Emanuela Orlandi Mirella Gregori: Commissione parlamentare seduta del 23/03/2023.

Iter ed esame della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori:

SEDUTA DEL 23 MARZO 2023

 Le sedute e gli esami sulle Discussioni in assemblea sui lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori assegnata in sede Referente alla I Commissione Affari Costituzionali il 27 gennaio 2023. Vedasi Testo Proposta di leggeDossier.


A 40 anni dalla scomparsa l’Aula della Camera ha approvato all’unanimità, con 245 voti, l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla sparizione di Emanuela e Mirella.

Quella di oggi è “una giornata molto positiva ed è stato fatto un passo importante”, commenta il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, che da sempre si batte per far luce su una storia che “non riguarda solo la scomparsa di una ragazzina ma tutto quello che è successo in questi 40 anni. Ci sono situazioni poco chiare che vanno chiarite. Oggi sono contento, ora la palla passa al Senato, mi auguro che per aprile la commissione possa essere costituita”, continua sottolineando una ritrovata fiducia nei confronti dello Stato. Sentimento opposto, quello che Pietro invece prova nei confronti del Vaticano che pochi mesi fa aveva riaperto il caso di Emanuela. “Continua una presa in giro che dura da 40 anni”, aggiunge.

La sorella di Mirella: “Dopo 40 anni questa è finalmente una bella giornata” – Gioia per l’ok della Camera alla Commissione d’inchiesta anche da parte della sorella di Mirella Gregori. “Dopo 40 anni questa è finalmente una bella giornata“, dice Maria Antonietta Gregori sottolineando come “finalmente si parla di mia sorella dopo che per 40 anni è stata sempre solo un’appendice di Emanuela e spero che con questa commissione si scindano i casi perché, anche se hanno degli elementi in comune, magari la verità sulla fine delle due ragazze potrebbe essere diversa“. Gregori ribadisce la sua convinzione che “ci sono state delle lacune” perché “all’inizio mia sorella non è stata proprio cercata”.

 

 

XIX LEGISLATURA

Resoconto stenografico dell’Assemblea

Seduta n. 74 di giovedì 23 marzo 2023

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FABRIZIO CECCHETTISegretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell’articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 71, come risulta dall’elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all’Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 20 minuti previsti dall’articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo, pertanto, la seduta, che riprenderà alle ore 9,55. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 9,55.

Seguito della discussione della proposta di legge: Francesco Silvestri e Ascari: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori” (A.C. 665-A​) e delle abbinate proposte di legge: Zaratti; Morassut ed altri (A.C. 879​-880​).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 665-A: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori” (A.C. 665-A​) e delle abbinate proposte di legge nn. 879-880.

Ricordo che nella seduta del 20 marzo si è conclusa la discussione generale e il deputato Riccardo De Corato, vicepresidente della Commissione, in sostituzione della relatrice, e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli della proposta di legge, alla quale non sono state presentate proposte emendative (Vedi l’allegato A).

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l’allegato A), che è in distribuzione.

Poiché non sono stati presentati emendamenti, porrò gli articoli direttamente in votazione.

(Esame dell’articolo 1 – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 1 (Vedi l’allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

(Esame dell’articolo 2 – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 2 (Vedi l’allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’articolo 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

(Esame dell’articolo 3 – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 3 (Vedi l’allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’articolo 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Salutiamo studenti, studentesse e insegnanti del liceo Leonardo da Vinci di Casalecchio di Reno (Bologna), che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Esame dell’articolo 4 – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 4 (Vedi l’allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

(Esame dell’articolo 5 – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 5 (Vedi l’allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’articolo 5.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

(Esame dell’articolo 6 – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 6 (Vedi l’allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’articolo 6.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ilaria Cavo. Ne ha facoltà.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, alle 16,30 del 22 giugno del 1983, quasi quarant’anni fa, Emanuela Orlandi esce di casa per andare a lezione di canto e non fa più ritorno.

PRESIDENTE. Scusi, collega Cavo. Colleghi, come sempre, vi prego, se dovete lasciare l’Aula, di farlo in silenzio per consentire alla collega di svolgere adeguatamente la dichiarazione di voto, grazie. Prego, onorevole Cavo, prosegua pure.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). La ringrazio, Presidente. Lo chiedo ai colleghi, anche per il rispetto delle famiglie che ho visto qui, in quest’Aula. Chiedo anche di far partire adesso il tempo che ho a disposizione. Grazie, signor Presidente.

Onorevoli colleghi, signori del Governo, ribadisco che alle 16,30 del 22 giugno del 1983, quasi quarant’anni fa, Emanuela Orlandi esce di casa per andare a lezione di canto e non fa più ritorno. Nello slancio, nell’opportunità che ci dà questa Commissione d’inchiesta, bisognerebbe avere il coraggio di ripartire da lì, di ritornare all’essenziale, alle questioni cruciali di questo mistero, di isolarsi, di cancellare e mettere da parte tutti i tentativi di depistaggio di questi anni.

Il rischio altrimenti sarebbe quello di rimanere fagocitati nuovamente nei mille filoni d’inchiesta, nei documenti, nei faldoni e di perdersi ancora in un labirinto di fogli e di documenti. Abbiamo la possibilità – e il dovere – di ritornare a dati più scarni, di togliere tutti i rumori di sottofondo e di ritornare, appunto, alle domande fondamentali.

Mi permetto di dirlo anche recuperando un po’ quello spirito di cronista che mi ha accompagnato per diversi anni e che mi ha fatto occupare, anche parzialmente, di questo caso. Abbiamo l’opportunità di ritornarci e di utilizzare anche le nuove tecnologie. Facciamo qualche esempio di domande essenziali (esempi, appunto): Emanuela quella sera, quel tardo pomeriggio, aveva o non aveva un appuntamento? Uno degli aspetti difficili da credere di questa inchiesta è, per esempio, che don Valentino Miserachs, il maestro di canto della scuola di musica di Sant’Apollinare, dove quel giorno Manuela si è recata, e che alle 16,30 avrebbe tenuto una lezione di prove, non è mai stato sentito dagli inquirenti, almeno non da quelli italiani, considerato che afferma di aver subito un interrogatorio dal Vaticano, segno che un’indagine all’interno dello Stato del Vaticano è stata aperta. Oggi in un’intervista – pensate che ha conservato addirittura le sue agende – dice che aveva sì tenuto la lezione, ma l’aveva terminata in anticipo. Non sarebbe vero, allora, che Emanuela aveva chiesto di uscire prima, come aveva detto suor Dolores, direttrice di quella scuola di musica di Sant’Apollinare. Avevano finito tutti prima. Ma, allora, Emanuela aveva o non aveva un appuntamento? Aveva chiesto di uscire prima o era uscita prima insieme a tutti gli altri perché quella lezione era terminata in anticipo? Ha incontrato qualcuno appositamente, per scelta, o per caso?

