movimenti e le abitudini di Emanuela Orlandi?

Come le ho detto, la vicenda ci ha profondamente commosso, e ci siamo sempre sentiti molto vicini alla famiglia. Ma troppe altre cose hanno assorbito la nostra attenzione.

Eminenza, la macchina sulla quale Emanuela rientrò a casa e sulla quale salì nuovamente, prima di scomparire, era targata SCV, Stato della Città del Vaticano?

Come posso risponderle?

Sempre il quotidiano Il Tempo pubblica una intervista alla madre di Mirella Vittoria Arzenton: “Mirella e Sonia scherzavano spesso con quel signore, che penso abitasse poco lontano. Io, uscendo di casa, li sorprendevo spesso a scambiare quattro chiacchiere, e perciò anche lui mi conosceva bene, e sapeva che ero la madre di Mirella perché mi vedeva insieme a mia figlia. Anzi, notando come stesse là tutti i pomeriggi, io mi chiedevo che genere di lavoro potesse fare.

La Stampa del 10/08/1993

AGOSTO 1993

Sul quotidiano Il Tempo, il cardinale Silvio Oddi incalza: << Emanuela Orlandi, stando a certe testimonianze che ho raccolto per caso, potrebbe essere finita in qualche sceiccato, se è vero – come è vero – che questi musulmani ricchi sfondati commissionano rapimenti di belle ragazze europee per rinsanguare i loro harem. Quando ero nunzio apostolico al Cairo ne ho salvate parecchie di queste ragazze, e le ho fatte ritornare in Europa con passaporti falsi. Quindi, a pensarci bene, quale sfregio peggiore si poteva fare al Vaticano rapendo proprio una bella ragazza con cittadinanza vaticana?>>

13 agosto 1993

In due successive interviste, una al TG2 del 13 agosto 1993 ed una in una puntata della storica trasmissione Mixer, condotta da Giovanni Minoli, il Cardinale Silvio Oddi parla di Emanuela come di una ragazza facile contribuendo a gettar fango sulla ragazzina. Queste testimonianze saranno avallate da nipoti e pronipoti del cardinale. Nel 2002 Stefano Caneri dirà che lo zio Silvio Oddi gli aveva raccontato che un alto prelato aveva una relazione con Emanuela, che in Vaticano molti lo sapevano e che la scomparsa era legata a questo fatto. Dirà anche che, forse, quella storia non l’ha sentita dallo zio, ma dalla televisione.

Nel programma televisivo Mixer, il porporato afferma che:

«Ho visto questa macchina una volta, che era una macchina ferma… che è uscita una donna, è entrata in Vaticano, poi è uscita di nuovo, e non so chi era… Ho detto: «Chi era quella?» Sarà… ma io, io non posso dire né chi era né chi non era… Cosa è per noi questa ragazza? È la figlia dell’ultimo impiegato, l’ultimo! Perché è un impiegato – come dire – di notte. Se c’è da portare in giro un messaggio di… del giornale, o una notizia, quest’uomo deve essere disposto ad andare… Non è una mente dirigente del Vaticano o altro. Niente di male, pover’uomo, eh… Brav’uomo finché si vuole, ma non vedo neppure perché avrebbero stabilito una cosa del genere sulla figlia di uno degli ultimi impiegati, insomma… Per me Emanuela… perché secondo me è tutto un caso completamente differente, che non c’entra niente col papa e con l’amore del papa… Emanuela entra in quei furti di signorine, di ragazze o di aiuto a ragazze che vogliono andare in un ambiente dove stanno meglio, sono ricche, e dove sposano una persona facoltosa, dove avranno molti soldi… Credono a quelle balle che gli raccontano, secondo me… Secondo me! Se poi non è vero… può anche darsi. Ma secondo me la base è quella. Mi hanno detto – non so se è vero – che anche il papà qualche giorno fa avrebbe detto che pensa sia ancora viva… Anch’io penso che sia ancora viva, se fosse morta si saprebbe. Perché nasconderla, se fosse morta? Non vedo il perché, insomma, ecco… ».

 

Ottobre 1993

Indirizzata alla Dottoressa Adele Rando presso la Procura della Repubblica di Roma arriva una lettera anonima spedita dalla Città del Vaticano dal titolo: «Testimonianza raccolta in confessione». Ecco il testo: “L’auto che la notte del 22 giugno 1983 caricò Emanuela Orlandi era guidata da don Liberio Andreatta, attualmente in servizio all’OPA San Giovanni in Laterano. La portò a Civitavecchia e passarono la notte insieme, la mattina la riportò a Roma, nei pressi della Piramide [N.d.A. Cestia], ma lei non tornò a casa per paura dei genitori. Qui termina la confessione. Conosco don Liberio è un uomo forse troppo attirato dalla carne per fare il prete e ha sempre fatto affari con gente non proprio pulita. Una delle sue case è piena di oggetti etruschi, romani, quadri, monete antiche, ma al di là di questo non credo possa aver fatto altro. per ovvie ragioni non posso mettere il mio nome di religioso”.

11 ottobre 1993

Letti gli atti processuali, l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Roma rileva che appare opportuno procedere all’intercettazione telefonica dell’utenza intestata a Bonarelli Raoul per la durata di 15 giorni.

Dal Giudice Istruttore Adele Rando viene emesso un verbale di notifica col quale si dispone ai rispettivi Servizi Segreti Militare (SISMI) e civile (SISDE) “la consegna della documentazione in originale riflettente i sequestri di persona in danno di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori”. Il funzionario dei Servizi Militari rappresenta però che “la maggior parte della documentazione relativa al sequestro ORLANDI, siccome connessa all’istruttoria n. 2675/85 A.G.I. concernente l’attentato alla persona del Sommo Pontefice, in corso presso il Tribunale di Roma, è attualmente sottratta alla disponibilità del SISMI in quanto messa a disposizione in originale del Giudice Istruttore dott. PRIORE che ne aveva richiesto l’acquisizione dall’8.9.1993”. Si riserva comunque di attivare le necessarie ricerche di archivio nelle varie articolazioni del Servizio.

Richiesta atti al Servizio Militare

12 ottobre 1993

Poco prima delle ore 19,45 alcuni Ufficiali di P.G. appartenenti al Centro Interregionale Criminalpol della Questura di Roma notificano nel domicilio di Raoul Bonarelli il Decreto di citazione n. 1147/85 A G.I. emesso l’11 ottobre 1993 dal Giudice Istruttore Adele Rando per essere inteso come testimonio nel procedimento penale contro ignoti imputati di sequestro di persona in danno di Orlandi Emanuela e Gregori Mirella. Dal brogliaccio delle intercettazioni dove gli agenti di Polizia annotano tutte le telefonate

Atto citazione Bonarelli in danno a ORLANDI EMANUELA e GREGORI MIRELLA

in entrate e in uscita dall’utenza di Raoul Bonarelli si registra che alle 19,44 vi fu una chiamata in uscita al numero 469883125 intestata alla Corte Costituzionale che però riattacca. Evidentemente chi compone il numero lo sbaglia perché un minuto dopo e cioè alle 19,45 compone lo stesso numero omettendo il primo e cioè 69883125. Risponde la Vigilanza, tale Sibino (si riporta il testo dell’annotazione del brogliaccio inesattezze comprese): “Bonarelli con Vigilanza cerca di Sibino, gli dice che a casa sua ci sono due funzionari di polizia x una notifica di testimonio su Orlando e Gregori. Dice di accettare la citazione xché è un cittadino italiano e di aspettare perché lui si mette in contatto con (Borru?) o (Feltrain?) o la Segreteria di Sato e gli fa sapere”.

Alle 19,53 il Sovrastante Bonarelli Raoul riceve la telefonata da Sibino il quale, negli otto minuti trascorsi è riuscito a parlare con (Borru?) o (Feltrain?) o la Segreteria di Sato e gli passa l’uomo che chiama con deferenza “Capo” (all’epoca a sovraintendere la Gendarmeria Vaticana c’era Camillo Cibin) e discutono del caso che riguarda la testimonianza nel procedimento penale contro ignoti imputati di sequestro di persona in danno di Orlandi Emanuela e Gregori Mirella.

Bonarelli: Pronto?

Uomo (Sibino): Raul!

Bonarelli: Si?

Uomo (Sibino): Adesso ti passo il Capo Eh!

Bonarelli: Si!

Bonarelli: Pronto!

Capo: Pronto!

Bonarelli: Si, dica.

Capo: Pronto?

Bonarelli: Si, dica! Pronto.

Capo: Pronto!

Bonarelli: Pronto!

Capo: Chi parla?