Un altro punto su cui soffermarsi è la nuova testimone, un’amica di Emanuela, che ha paura e che ora non vuole più parlare. Avrebbe raccontato recentemente alla famiglia che Emanuela le rivelò di essere stata molestata nei giardini vaticani. Verità o invenzione? E, soprattutto, la cassetta audio, fatta trovare dai presunti rapitori, con una telefonata anonima all’ANSA, il 17 luglio 1983 (Emanuela scompare il 22 giugno, ricordiamolo), è un giallo nel giallo. Contiene lamenti agghiaccianti di una ragazza, che i parenti ritengono subito di riconoscere come la voce di Emanuela. Invece, una settimana dopo al padre, in questura, dicono che si tratta di un film porno. Perché? Perché liquidare quella voce e quei lamenti – li ricordate? Sono terribili – come una finzione? Oggi l’analisi di quel nastro permette di capire che quello rimasto agli atti presenterebbe alcuni tagli, sarebbe più corto rispetto alla versione che alcuni inquirenti di allora ricordano. Non si sentono più alcune voci maschili. Si riscontrerebbero, con le nuove tecnologie, appunto tagli rispetto all’audiocassetta originaria. Perché l’audio di quella cassetta è stato liquidato come voci di film porno e non come la voce di Emanuela? Esiste, poi, un altro audio, fatto ascoltare dai presunti rapitori la sera del 5 luglio 1983 al padre di Manuela, ossia 13 giorni dopo la scomparsa, in cui una voce di donna, probabilmente registrata, dice: “Convitto nazionale Vittorio Emanuele II. Dovrei fare la terza liceo scientifico”, voce che il padre riconosce essere quella di sua figlia. Ma il padre e lo zio sono convinti di riconoscere la voce di Emanuela anche in quei lamenti, nello strazio dell’altra cassetta, inviata all’ANSA. Un loro perito, a cui è stata affidata la comparazione, sostiene che le due voci hanno un giudizio di compatibilità; sarebbero le stesse le voci contenute nei due nastri, nel nastro inviato all’ANSA e in quello fatto ascoltare alla famiglia. È una possibilità, una pista da valutare e su cui insistere, chiedendosi perché non sia stata approfondita. È una pista impegnativa, perché anche la trascrizione delle frasi di allora, con le nuove tecnologie, potrebbe ora cambiare.

Già nella scorsa legislatura era stata presentata una proposta di legge per l’istituzione di una Commissione di inchiesta sul caso Orlandi, nella forte convinzione che non solo la famiglia – certamente la famiglia -, ma tutto il Paese abbia il diritto di conoscere la verità sulla scomparsa di una giovane ragazza, su cui sono state fatte, nel corso del tempo, innumerevoli ipotesi, troppe ipotesi.

Anche Mirella Gregori, 15 anni, non ha più fatto ritorno a casa da quel pomeriggio di inizio maggio del 1983, in cui era uscita per incontrare un amico, un mese prima della sparizione di Emanuela. Due casi che hanno avuto più di un punto in comune nel corso delle indagini e delle piste seguite. Il collegamento di Mirella con un uomo della Gendarmeria vaticana, la testimonianza di Ali Agca, che collegava entrambe le scomparse a quella del giornalista Bitov, avvenuta il 9 settembre dell’anno successivo, i comunicati dell’organizzazione di estrema destra turca Lupi Grigi, probabilmente falsificati appositamente, e, infine, la pista che collegava entrambi i casi alla banda della Magliana e al presunto favore fatto da Renatino De Pedis, al secolo Enrico De Pedis, a un alto prelato. Sono filoni di indagine che non hanno portato a nulla e, poi, tante altre testimonianze. Infine, il ruolo di Marco Accetti, che si è autoaccusato della scomparsa di Emanuela e di Mirella e che potrebbe collegare i due casi. Insomma, la scomparsa di queste due ragazze, così a breve distanza l’una dall’altra, è solo una coincidenza o esiste un collegamento, un movente che le unisce? Questa è una Commissione che ha l’obiettivo di ricostruire e analizzare la dinamica della loro scomparsa, di verificare ed esaminare il materiale e i dati, frutto delle inchieste giudiziarie e giornalistiche, ma, come precisano gli articoli della legge istitutiva che stiamo valutando, su cui ci stiamo esprimendo e che stiamo votando, anche e soprattutto di esaminare condotte commissive e omissive che possono aver costituito, ostacolato o ritardato o che possono aver portato a un allontanamento rispetto a una ricostruzione veritiera dei fatti.

Non ci si ferma neppure qui. La legge autorizza a promuovere azioni, anche presso Stati stranieri, per ottenere documenti e atti per verificare quali criticità possono aver ostacolato l’accertamento delle responsabilità. È un’indagine che da sempre si muove a cavallo di due Stati. Non si tratta solo di provare ad arrivare alla verità, ma anche di capire perché non si è potuto farlo prima e i due percorsi, le due domande, del resto, rischiano di essere inscindibili. Difficilmente si potrà capire chi se non si capisce perché non si è arrivati, in tutti questi anni, alla verità. Gli strumenti a disposizione della Commissione saranno efficaci. La Commissione procederà alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Per le audizioni entreranno in gioco gli articoli 366 e 372 del codice penale, ovvero non ci si potrà rifiutare di comparire, se chiamati come testimoni, e la falsa testimonianza sarà punita penalmente.

Si tratta finalmente dell’occasione per far luce su quanto accaduto e soprattutto su eventuali insabbiamenti che non hanno consentito di arrivare prima alla verità, con troppe piste rivelatesi di volta in volta false, mentre altre venivano abbandonate senza apparenti motivi. Forse è il momento giusto, a 40 anni di distanza. Anche il segnale dell’inchiesta riaperta, all’inizio dell’anno, presso il Vaticano va in questo senso.

Non sarà un lavoro o un compito facile. L’esito e il successo sono tutt’altro che scontati, ma è un dovere provarci. Questi non sono cold case: sono tasselli mancanti della storia del nostro Paese. Casi come questi, rimasti insoluti, rappresentano una ferita nel senso di sicurezza e nella fiducia verso l’insieme delle forze e delle istituzioni che compongono lo Stato. Per tutti questi motivi, il nostro gruppo, Noi Moderati, sostiene l’istituzione di questa Commissione di inchiesta (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l’Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Filiberto Zaratti. Ne ha facoltà.

FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signora Presidente. Signora rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, nella giornata di ieri c’è stato un importante intervento in quest’Aula fatto dal collega Bruno Tabacci, che ci ha ricordato che l’utilizzo improprio ed eccessivo delle Commissioni di inchiesta è diventato forse una caratteristica di questa legislatura. Voglio dire, in premessa, che io sono d’accordo con il collega Bruno Tabacci. Effettivamente, istituire Commissioni d’inchiesta, che a volte si sovrappongono alle indagini della magistratura e che vanno a trattare temi che è possibile affrontare con gli strumenti ordinari dell’attività parlamentare, è certamente una prassi assolutamente da rivedere.

Voglio, però, anche aggiungere che ci sono questioni che effettivamente meritano l’utilizzo di questo strumento da parte del Parlamento e della Camera dei deputati. La questione di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori risale ormai a 40 anni fa.