Bonarelli: E’ BONARELLI!

Capo: Ah, BONARELLI… Sì, ho parlato con sua Eccellenza BERTANI.

Bonarelli: Eh.

Capo: E dice per testimone, e dici quello che sai, che sai di ORLANDI? Niente!… Noi non sappiamo niente!… sappiamo dai giornali dalle notizie che sono state portate fuori! Del fatto che è venuto fuori di   competenza e dell’Ordine Italiano.

Bonarelli: Ah, così devo dire?

Capo: Ebbe, eh… che ne sappiamo noi? Se te dici io non ho mai indagato… l’Ufficio ha indagato all’interno… questa è una cosa che è andata poi … non dirlo che è andata alla Segreteria di Stato.

Bonarelli: No… No io all’interno non devo dire niente.

Capo: Niente

Bonarelli: Devo dire io all’interno non devo dire niente, all’esterno è stata …

Capo: All’esterno però quando che è stata la Magistratura Vaticana… se ne interessa la Magistratura    Vaticana… tra di loro, questo qua… niente dici, quello che sai te, niente!!

Bonarelli: Cioè se mi dicono però se sono dipendente Vaticano, che mansione svolgo, non lo so, mi         dovranno identificare, lo sapranno chi sono.

Capo: Eh, sapranno, perché che fai, fai servizio e turni e sicurezza della Città del Vaticano, tutto qua?

Bonarelli: Eh… va bene, allora domani mattina vado a fare questa testimonianza poi vengo, vero?

Capo: Poi vieni, si, si.

Bonarelli: Eh…

Capo:Si, si.

Bonarelli: Va bene.

Capo: Va bene, ciao... [nda per questa conversazione, Bonarelli verrà convocato e interrogato dal Giudice Istruttore Adele Rando il 30/05/1996].

Conversazione Bonarelli del 12/10/93 ore 19,53

13 ottobre 1993

La telefona tra Raoul Bonarelli, l’Uomo (Sibino) e il “Capo” viene riascoltata e trascritta negli Uffici del Centro Interprovinciale della Criminalpol in quanto ritenuta utile per le indagini in corso.

[nda ne riparleremo quando affronteremo i fatti del 2003 ma vogliamo anticipare che al fine di chiarire esaustivamente la posizione di Raoul Bonarelli, la sua difesa, in data 13 novembre 2003, depositava un’istanza nella quale si rendeva nota la disponibilità dell’Eccellenza Monsignor BRUNO BERTAGNA, Segretario Generale del Governatorato della Città del Vaticano nell’anno 1993, e del Dottor Camillo Cibin, Capo Ufficio Centrale di Vigilanza, ad essere escussi quale persone informate sui fatti, tramite rogatoria diretta all’autorità Giudiziaria della Città del Vaticano. Nella corposa memoria difensiva che l’avvocato di Raoul Bonarelli, Luigi Fischetti, produce al Tribunale nelle persone delle Dottoresse Lotti e Maisto il 26 settembre 2005, si nota che il nominativo di Sua Eccellenza BERTANI Luigi (nel 1993 Cappellano di Sua Santità) viene sostituito con Sua Eccellenza BERTAGNA Bruno.]

Memoria difensiva avvocato Fischetti

 

 

Alle 11,15 a seguito di citazione, Raoul Bonarelli compare avanti al Giudice Istruttore Adele Rando qualificandosi come “Funzionario delle Vigilanza Pontificia” e quindi, opportunamente interrogato risponde:

Prendo atto delle dichiarazioni rese a questo ufficio da Arzenton Vittoria in Gregori in data 1/7/1993 nella parte in cui le stesse potrebbero riguardare la mia persona. Smentisco decisamente la circostanza affermata dalla signora Gregori inerente ad una mia probabile presenza presso il Bar dei De Vito di via Nomentana. Faccio presente infatti all’ufficio che abitualmente ho impegni di lavoro gravosi che spesso mi portano anche fuori Roma e che non ho mai avuto il tempo di intrattenermi presso un bar quasi quotidianamente scherzando o ridendo con ragazze che tra l’altro non conoscevo e che per l’età avrebbero potuto anche essere mie figlie. Con riferimento specifico alla visita del Pontefice alla Parrocchia di San Giuseppe che tra l’altro è la mia parrocchia rammento certamente l’episodio della visita alla cui organizzazione ho partecipato e ricordo altresì che mi fu detto in anticipo qualche giorno prima, in occasione del sopralluogo che precede la visita del Pontefice, proprio dal Parroco che i Sigg. Gregori avrebbero gradito incontrare Sua Santità, cosa che in effetti avvenne dopo la cerimonia religiosa tenuta appunto dal Papa nella Parrocchia.

Per quanto concerne in particolare l’incontro rammentato dalla Gregori e il fatto che mi avrebbe riconosciuto come la persona già vista al Bar del De Vito e che nell’incontro avrei distolto lo sguardo è una circostanza che assolutamente non ricordo e comunque in queste occasioni sono solito comportarmi sempre nello stesso modo secondo uno schema che mi è abituale, controllo l’ambiente in cui deve rimanere il Pontefice precedendolo di qualche minuto, introduco le persona che hanno chiesto di incontrarlo rivolgendo loro un saluto discreto e se del caso mi allontano quando normalmente il Pontefice incontra persone particolarmente colpite da eventi della vita.

Per quanto concerne il caso di Emanuela Orlandi, ovviamente conoscevo la famiglia e anche la stessa Emanuela in ragione del mio lavoro, ma non sono in grado di dare all’ufficio nessuna informazione in ordine alle cause della scomparsa che peraltro è avvenuta in territorio italiano e quindi per quanto ne sappia se ne è sempre occupata l’autorità giudiziaria italiana.

Non so assolutamente nulla circa attività svolte dall’autorità giudiziaria vaticana in ordine a quanto fatto trattandosi ritengo di attività riservate che non potevano perciò essere poste a conoscenza di terzi.

Alle ore 14,00 viene ascoltata la Signora Arzenton Vittoria la quale conferma quanto già reso in precedenza e “con riferimento al nominativo da me scritto sul bigliettino di cui all’allegato n.1 alla nota Criminalpol del 7/7/93 in atti faccio presente che subito dopo la visita del Pontefice alla Parrocchia di San Giuseppe e quindi a seguito dell’incontro che ho descritto nel precedente verbale mi ricordai di avere notato in precedenza la stessa persona intenta a parlare con le due ragazze appunto presso il bar e allora decisi di fare degli accertamenti a titolo personale su questa circostanza. Mi pare di ricordare che chiesi informazioni presso il bar che fa angolo con via Reggio Emilia e presumo che qualcuno mi abbia indicato questo nominativo e il relativo numero di telefono che io provvidi ad annotare sul biglietto in questione.

Siamo ritengo nel gennaio 1986 comunque dopo il 15/12/85.

Preciso che ancora oggi sono in grado di fornire una descrizione delle caratteristiche somatiche dell’uomo che ricordo perfettamente e che sono in grado di riconoscere se lo rivedessi: si trattava di un uomo giovane, non più di un ragazzo, che all’epoca avrà avuto un’età aggirantesi tra i trenta quaranta anni, altezza un metro e settanta circa, viso ovale occhi sorridenti, accattivanti, capelli lisci bruni tagliati corti e vestiva, quando lo vedevo seduto al bar, abiti sportivi ma sobri. Ribadisco che in occasione dell’incontro avvenuto casualmente presso la canonica della Parrocchia di San Giuseppe l’uomo in questione ebbe nell’incontrare il mio sguardo un moto di sorpresa e di disappunto come se avesse temuto di essere riconosciuto: sono comunque assolutamente sicura che l’uomo da me notato in occasione della visita del Pontefice alla Parrocchia San Giuseppe faceva parte dei servizi di vigilanza del Pontefice […] Può darsi che nel chiedere informazioni sulla persona in questione mi sia rivolta al bar chiedendo se conoscevano qualcuno che lavorava in vaticano e questo potrebbe spiegare come in qualche modo risulti indicato il nominativo di Bonarelli Raoul.”

Al termine dei due interrogatori, Arzenton Vittoria e Raoul Bonarelli occorrono procedere a confronto e a questo punto la madre di Mirella rappresenta all’Ufficio che: “[…] il qui presente Sig. Bonarelli non è la persona da me vista sedere abitualmente presso il Bar di Via Nomentana, intrattenersi con le ragazze.

Processo verbale di confronto BONARELLI ARZENTON

Come da disposizioni ricevute dal Capo nella telefonata delle ore 19,53, Bonarelli si reca in Vaticano e alle 14,27 compone il numero di telefono della sua abitazione. Risponde la figlia Federica e dopo aver parlato anche col figlio Edoardo si fa passare la moglie Angela:

Angela: Pronto?