Infatti, quando scomparve Emanuela Orlandi era il 22 giugno del 1983. E credo che, in questo caso, anche le informazioni, di cui parlerò poi in seguito, che, nel corso del tempo, si sono succedute, anche con riferimento ai sospetti, alle illazioni e, non ultimo, al fatto che la gendarmeria del Vaticano ha riaperto proprio recentemente le indagini su questo caso, ci possono consentire di dire che in questa occasione, su questo argomento, forse l’utilizzo della Commissione di inchiesta è uno strumento utile. Perché è utile? Perché, intanto, credo che dobbiamo dare il massimo contributo per arrivare alla verità; lo dobbiamo alla famiglia di Emanuela Orlandi e a quella di Mirella Gregori, soprattutto per le tante ipotesi, in questi anni, di una verità che sembra nascosta e che non riesce mai ad arrivare alla luce. Lo dobbiamo a Pietro Orlandi, il fratello maggiore di Emanuela, che in questi quarant’anni anni non ha mai smesso di chiedere che si faccia luce su una vicenda così complessa: che possa avere, nel caso venga evidenziata la morte della sorella, una tomba sulla quale adagiare un fiore. Lo dobbiamo alla città di Roma, lo dobbiamo al nostro Paese, perché davvero questa vicenda ha diviso l’opinione pubblica, ha determinato il fatto che si creasse un clima di sfiducia rispetto a tutto ciò che non si può scoprire, tutto ciò che è nascosto. Non a caso, intorno alla vicenda di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, sono fioriti gruppi Facebook, associazioni alla ricerca, più o meno fondata, di verità.

Per questo penso che questa sia una Commissione utile e penso sia giusto che la nostra Camera la possa istituire. Nel corso degli anni si sono susseguite numerose ipotesi in merito al rapimento o all’allontanamento della ragazza, legato ad un presunto coinvolgimento del KGB, della banda della Magliana o della Chiesa vaticana stessa. Il caso è rimasto senza soluzione, ma Pietro Orlandi e il resto della sua famiglia non hanno mai smesso di battersi per fare luce sulla vicenda. Nel 2023, come dicevo, il Vaticano ha riaperto le indagini sul caso. Noi partiamo da una certezza: che Emanuela non è più rientrata a casa dalla lezione di musica a cui si era recata.

Oggi Emanuela avrebbe compiuto 55 anni. In questi anni le diverse piste esaminate, con i loro misteri e gli interrogativi, non hanno portato a nulla. Eppure, suo fratello non si è mai rassegnato all’idea di avere perso Emanuela. “Finché non avrò un corpo, ho il dovere di cercarla viva”, così afferma ogni volta.

Molte le piste seguite nel corso di questi quattro decenni. Si è indagato sui rapporti della famiglia Orlandi con il Vaticano, si è ipotizzato un coinvolgimento della banda della Magliana. La scomparsa è avvenuta proprio durante il decennio di massima attività di questa organizzazione criminale. Collegamenti con l’attentato a Giovanni Paolo II avvenuto il 13 maggio del 1981 per mano di Mehmet Ali Ağca, circa un anno prima del rapimento Orlandi. Non è stata nemmeno esclusa la pista della pedofilia. Inaspettatamente, all’inizio del 2023, dopo anni di silenzio e indagini archiviate, la magistratura vaticana ha deciso di aprire un nuovo fascicolo sulla scomparsa della quindicenne, come deciso dal promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi e dalla gendarmeria.

E noi oggi ripartiamo con fiducia da ciò. È una flebile luce che non va spenta, è una disponibilità di uno Stato estero che va accolta con rispetto e molta serietà. Noi sappiamo che la prima telefonata è arrivata nella sala stampa del Vaticano, la sera stessa della scomparsa di Emanuela, alle ore 21, a 2 ore dall’ultimo avvistamento della ragazza. La famiglia della quindicenne ha chiesto fin da subito che fossero fatti gli accertamenti circa la telefonata di quella sera per evidenziare la reale esistenza della stessa e per conoscerne il contenuto.

Secondo questa telefonata, sembrerebbe che l’interlocutore per i rapinatori di Emanuela fosse la Santa Sede e non la famiglia della ragazza. Le chiamate si sono poi moltiplicate nel corso degli anni, ma la maggior parte delle volte si è trattato di mitomani e persone che provavano a depistare le indagini.

Si è parlato anche di un presunto collegamento con l’attentato di Giovanni Paolo II. La vicinanza con questo evento ha spesso fatto pensare ad un collegamento tra i due fatti. L’ipotesi presa in considerazione, a cui persino il Papa stesso sembrava credere, è quella dello scambio fra Emanuela Orlandi e l’attentatore Mehmet Ali Ağca, un esponente del movimento nazionalista turco dei Lupi Grigi. Nelle telefonate arrivate in Vaticano di cui abbiamo parlato in precedenza il mittente avrebbe proposto uno scambio. Per anni questa persona è stata conosciuta come “l’americano” per l’accento anglofono. Non sappiamo cosa ci sia di vero in questa versione dei fatti; ad ogni modo, Emanuela resta scomparsa e Ağca, dopo anni di prigionia, oggi è libero. Proprio lui, Ağca, in tempi recenti ha inviato alla stampa internazionale una lettera in cui sostiene le condizioni di buona salute della ragazza.

È viva e sta bene da 36 anni, non è mai stata sequestrata nel senso classico del termine, ma è stata vittima di un intrigo internazionale per motivi religiosi e politici, raccontano le cronache del 2019. Il Governo vaticano non è responsabile, è la CIA che dovrebbe svelare i suoi documenti segreti.

Sempre nel dicembre del 2022, l’attentatore di Giovanni Paolo II, Ali Ağca, ha inviato una lettera al fratello di Emanuela in cui dice: i rapimenti di Emanuela e di Mirella Gregori furono decisi dal Governo vaticano ed eseguiti da uomini del servizio segreto vaticano vicinissimi al Papa. La trattativa pubblica era ovviamente una sceneggiata ben orchestrata da pochi alti prelati operanti all’interno dei servizi vaticani.

Dopo la pista dell’attentatore è stata aperta quella sulla banda della Magliana. A rapire la ragazza sarebbe stato un vero e proprio commando di uomini mandato su ordine di Renatino De Pedis, lo confermerebbero anche Marco e Salvatore Sarnataro, un amico di Emanuela e suo padre. Marco, morto nel 2007 all’età di 46 anni, avrebbe confessato al padre il ruolo nel rapimento dell’amica, e lui, Salvatore, si sarebbe presentato a piazzale Clodio per riportare le parole del figlio. Ad ordinargli il rapimento sarebbe stato Enrico De Pedis, detto Renatino, il boss della banda della Magliana.

Il primo a sollevare la pista della banda della Magliana è stato Accadi, uno dei mitomani delle telefonate, dopo avere chiamato Chi l’ha visto, un programma di Rai Tre. Il rapimento di Emanuela, però, avrebbe rappresentato la risoluzione di un problema che riguardava un alto prelato vaticano; come ricompensa, avrebbe concesso a De Pedis un sepolcro in Sant’Apollinare. Anni dopo, proprio dietro la basilica, sono stati ritrovati i resti del boss, ma, nonostante le testimonianze della sua ex amante Sabrina Minardi, non è stato mai dimostrato il suo coinvolgimento diretto. Dopo anni di indagine sotto il capo della procura Giancarlo Capaldo, il suo successore, Giuseppe Pignatone, ha deciso di archiviare il caso.