Raoul: Eh! Sono arrivato adesso, neanche ho mangiato eh! Ho finito alle 14,10!

Angela: E tutto il tempo, dalle 10,30, no … Ti hanno fatto aspettare!

Raoul: Prima di tutto mi ha ricevuto alle 11,30 perché aveva da fare …

Angela: Ah!

Raoul: Mi ha fatto l’interrogatorio, era più che altro per la cosa, per quell’altra, non la Orlandi, come si chiama quell’altra?

Angela: E che vuole quell’altra?

Raoul: E perché è stata ricevuta quando il Papa è andato in parrocchia là e la mamma ha riconosciuto … E’ uscito l’altra volta sul giornale … di uno della sicurezza del Papa, quello che aveva adescato la figlia al bar, pensa un po’, e questi sono risaliti a me. Non so come sono risaliti a me, si vede che sono andati in parrocchia ad interrogare il parroco, il parroco deve aver fatto il nome mio, perché non lo so io come il Giudice Istruttore è risalito a me.

Angela: Ma … te l’ho detto che ti trovavi in mezzo ai guai.

Raoul: Io ho dato la mia versione, poi è una donna, capirai … non era convinta, lo sai che ha organizzato? Delle dichiarazioni non era convinta ha organizzato il confronto con la mamma di cosa, ha fatto venire la mamma di questa … come si chiama … poraccia, non la Orlandi, quell’altra come si chiama … ?

Angela: Ah … non lo so.

Raoul: Ah … ha fatto venire la mamma di quell’altra che stava male, con la scorta, con tutto, alle du … all’una e tre quarti per fare il confronto, quella come mi ha visto m’ha detto “No, non è lui”, pensa un po’, che io non lo so, mi devo trovare a stè situazioni.

Angela: Ma allora il giudice e dopo … ?

Raoul: Allora mi ha fatto “Ah! Bene allora può andare” gli ho fatto “Ah! Bè meno male, posso andare … “ Allora s’è subito cosato, pensa un po’ … ma gli è andata bene tutta la dichiarazione mia che ho fatto, che mi ricordavo tutto, che in pratica io sapevo già da una settimana prima che c’era sta famiglia, quindi se ero iio, non ci sarei andati  lì alla visita no … ? Sono entrato in camera quando ha ricevuto il Papa … cioè il Giudice doveva dedurre da queste dichiarazioni, se ero io … non te l’avrei saltata quella visita no … ? Sapevo che c’era quella che mi riconosceva.

Angela: Ma a quella come gli è venuto in mente di fare il nome tuo però, scusami.

Raoul: No, al nome mio non lo so come sono risaliti?

Angela: Cioè non è mica da starci tranquilli no?

Raoul: No, il nome mio non si sa chi l’ha fatto, cioè loro non so come sono risaliti a me, perché ero una della sicurezza che abita lì, e quindi gli ho detto al signor giudice “secondo lei io che abito lì da 50 anni, che mi conoscono tutti, mi metto a sedere ad un bar a 50 metri da casa andà a rimorchiare le ragazzette, che possono essere mia figlia, perché qualcuno mi può vedere, mi può vedere mia moglie, mi può vedere qualche negoziante che mi possono vedere i miei figli, dico io, se dovevo fare una cosa del genere andavo in un quartiere dall’altra parte di Roma … “, allora si cosava, quando gli dicevo così, perché non glielo avresti detto?

Angela: Ma io non credo che si questa adesso così da restare immune!

Raoul: No, è finito è finito

Angela: No, non è finito, no ma lei non è da restare immune.

Raoul: Lei chi?

Angela: La Giudice!

Raoul: Ah! e vabbè … quella ha fatto le indagini, non … vabbè poi ne parliamo con comodo, ora mi vado a mangiare qualcosa, anche perché mi sono snervato, mi sono mantenuto calmissimo, che a momenti me la inchiappetto … quando mi ha detto “allora può andare a questo punto!”

Angela: E non gli hai chiesto … è finita?

Raoul: E’ finita, si, è finita, scusa, abbiamo fatto un confronto con la mamma. Siccome era lei che aveva detto che era uno della sicurezza del Papa che aveva riconosciuto … e lei gli ha detto “non è lui”, quindi è finita.

Angela: E chi è questo della sicurezza del Papa che quella ha riconosciuto?

Raoul: Questa vagheggia, povera donna.

Angela: Povera donna un cacchio!

Raoul: Per me è una … per me è uno di quelli che stava li intorno quel periodo, uno di quelli che collaborava pure …, che ce ne ha avuti tre o quattro di questi praticoni il prete no?!

Angela: Mah! Io non le so queste cose.

Raoul: Vabbè, dopo parliamo con comodo … o comunque sono entrati lì da tuo figlio mi pare … che figli di buona donna.

Angela: Mhm, senti l’hai raccontato a Ce … (incomprensibile)?

Raoul: No … non c’è, ora quando scendo … e poi una domanda marginale infine sulla Orlandi, ma quello già lo sapevo. Però era tutto puntato su quest’altra … vabbè ci vediamo stasera, tutto bene.

Angela: Mo, non va bene per niente, dove abita questa?

Raoul: Manda giù il magone, vabbè.

Angela: Non è da mandare giù il magone, ma vabbè.

Raoul: Va bene, adesso, scusa e …

Angela: Adesso certo, mettiti tranquillo, non è da mandare giù il magone.

Raoul: Ciao

Angela: Ciao.[nda per questa conversazione, Bonarelli verrà convocato e interrogato dal Giudice Istruttore Adele Rando il 4/11/1996].

Conversazione Bonarelli del 13/10/1993 ore14,27

16 ottobre 1993

Fiore De Rienzo consegna al Tribunale di Roma due videocassette contenenti la ripresa filmata della visita del Pontefice alla parrocchia S. Giuseppe al Nomentano del 15/12/1985.

Avanti al Giudice Adele Rando, la signora Gregori viene convocata in Procura alle ore 10.10. L’ufficio mostra alla madre di Mirella “brano di ripresa videoregistrata su cassetta VHS concernente la visita di S.S. Giovanni Paolo II presso la parrocchia S. Giuseppe al Nomentano in data 15/12/1985”. La Signora Arzenton Vittoria conferma integralmente le dichiarazioni rese in precedenza e ribadisce che “sarei in grado di riconoscere ove mi venisse mostrata l’immagine fotografica o filmata dell’uomo che riconobbi presso la parrocchia S. Giuseppe il giorno 15 dicembre 1985”. Dopo aver visionato attentamente e più volte il filmato dichiara: “non riconosco nessuna delle persone presenti nel filmato l’uomo di cui ho parlato nei precedenti verbali cioè di quello che era solito intrattenersi presso il bar dei De Vito con mia figlia e Sonia. Sono assolutamente certa che nessuna delle persone che mi vengono mostrate sembra rassomigliare neppure lontanamente all’uomo di cui ho parlato”.

Raoul Bonarelli frame “Chi l’ha Visto?”

Le gravi condizioni di salute della Arzenton (che decede dopo breve tempo), impediranno di chiarire, come fosse possibile che la teste, indipendentemente dal mancato riconoscimento dell’indiziato, pur confermando l’incontro in parrocchia con il frequentatore del bar ne escludeva la presenza tra le persone che apparivano nel filmato. Questo indurrà il Procuratore Generale a chiedere il proscioglimento di Raoul Bonarelli, richiesta non accolta dal Giudice Adele Rando che ordina uno stralcio di indagini per gli aspetti non chiariti della telefonata ricevuta il 12 ottobre.

Alle ore 13,10 viene sentito Ercole Orlandi. Dal padre di Emanuela la Procura vuole informazioni (nomi, turni di lavoro ed età) del personale della vigilanza e della scorta pontificia. Gli viene sottoposta a visione la ripresa della visita del papa presso la parrocchia di S. Giuseppe al Nomentano del 15/12/1985 e dopo averlo visionato dichiara: “riconosco tra le persona che scortano il Papa Cibin, Bonarelli che come ho detto fanno parte della Gendarmeria e Gugel che è l’aiutante di camera di Sua Santità. Le altre persona visibili nel filmato, in particolare quelle attorno alla macchina pontificia fanno sicuramente parte dell’Ispettorato Generale presso il Vaticano e di tale circostanza sono sicuro in quanto li conosco di vista e so essere agenti di P.S. […] faccio rilevare all’Ufficio che comunque nella parte interna della chiesa e in particolare all’interno della canonica dove il Pontefice incontrava i suoi ospiti è ammessa esclusivamente la Gendarmeria o comunque gli uomini del Servizio della Vigilanza Pontificia per una questione di competenze, questione che preclude agli uomini dell’Ispettorato Generale di svolgere tale compito”.