Avrei altre cose da raccontare e da dire, perché il caso è complesso e il tempo stringe, ma avremo occasione di approfondire, se la Commissione sarà istituita, se la Camera lo vorrà. La speranza è che la Commissione possa fare luce su quanto accaduto a lei e forse anche sul caso di Mirella Gregori, probabilmente strettamente collegato alla sua scomparsa. Noi oggi partiamo dalla disponibilità del Vaticano che dice: “Si tratta di un atto dovuto dopo le denunce e le istanze presentate in questi anni dalla famiglia”. Ripartiamo da questo punto, e quest’ultima disponibilità è il motivo del nostro assenso all’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Emanuela Orlandi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Enrico Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Parto dicendo che forse è la prima volta che intervengo, dopo tanti anni, a sostegno dell’istituzione di una Commissione di inchiesta. Non lo avevo mai fatto, così come l’onorevole Tabacci, e come ha anche detto prima il collega Zaratti, le Commissioni di inchiesta parlamentari non hanno portato molto spesso ai risultati sperati.

Basta leggere l’elenco delle proposte di legge sulle Commissioni di inchiesta che sono state presentate in Parlamento, dalla violenza politica nelle scuole, ai cambiamenti climatici, ai rischi cibernetici, alla violenza politica, al rischio idrogeologico, alla violenza negli stadi, alle pratiche commerciali scorrette, all’uso dell’amianto e così via. Tutto giustifica la presentazione di una proposta di legge per l’istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare.

Oggi, intervengo volentieri, perché ritengo che il tema meriti l’istituzione di una Commissione di inchiesta e per varie ragioni. Lo merita, perché riguarda una vicenda che è entrata nella storia del nostro Paese. Era il 1983. Sono quasi coetaneo di Emanuela Orlandi, perché lei del 1968, io del 1969. Ho vissuto quegli anni con particolare tensione e attenzione.

L’obiettivo della Commissione di inchiesta, ovviamente, come tutte, è di ricercare la verità e di fare approfondimenti. Ma diciamoci chiaramente che dobbiamo metterci in guardia da una tentazione, che in ogni Commissione d’inchiesta si è verificata, ovvero quella di strumentalizzare le vicende e, soprattutto, quella di lavorare, non tanto per la ricerca della verità, quanto per la ricerca della visibilità. Quante volte le Commissioni d’inchiesta hanno i riflettori della stampa, che vuole subito la notizia? Se vogliamo arrivare ai risultati, dobbiamo attenerci a un percorso rigoroso.

Leggo negli articoli che abbiamo appena votato alcune frasi significative: tutti coloro che vengono a conoscenza per ragioni di ufficio e di servizio degli atti sono obbligati al segreto. Abbiamo parlato molto, in quest’Aula, del segreto d’ufficio e dell’obbligo al segreto. Faccio il richiamo a tutti, non soltanto a qualcuno, perché le tentazioni ci saranno e, se vogliamo compiere un percorso e un lavoro proficuo, dobbiamo respingere tali tentazioni e assumerci la responsabilità scritta in questi articoli, che non sono soltanto formali.

I commissari di questa Commissione avranno gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Speriamo non gli stessi ostacoli che ha incontrato l’autorità giudiziaria nelle vicende che ha dovuto approntare. Ci saranno poteri importanti, per esempio, l’accompagnamento coattivo, previsto dall’articolo 133 del codice di procedura penale, che è significativo: se una persona deve essere sentita, può essere accompagnata coattivamente.

Il punto fondamentale è che si agisca senza pregiudizi, che si operi a tutto campo e si eviti quel perimetro, che, probabilmente, ha limitato molto l’azione in questi anni. Diciamoci la verità: abbiamo visto tante Commissioni d’inchiesta operare nel corso degli anni e abbiamo letto le relazioni conclusive. Pochi sono stati realmente i passi avanti determinati dalle Commissioni di inchiesta. Penso tuttavia che il fatto che ci fossero le proposte di legge abbia stimolato determinate autorità – penso all’autorità promotore di giustizia in Vaticano – a riaprire le indagini. Penso sia un fatto nuovo e importante, che non deve essere sottovalutato. Speriamo veramente che questa Commissione di inchiesta non abbia le interferenze che ci sono state – e che sono state denunciate – in questi anni.

Saluto positivamente l’articolo 2, secondo comma, che stabilisce che i componenti della Commissione dichiarano alla Presidenza della Camera di appartenenza di non avere ricoperto o di non ricoprire ruoli nei procedimenti giudiziari relativi ai fatti oggetto dell’inchiesta. Si tratta di evitare che vengano a far parte della Commissione d’inchiesta soggetti che, per una ragione o per l’altra, abbiano avuto a che fare con quel percorso. Deve esserci una situazione di neutralità, di distanza. Si tratta, quindi, di un articolo significativo ed importante.

Ecco, sulla carta ci sono le condizioni per fare un buon lavoro. È necessario, però, che i commissari escano dal loro abito di politici ed entrino in una logica diversa, in una logica che assegna loro poteri importanti e significativi e il dovere di utilizzare questi poteri per affrontare in modo puntuale le vicende.

Il nostro gruppo al Senato ha presentato, a prima firma del senatore Calenda e della senatrice Paita, capogruppo al Senato, una proposta di legge di istituzione di una Commissione di inchiesta su queste vicende.

Quindi, il nostro sarà favorevole, un apprezzamento per il lavoro istruttorio svolto dalla Commissione e un apprezzamento per il fatto che mi sembra vi sia un consenso corale in questa direzione.

Un appello a questo Parlamento: conserviamo le energie per le Commissioni di inchiesta su vicende come questa, che, veramente, lo meritano. Cerchiamo di evitare una sovrabbondanza di questi istituti e organismi, riservandoli semplicemente a questioni sulle quali si può arrivare a risultati e sulle quali le autorità, che avrebbero dovuto produrre questi risultati, non hanno agito o sono stati ostacolati, ma certamente questi risultati non li hanno ottenuti (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Signora Presidente, rappresentante del Governo e onorevoli colleghi, Emanuela Orlandi oggi avrebbe 55 anni. Non è più quella ragazzina col cappellino che ricordiamo tutti, ma una donna matura e, come lei, oggi sono maturi i tempi per diradare le ombre su una vicenda che, da quasi quarant’anni, coinvolge e suscita attenzione nella società e nell’opinione pubblica italiana.

Con questo voto – che, mi piace sottolineare, sarà all’unanimità -, il Parlamento vuole dotare il nostro Paese di un nuovo potente strumento per individuare una realtà oggettiva sulla sua scomparsa e su quella altrettanto drammatica e misteriosa di Mirella Gregori.

A quattro decenni di distanza da quel maledetto giorno, nel quale sono uscite di casa senza dare più notizie, senza fare più ritorno, nella primavera del 1983, oggi possiamo dare un contributo qualificato a ricostruire la verità storica, togliendo dalle cronache il rumore di fondo che ha accompagnato ogni fase e ogni pista di questa lunga e dolorosa vicenda, depurandola dal sensazionalismo, mettendo in fila i dati oggettivi e decontestualizzando i fatti dall’inevitabile emotività.

Il momento giusto è adesso, prima che non siano più raggiungibili tutti i testimoni e i responsabili, che vogliamo fermamente e ovviamente inchiodati alle loro colpe, ma con il dovuto distacco.