19 ottobre 1993

Alle 14,08 Raoul Bonarelli chiama al telefono la moglie la quale vuole sapere se lui è <<andato su>> e se <<per quell’altra cosa sei riuscito ad averla?>> lui risponde negativamente ad entrambe le domande e la rassicura che “stasera quasi tutta la puntata [nda della trasmissione televisiva Chi l’ha Visto?] è su Nardi … Ma vedrai che ci metteranno pure qualcosa di quest’altra [nda della vicenda Gregori-Orlandi].

Conversazione Bonarelli 19/10/1993 ore 14,08

Alle 20,56 Raoul Bonarelli riceve una chiamata da Camillo Cibin. Parlano della trasmissione di Rai Tre Chi l’ha visto? e sono preoccupati perché nei filmati si vedono distintamente loro e molti addetti al servizio e alla sicurezza del Papa (tutti in primo pianoe poi più di una volta …). Cibin rassicura Bonarelli dicendo che “dobbiamo far fare la smentita dal TG3 che la mettano al TG3 quando c’è la prossima … (incomprensibile).

Conversazione Bonarelli 19/10/1993 ore 20,56

21 ottobre 1993

Alle 14,06 Bonarelli chiama la moglie per dirgli che “E’ stato preparato un documento, dopo te lo faccio leggere, qualcuno non va bene però va be, dopo te lo dico” la moglie vuole sapere di più e lui gli risponde che al tale che non gli va bene “è sopra su, perché ha dovuto mettere i nomi no? […] e invece sembra che i nomi non, lui non vuole comparire sopra […] anche perché dobbiamo sottoscrivere, se no è una cosa anonima […] non lo so se studiano un’altra forma stasera mo’ vediamo un po’, dopo te faccio legge…”.

Alle 19,57 Bonarelli richiama casa per dire alla moglie che a Roma è tutto bloccato dal traffico e tarderà nel rientrare perché “… ci ho da fare un momentino!”. “Quella questione lì?” Ribatte la moglie: “Falla bene eh! perché la tua posizione (incomprensibile) è peggiore delle altre”.

22 ottobre 1993

Nella telefonata intercettata alle ore 14,54 tra Bonarelli e la moglie si parla sempre delle lettere che stanno preparando “[…] ne hanno fatte altre due o tre di minute, poi hanno mandato via quella un po’ più tosta che era stata fatta, la prima, … una prima parte modificata e quella che va a titolo personale di noi tre, poi ne fa una in forma ufficiale con carta intestata dell’ufficio, perché è chiamata in ballo pure la Gendarmeria”. Continua col riferire che “[…] ci sono stati anche altri movimenti ad alto livello che o non sapevo […] hanno parlato col Direttore Generale della RAI” e che soprattutto “sopra lo sa perché poi mi ha fatto andare su, mi ha fatto parlare pure con STANISLAO (nda Stanislaw Dziwisz, segretario particolare di papa Giovanni II) oggi, lì al 2^ piano, mentre il Papa riceveva, va bè … dopo ne parliamo a voce … va”.

Conversazione Bonarelli 22/10/1993 ore 14,54

23 ottobre 1993

Ore 14,32 Raoul Bonarelli chiama casa e risponde la moglie. Lui lamenta che la lettera è continuamente soggetta a cambiamenti tanto che non sembra neanche più una diffida mentre lei, a causa di tutta questa pubblicità che ne sta facendo la trasmissione della Rai Chi l’ha Visto? teme che non potrà andare più a scuola a colloquio con i professori dei figli.

Conversazione moglie Bonarelli 23/10/1993 ore 14,32

Ore 18,15 la moglie di Bonarelli parla con sua sorella Loredana e le dice che Raoul deve parlare con quello che sta su in appartamento, in quanto è stato ricevuto prima dal segretario Stanislao.

Conversazione moglie Bonarelli del 23/10/1993 ore 18,15

24 ottobre 1993

Ore 11,39 la moglie di Bonarelli è preoccupata, parla con la sorella e vorrebbe che suo marito si rivolgesse ad un penalista. Nella telefonata viene citato l’appartamento papale.

Conversazione moglie Bonarelli 24/10/1993 ore 11,39

25 ottobre 1993

Alle ore 11,02 Bonarelli riceve una telefonata da quella che l’addetto all’intercettazione Sig. Raucci, annota come “donna”. Le dice che << ha parlato con “quello” che gli ha detto che x la pratica Gregori non può fare niente xché non ci sono elementi, e per quanto riguarda chi ha fatto il suo nome, non può dirglielo xché la pratica è in fase istruttoria… >>. Cade la linea e alle 11,14 la stessa “donna” richiama Bonarelli. Raucci annota sul brogliaccio << poi lui dice che stanno aspettando la smentita nella trasmissione di domani altrimenti si richiederanno i danni. Se non c’è smentite lui potrebbe essere riconvocato in tribunale allora lui si presenterà con gli avvocati quindi lui per questo ha chiesto al Cardinale (……?) la cittadinanza x la tutela dell’abitazione…>> [nda per questa conversazione, Bonarelli verrà convocato e interrogato dal Giudice Istruttore Adele Rando il 4/11/1996].

25 ottobre 1993

Alle 17,45 la moglie di Bonarelli parla con la sorella. Gli addetti all’intercettazione, Paladino-Claps, annotano sul brogliaccio << … a lei non importa niente e che possono dargli la cittadinanza tanto è lui che sta in mezzo ai guai.>>

 

L’Unità del 26/11/1993

17 novembre 1993

Giulio Gangi, l’agente del SISDe scrive una lettera riservata personale al Presidente del Consiglio dei Ministri Carlo Azeglio Ciampi. In essa il rammarico e lo stupore per aver appreso che il suo nominativo << risulterebbe nell’elenco del personale proposto per l’allontanamento dai Servizi per aver svolto nel 1983 “inopportune indagini” sul caso della scomparsa della cittadina vaticana Emanuela Orlandi>>.

Lettera del 17/11/1993 di Gangi a Carlo Azeglio Ciampi

3 dicembre 1993

Come da decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giulio Gangi viene trasferito dal SISDe ad altra Amministrazione dello Stato.

Convocato dagli inquirenti Adele Rando e Rosario Priore monsignor Francesco Salerno, consulente legale della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, afferma che agli atti della Segreteria di Stato esisteva una vecchia copia dell’indagine come aveva già dichiarato anni prima al PM Domenico Sica; «Confermo la convinzione che ho sempre avuto, e cioè che la scomparsa della Orlandi potesse in qualche modo costituire un elemento di pressione su ambienti strettamente legati al Sommo Pontefice. Ricordo che all’epoca dei fatti ebbi modo di rappresentare tali convinzioni a monsignor Giovanni Battista Re, all’epoca assessore alla Segreteria di Stato, al quale ebbi modo anche di offrire una mia possibile collaborazione in tale vicenda. Monsignor Re mi disse, peraltro, che non gli sembrava necessaria una verifica in tale direzione, riferendomi che avrebbe lasciato le cose così come si trovavano […] il rapimento di Emanuela Orlandi poteva costituire un elemento di pressione sugli ambienti più strettamente legati al Sommo pontefice […] e che gli inutili tentativi di identificare gli sconosciuti interlocutori telefonici che chiamavano sulla linea riservata, messa a disposizione dalla Segreteria di Stato, portano oggettivamente a ritenere che all’interno della Segreteria stessa, o comunque in quegli ambienti, Vi potesse essere taluno che informava tempestivamente gli interlocutori telefonici […] sul punto non sono in grado di fornire alcuna utile spiegazione ma ritengo che negli archivi della Segreteria di Stato siano custoditi documenti relativi alla vicenda di cui ci occupiamo e che forse potrebbero essere chiarificatori in tal senso>>.

17 dicembre 1993

Il quotidiano L’Indipendente a firma di Gian Paolo Pelizzaro anticipa che Adele Rando è in attesa dal Tribunale del Vaticano della risposta alla richiesta di Rogatoria internazionale.

l’Indipendente del 17/12/1993

18 dicembre 1993

L’Indipendente del 18/12/1993

19 dicembre 1993

Il quotidiano L’Indipendente a firma di Gian Paolo Pelizzaro pubblica una intervista a Bruno Bosco.

L’indipendente del 19/12/1993

31 dicembre 1993

Vengono prorogati i termini dell’archiviazione dell’istruttoria in scadenza per il 31 dicembre 1993.

 

 

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