Quello di cui stiamo parlando non è un caso di cronaca come tutti gli altri. Non lo è per diverse e complesse ragioni: per le implicazioni che la sparizione di una ragazza, figlia di un dipendente del Vaticano, ha avuto sulla vita del nostro Paese; per gli incroci, veri o presunti, con la criminalità organizzata, con la finanza allegra, con i furti di documenti e, ovviamente e, forse, soprattutto, perché è stato necessario confrontarsi con le leggi e con le consuetudini di uno Stato straniero che ha una storia millenaria. Avremo, dunque, il compito di tracciare nuovi contorni, promuovendo un esame approfondito e organico delle inchieste giudiziarie e di quelle giornalistiche che si sono susseguite. Bisogna mettersi al lavoro, rivedere le carte e raccogliere testimonianze. Bisogna iniziare a lavorare senza perdere tempo, ma farlo senza preconcetti.

Possiamo riuscirci mantenendo un clima di unità, perché non esistono tante verità: esiste una sola verità, e noi quella vogliamo scoprire.

Vede, caro Presidente, in questo senso noi non abbiamo apprezzato le parole dei colleghi del MoVimento 5 Stelle nel corso della discussione generale, perché amicus Plato, sed magis amica veritas. Una cosa deve essere chiara: una Commissione di inchiesta è uno strumento per circoscrivere la realtà, ma non è una clava da brandire contro qualcuno. Il compito di accertare la verità giudiziaria spetta sempre e in via esclusiva alla magistratura e tocca ai giudici ricostruire quanto accaduto e accertare ogni tipo di responsabilità, comprese quelle, ovviamente, di eventuali errori, omissioni o depistaggi.

Presidente, se qualcuno già conosce le conclusioni dell’inchiesta, ha già tutte le risposte e, addirittura, ha già emesso una sentenza di colpevolezza, allora, onorevoli colleghi, non perdiamo tempo. Quest’Aula e il Parlamento non sono un tribunale. E il giustizialismo a tutti i costi equivarrebbe ad una forma di scarso rispetto nei confronti di chi da tanti anni si batte per chiedere la verità e anche delle famiglie, che salutiamo, perché oggi sono venute qui, in tribuna.

Chiunque abbia dei figli può solo provare ad immaginare la disperazione, lo sgomento e il dolore privato che vengono accostati a questioni sulle quali non vi è la minima possibilità di incidere o di intervento.

E, allora, dobbiamo essere seri e obiettivi, perché lo dobbiamo non solo a chi ha voluto bene e vuole bene a Emanuela e a Mirella, ma anche alle migliaia di donne e di uomini che, nei decenni, sono stati coinvolti nelle ricerche e nelle indagini – magistrati, diplomatici, Forze dell’ordine – e, tra questi, rientrano certamente, a pieno titolo, anche i giornalisti. Infatti, sono i giornalisti a rovistare nei cassonetti dei rifiuti per recuperare i primi scritti dei rapitori, il primo proprio qui dietro, in piazza del Parlamento; sono i giornalisti ad intercettare Ali Aǧca e ad aprire, di fatto, la pista sulla regia straniera; è un giornalista a scrivere per primo che la nostra intelligence non ha notizie di collegamenti con il terrorismo internazionale; sono sempre giornaliste e giornalisti, quando ormai la vicenda è considerata da tutti un cold case, ad individuare, identificare e andare a trovare nelle loro case, presidiando condomini di periferia per giornate intere, testimonianze chiave e imprimendo continue svolte alle indagini; sono, infine, i giornalisti a smascherare tentativi di depistaggio, mettendo in luce omissioni e contraddizioni di testimoni veri o presunti. Insomma, hanno svolto pienamente il loro compito di storici del presente, come recita una famosa definizione di Umberto Eco.

In un periodo storico nel quale il lavoro del giornalista è spesso svilito da stipendi bassi, carichi di lavoro eccessivi e condizioni precarie, possiamo riconoscere oggi, senza tema di smentita, che il giornalismo italiano ha giocato un ruolo decisivo, forse insostituibile, in questa lunga ricerca della verità.

Allora siamo ancora in tempo e, per questo, annuncio il voto favorevole di Forza Italia a questa proposta dell’opposizione. Una dichiarazione, la nostra, che si accompagna ad un auspicio, quello, cioè, che la nuova Commissione possa essere un luogo di confronto sereno e costruttivo.

Ci auguriamo che si possa lavorare tutti insieme, la maggioranza con l’opposizione, per scrivere una relazione unitaria, arrivare, cioè, a conclusioni comuni, il più possibile oggettive. Sarebbe questo un altro modo di onorare la memoria di chi ha sofferto, di chi, magari, non c’è più e, allo stesso tempo, di recuperare la fiducia per un’istituzione che se la merita: questa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Francesco Silvestri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente. Ovviamente, non risponderò a chi usa il tema della Orlandi e della Gregori per attaccare politicamente il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ma voglio, però, rispondere e chiarire una cosa, collega. Come ha detto lei, non è questo il momento giusto per fare la Commissione di inchiesta: 40 anni fa era il momento giusto per fare una Commissione di inchiesta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Presidente, io, da quando ho iniziato la mia attività politica in Parlamento, forse anche per i ruoli, ho avuto la possibilità di fare tante dichiarazioni di fiducia ai Governi, su leggi di bilancio, su tanti provvedimenti, ma non le nego che oggi sento un’emozione sincera ed unica, perché siamo qui per fare un passo avanti, a fronte di tanti passi indietro, per ottenere verità e giustizia per le famiglie di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.

In quei mesi del 1983 nei quali avvenne la scomparsa, io ero bambino, non ho molti ricordi, ma, da romano, mi restano sicuramente impressi nella memoria i volti di Emanuela e Mirella ritratti nei volantini e nei manifesti affissi sui muri della mia città.

Sin da allora, mi chiedevo come fosse possibile che due ragazze potessero scomparire nel nulla e, forse, questa domanda me la porto ancora oggi. Se confermato, come credo, anche in Senato, l’avvio di questa Commissione di inchiesta sarà un’ottima notizia per tutti noi. Ma, vede, per quanto noi oggi possiamo fare un ottimo lavoro sull’istituzione di questa Commissione, nulla potrà cancellare questi 40 anni in cui lo Stato italiano, davanti alla scomparsa di due minorenni, non ha fatto tutto il possibile per ottenere giustizia per le rispettive famiglie, per le ragazze, ma, soprattutto, per la dignità di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ora si apre una pagina nuova, nella quale tutti dovremo dare il meglio di noi stessi nel convergere su un solo obiettivo, quello di giustizia e verità, partendo senza alcun pregiudizio, ma tenendo la schiena dritta su quelli che sono stati gli atteggiamenti dello Stato e le collaborazioni vaticane di quel tempo. Non interpretare questa Commissione con questo atteggiamento vorrebbe dire negare per la seconda volta, voltare le spalle per la seconda volta alla memoria di queste due ragazze e alla tenacia delle loro famiglie.

Sono 40 anni – 40 anni – che il nostro Paese si interroga su cosa è accaduto in queste vicende, sono anni che gli italiani si vedono negato il loro diritto di sapere come e se, in particolare nel caso di Emanuela, esistano legami con la P2, lo IOR, la banda della Magliana, Marcinkus, Licio Gelli, Roberto Calvi, Michele Sindona e tutti quegli “eccetera, eccetera, eccetera”, che, ovviamente, vedremo in Commissione.

Presidente, queste sparizioni sono state messe in relazione con tanti, troppi mali del nostro Paese. Un buco nero che, se mi consente, non ha inghiottito solo Emanuela e Mirella, ma si è portato dentro anche la fiducia degli italiani nelle proprie istituzioni. Quindi, restituire la verità alle famiglie vuol dire ridare una dignità a questo Paese, perché 40 anni di dolore e nessun colpevole è una cosa che non si può accettare, così è davvero brutto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Oggi, questo Parlamento ha un compito importante ed è quello di dimostrarsi immerso nella società che ha l’onore di rappresentare e di essere, come dovrebbe, megafono dell’esigenza di risposte che viene da fuori queste Aule.

Lei lo sa benissimo, Presidente, come lo sa benissimo questo Parlamento: la democrazia non è un gioco, ma è un processo maturo, che richiede cura, dedizione, partecipazione, ma, soprattutto, non prevede zone d’ombra per interessi, calcoli e paure. Chi è riuscito a nascondere la verità su Emanuela e Mirella lo ha fatto poggiando l’idea sulla convinzione che questo Paese fosse debole e che a questo Paese si potessero imporre omertà e silenzio; e, purtroppo, la storia del nostro Paese ci dice che, talvolta, questo è successo.

In questi anni, in molti hanno cercato di descrivere le storie di Emanuela e di Mirella come delle storie del passato, da archiviare. Questo è sbagliato, perché Mirella e Emanuela non sono storie, sono figlie, sono sorelle, sono ragazze, sono cittadine (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E permettere che quanto è successo a loro rimanga impunito vuol dire dare un messaggio tremendo a tutte quelle persone che si svegliano la mattina per rendere giustizia a questo Paese. Significa ammettere che lo Stato è disposto a non proteggere le persone che realmente meritano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E questo, in una società, per come la disegniamo noi, per come la vogliamo noi, non è assolutamente un messaggio che può passare.

Sono arrivato ad occuparmi di questa vicenda tramite il consiglio di una persona per me importante, che voglio ringraziare, e non vi nascondo che ho legato parte del mio percorso politico a questo risultato. E a guidare la mia convinzione è stato anche vedere la forza e la tenacia delle famiglie di Emanuela e Mirella (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Oggi, queste famiglie sono presenti in Aula ed è forse il momento in cui vorrei che questo Parlamento rivolgesse delle scuse per il tanto, troppo tempo che c’è voluto per arrivare fino a qui, oggi, ma anche un grande abbraccio per il dolore senza risposta che hanno avuto e un forte ringraziamento per la fiducia che continuano, ostinatamente, a riporre nelle istituzioni e che oggi più che mai il Parlamento e questa Commissione hanno il dovere di ripagare (Applausi del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Quindi, non posso girarmi e rivolgervi a voi, perché non vi vedo da qui, però, grazie, a nome non solo di tutto il gruppo parlamentare, ma della comunità del MoVimento 5 Stelle, per l’esempio che avete dato, perché finalmente ci stiamo mettendo sulla strada della verità e della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e le studentesse dell’Istituto comprensivo Madonna della Camera, di Monteparano, in provincia di Taranto, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Simonetta Matone. Ne ha facoltà.

SIMONETTA MATONE (LEGA). Presidente, saluto la famiglia di Emanuela Orlandi e se c’è, oppure se ci ascolta, anche quella di Mirella Gregori. La famiglia Orlandi c’era anche l’altra volta e forse sarà costretta a risentire le cose che ho già detto, ma le dirò ancora una volta, convintamente.

Va fatta una precisazione: le Commissioni d’inchiesta non possono e non devono sovrapporsi al lavoro svolto dall’autorità giudiziaria, e questo è vero, ma è altrettanto vero che noi deputati siamo qui per rappresentare chi ci ha eletto e chi ci ha eletto ha il diritto di sapere o, almeno, di cercare di sapere perché la scomparsa di due persone – poiché ancora la chiamiamo “scomparsa” – sia rimasta un crimine senza responsabili.

Io, però, non voglio attaccare alcuno, e perché dico questo? Perché non trovo corretto utilizzare l’istituzione di una Commissione d’inchiesta per fare una battaglia politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Il compito delle Commissioni d’inchiesta è diverso; non si devono sovrapporre all’autorità giudiziaria, ma devono cercare di arrivare alla scoperta della verità. Ora, al netto dei procedimenti archiviati dall’autorità giudiziaria italiana e poi riaperti, al netto dei procedimenti aperti ora dalla Santa Sede, al netto di inchieste giornalistiche, alcune fatte bene, altre meramente scandalistiche, al netto di serie televisive, docufilm, libri e articoli, l’unico dato certo è che le famiglie di Emanuela e di Mirella non hanno risposte da dare alla domanda: come e perché queste due ragazze sono scomparse, per quanto tempo sono rimaste in vita e, se non sono più in vita, dove sono i loro corpi. Sono interrogativi drammatici, enormi e ai quali noi abbiamo il dovere – prima che politico, morale – di dare una risposta o, perlomeno, di fare tutto il possibile per cercare di dare questa risposta.

Ora, le indagini sono fatte di indizi, di prove e di riscontri e noi questi indirizzi, queste prove e questi riscontri li dovremo leggere, però, lo ribadisco, con animo sereno, scevro da preconcetti, scevro da verità rivelate e già dichiarate in quest’Aula, come ho sentito nella discussione generale, cosa che io trovo addirittura inaudita, perché la Commissione d’inchiesta serve ad arrivare alla scoperta di una serie di elementi – io non posso venire qui e dire: è stato Tizio, è stato Caio, è successo questo o è successo quest’altro, da me non lo ascolterete -, con un obiettivo primario che è quello di individuare i fatti già emersi, cristallizzati nei verbali giudiziari, acquisendo elementi probatori solidi e che servono da base per le deduzioni successive. Ciò per arrivare a capire – questo lo dice proprio l’atto istitutivo della Commissione – se ci siano state condotte commissive od omissive che possono essere state di ostacolo all’accertamento giudiziario della verità, anche promuovendo, questo è importantissimo, azioni presso Stati esteri, perché qui ci sono coinvolgimenti possibili di Stati esteri, finalizzate ad ottenere elementi o altri elementi di prova utili per l’accertamento dei fatti; questo è quanto dice il testo base della proposta della Commissione. E se ci sono stati ostacoli all’accertamento della verità, dobbiamo capire da dove questi ostacoli sono pervenuti e a che cosa, soprattutto, questi ostacoli sono serviti. È un lavoro ambizioso, è un lavoro difficile, ma è una sfida che tutti noi, unitamente, in questo Parlamento, ci sentiamo di accettare. Vi sono fatti certi, dai quali si può partire per un lavoro serio della Commissione, sulla scena, però, noi dovremo tenere conto anche di ipotesi e ricostruzioni che meritano attenzione, al di là dell’aspetto apparentemente scandalistico e utilizzato per altri fini.

La natura del crimine è il punto primo dal quale partire. Emanuela cadde in una trappola organizzata, che si trasformò, in poche ore, in un sequestro di persona; la circostanza sempre sottovalutata che ci sono state altre due ragazze che erano state attenzionate e seguite e che poi vennero scartate; il processo ad Ali Agca, che ha lanciato continui messaggi, solo apparentemente deliranti; la scelta strana di Giovanni Paolo II, che fece appello al senso di umanità e di responsabilità dei rapitori, soltanto 15 giorni dopo la scomparsa della ragazza, fatto strano perché un Papa non si esprime in termini così netti nell’immediatezza del fatto; il numero riservato dato ai rapitori per poter parlare con il Segretario di Stato, all’epoca Agostino Casaroli, non è semplice avere un numero diretto per poter parlare col Segretario di Stato; l’ultima telefonata di Emanuela, in cui dà una serie di coordinate di quello che le stava accadendo, perché sarebbe stata reclutata per reclamizzare dei prodotti durante una sfilata di moda; la tesi del doppio ricatto, e cioè Emanuela Orlandi per il Vaticano e Mirella Gregori per lo Stato italiano, ricatto rivolto all’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, titolare del potere di grazia e, qui ritorniamo, ad Ali Agca; il tema, centrale, in questa vicenda, della mala gestio dei fondi vaticani, parte dei quali, questo è un dato storicamente accertato, utilizzata per sostenere Solidarność, Solidarność ha avuto un ruolo centrale nel crollo del sistema posto sotto Mosca e, anche su questo fatto, noi dovremo acquisire elementi. Ancora, le pressioni esercitate per estromettere l’arcivescovo americano Paul Marcinkus, ora scomparso; la vicenda dello IOR e del Banco Ambrosiano; i messaggi rivolti alla famiglia, gestiti, prima, da un unico soggetto e, poi, passati al Fronte Turkesh – sto elencando cose che sono, diciamo così, sul piatto, ma lo sono da un punto di vista giornalistico e di patrimonio comune -; la scomparsa di Mirella Gregori, che si lega a quella di Emanuela, perché la firma di chi ha lasciato il volantino dentro il furgone Rai ritrovato, sottoposta a perizia grafica è la stessa della lettera inviata alla famiglia Gregori; la sepoltura, di cui tutti parliamo, del corpo di De Pedis all’interno di una delle più importanti basiliche romane; la riesumazione, dopo le polemiche, del corpo di De Pedis, l’incenerimento del corpo stesso e la posizione delle ceneri, che non mi ricordo se stanno ancora nella basilica o sono state portate fuori.

La cosa più interessante, secondo me, è l’ipotesi investigativa del procuratore aggiunto Capaldo, che si occupò del caso dal 2008 al 2012, secondo la quale la malavita romana gestì la prima parte del sequestro e, poi, subentrarono altri elementi. Però, cosa accadde? Che questa indagine fu avocata dall’allora procuratore capo e archiviata. Sono interrogativi sui quali noi dovremo lavorare. Tra essi, lo strano ruolo di chi riconsegnò, dopo anni, il flauto di Emanuela ai familiari. Per tutta questa serie di considerazioni ritengo che dovremo fare un lavoro accurato, scevro da pregiudizi. La Commissione d’inchiesta non è un randello da usare sperando di uscire dal cuneo politico in cui, purtroppo, si è finiti, per scelta degli elettori, ma è uno strumento serio per dare una risposta che la politica deve dare alle famiglie Orlandi e Gregori che la chiedono da quarant’anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. È probabile che molti colleghi in quest’Aula abbiano solo un vago ricordo diretto dei fatti che sono l’oggetto di questa Commissione d’inchiesta. Probabilmente, molti non lo ricordano nemmeno perché sono nati dopo il 1983, quando, nel mese di maggio e giugno, Emanuela e Mirella scomparvero. Io avevo vent’anni e me la ricordo bene quella mattina alla fine di giugno, all’inizio dell’estate, era il primo giorno di estate. Stavo andando verso la fermata della metropolitana nel mio quartiere di Cinecittà, per andare all’università, e vidi, lungo le mura dei palazzi, un manifesto blu con una fotografia, quella di Emanuela Orlandi, che era una ragazzina poco più piccola di me. Il termine è giusto, perché eravamo poco più che bambini. Sotto, la grande scritta: “È scomparsa”. Lo stesso manifesto, riguardante Mirella Gregori, girò negli stessi giorni per Roma. Solo dopo tanti anni seppi, dalla ricostruzione di quelle ore drammatiche, che, nella notte, il fratello della ragazza – il signor Pietro Orlandi che è qui, con gli altri familiari e i suoi legali, che saluto – insieme a suo cugino avevano affisso, loro stessi, in tutta Roma quel manifesto.

Nel 1983 erano trascorsi solo 14 anni dal primo caso di rapimento di un minore mai avvenuto in Italia: parliamo di Ermanno Lavorini che era scomparso sulla spiaggia di Viareggio all’inizio del 1969 e poi era stato trovato morto e sepolto sulla stessa spiaggia, due mesi dopo. Anch’esso un caso torbido, poi in qualche modo risolto, che però avviò la triste serie dei rapimenti di minori, a fini di estorsione, per ragioni sessuali e persino per motivi politici, che hanno costellato gli anni Settanta.

Ebbene, dal caso Lavorini a quello di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori erano passati 14 anni, quasi un terzo di quelli che sono trascorsi dal 1983 a oggi. Eppure, nel 1983 molti si erano già dimenticati di Ermanno Lavorini, mentre la vicenda di Emanuela e di Mirella ancora oggi ha una forte presenza nella coscienza popolare. Il tempo ha una sua intima relatività, si dilata e si comprime a seconda delle circostanze e di quello che determinati fatti si portano dentro. Per lo stesso motivo, la stampa e i media non hanno mai smesso di occuparsi di questa vicenda, di rilanciarla, di scavare, a volte con sagacia, a volte strumentalmente, ma l’hanno tenuta viva – e il termine ha anche una speranza, se vogliamo – fino a farla diventare un cold case, il noir per eccellenza, il capolavoro dei gialli, con tutti i contorni più intriganti di questo genere letterario. Per converso, da parte delle istituzioni, cioè delle massime espressioni dello Stato italiano e di altri Stati, bisogna dirlo, sembra quasi che si sia fatto del tutto per favorire un lento oblio, per far sì che questa vicenda, della quale non si è mai riusciti a venire a capo in modo chiaro, diventasse come quei relitti che, dentro i boschi di betulla delle grandi pianure europee, vengono a poco a poco mangiati dalla natura, dalle foglie e dalla terra, fino a scomparire per sempre.

La magistratura, invero, ha cercato di andare in fondo, ha indagato, ha seguito piste ma si è sempre poi trovata davanti, alla fine, un granitico muro invalicabile nel momento in cui il suo compito doveva necessariamente completarsi con la collaborazione di altre entità come quella del Vaticano che, purtroppo – è accertato, questa non è un’anticipazione degli esiti della Commissione – in questi lunghi anni non ha mai aiutato.

Emanuela Orlandi appartiene ad una famiglia che viveva in Vaticano, tutti cittadini del Vaticano, e lei stessa è ancora oggi, a tutti gli effetti, una cittadina vaticana, non essendosi potuta accertarne la morte.

Mirella non era una cittadina vaticana ma italiana e, tuttavia, la sua scomparsa – da tante testimonianze è stato ricordato, testimonianze attendibili – è sempre stata collegata a relazioni e personaggi riconducibili alla stessa zona grigia.

Il caso delle due ragazze è stato tenuto vivo dalla forza di volontà delle famiglie e dei loro legali e dalla sensibilità popolare che, spesso, si orienta “a naso” nei suoi giudizi, con quel buon senso immortale che è molto diverso dal pregiudizio ma che si basa sul sentimento, in questo caso, di milioni di genitori, di fratelli, di sorelle che si sono identificati, nel tempo, e si sono chiesti: “Se fosse accaduto a noi?”. Essi sono liberi nel collegare i fatti, le circostanze e le situazioni e, alla fine, come diceva Pasolini, dicono dentro di loro: “Io so”. Pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela, quando ancora non si sapeva e non si poteva sapere nulla di cosa era successo, Papa Wojtyla, dal balcone del suo appartamento, durante un Angelus, rivolse un appello ai rapitori di Emanuela affinché la restituissero all’affetto dei suoi cari. Questa circostanza fu un terremoto perché fece capire che oltretevere vi era una conoscenza dei fatti, magari parziale ma chiara. Più di recente, Papa Francesco ha avuto modo di dire a Pietro Orlandi, a tu per tu, che Emanuela sta in cielo, confermando la tesi che, dietro quella porta di granito, vi sia la strada per giungere alla verità. Non vado oltre, perché ogni riferimento sarebbe arbitrario e improprio, ma questi due episodi si può ben dire che sono, al momento, l’alfa e l’omega di una storia che va ricostruita, scritta con una nuova precisione, con rigore e contando su una maggiore dose di coraggio e di amore della verità di chi, a partire da Papa Francesco, ha dimostrato in questi anni di lottare all’interno della Chiesa proprio per questo. Senza voler preordinare delle tesi, si può dire che la scomparsa delle due ragazze appartiene al ricco bouquet di fiori neri della Repubblica, a quei misteri della Repubblica che ne hanno condizionato il cammino, contribuendo non poco anche ad alimentare quella sfiducia diffusa nelle istituzioni, quella perdita di appartenenza che un popolo deve sentire sempre nei confronti delle espressioni politiche e statuali della Patria, qualunque esse siano.

Uno degli ultimi atti del Governo precedente, guidato dal professor Draghi, è stato quello di desecretare migliaia e migliaia di pagine e di documenti relativi, soprattutto, alle stragi che hanno costellato la vita del Paese ed il nuovo Governo ha annunciato l’intenzione di proseguire questo lavoro. Se davvero si vogliono costruire le condizioni di un patto nuovo tra le forze della Repubblica, una delle cose fondamentali riguarda la rilettura storica e politica indipendente delle vicende misteriose che hanno accompagnato e condizionato il nostro corso storico. Parliamo di fatti che chiaramente risultano espressione dell’altra metà della Repubblica. Emanuela e Mirella non sono scomparse così, a caso, per loro volontà, per motivazioni sporadiche. Non si può dire – ma si può dire – che sono state rapite. Come, da chi, quando, perché? Perché su di loro vi è stato un muro di granito? È vero o no che l’intreccio tra organizzazioni criminali e i livelli alti dello Stato, non solo italiano, che è stato accertato in altre circostanze come un profondo male, del quale non ci siamo mai liberati, ha operato anche in questa vicenda? Non si può continuare a trattare questa storia – e, forse, tante altre, sconosciute e persino non denunciate – come un giallo.

La verità serve a tutti e uno Stato che, come tale, ha radici secolari o addirittura millenarie, non può averne paura, pena mostrare una debolezza così forte da tradursi in un grave rischio per tutti.

Nessuno di noi, infatti, credente o meno che sia, può solo lontanamente immaginare di vivere in un mondo in cui la missione spirituale della Chiesa o quella laica di uno Stato – laico, democratico – siano offuscate o abbiano paura di cadere di fronte a verità anche dolorose. L’umanità vive di credenze civili o religiose, senza le quali tutto sarebbe trasformato in un deserto, con corpi, ma senza anime. Sono queste le motivazioni che ci hanno spinto a costituire questa Commissione.

Concludo, Presidente. Voglio ringraziare anche i Presidenti di Camera e Senato, per aver accolto, pochi mesi fa, la richiesta di incontrare le famiglie e di aver dato seguito, con solerzia, all’obiettivo di arrivare presto alla conclusione.

Uno dei momenti più intensi – concludo davvero – della rappresentazione della morte di Gesù nei Vangeli è il racconto della sua deposizione dalla croce, della sepoltura e della resurrezione: questa sequenza è la base indistruttibile del mistero della fede che ci dice che senza sepoltura non c’è resurrezione e che fa confluire nei Vangeli questa antica tradizione mediterranea di ogni civiltà, e cioè il diritto a riconoscere e a seppellire i propri cari, nella speranza che, da quel luogo, essi possano risorgere. Forse Emanuela, Mirella e le tante ragazze e ragazzi scomparsi, mai ritrovati e mai denunciati, che sono entrati, a un certo punto, nello stesso cono d’ombra, sono ancora vivi. Noi lo speriamo tutti, ma, in ogni caso, loro e i loro cari meritano un degno riposo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Saluto studenti e studentesse dell’Istituto Sacro Cuore-Trinità dei Monti, di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Augusta Montaruli. Ne ha facoltà.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Sarà mio onere intervenire a conclusione di questo articolato dibattito che si è svolto oggi durante le dichiarazioni di voto, ma che ha avuto già una fase di approfondimento in discussione generale. Non sto a ripetere le parole, condivisibili, dei discorsi di tutte le forze politiche presenti in quest’Aula. Per questo stesso motivo, non starò neanche a indicare i vari elementi di una vicenda che certamente ha già avuto la propria rilevanza, sia in quest’Aula che fuori, e che sarà necessario approfondire nell’ambito della Commissione parlamentare di inchiesta. Mi limito, però, a fare un’osservazione: io non credo – così come non lo credevo ieri, in occasione dell’istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta legata alla vicenda di David Rossi – che questa sia la sede per disquisire rispetto all’uso più o meno appropriato delle Commissioni. Esiste un Regolamento della Camera che, agli articoli 141 e 142 disciplina le Commissioni di inchiesta e, se c’è una riflessione da fare in merito all’uso che fanno, anche per prassi, la Camera dei deputati o il Senato della Repubblica, delle Commissioni di inchiesta, la sede è un’altra, ossia quella relativa al Regolamento e alla sua applicazione. Qui, invece, rileva sottolineare come noi, nella nostra funzione, oggi facciamo una scelta politica – termine che non ha usato nessuno -, di cui ci assumiamo la responsabilità, con lo scopo di approfondire proprio e in particolare questa vicenda che, da 40 anni, attendeva questo momento. È tanto più una scelta politica perché, ovviamente, di casi che necessiterebbero un approfondimento – anche per un coinvolgimento emotivo e umorale – e di una risposta alle famiglie, in Italia ne abbiamo visti probabilmente tanti. Ma cos’è che fa la differenza tra un caso e un altro, in relazione all’opportunità di istituire una Commissione di inchiesta? Cos’è che ci spinge, in questo momento, a assumerci la responsabilità di assorbire, nella nostra funzione, le stesse funzioni e gli stessi limiti dell’autorità giudiziaria, per approfondire proprio questa vicenda? Ciò che ci spinge è il fatto che esiste un interesse pubblico, che va al di là dell’interesse delle famiglie di avere giustizia e verità e che coinvolge i poteri dello Stato e la modalità con cui lo Stato regola e applica questi poteri, che eventualmente può suggerire a noi parlamentari di fare in modo di andare a toccare le maglie con cui questo potere, in particolare il potere legislativo, si muove per impedire che in futuro, oltre che, ovviamente, nel nostro tempo, ci possano essere ulteriori vicende in relazione alle quali ci sia il presentimento che lo Stato non abbia fatto abbastanza, non abbia fatto la sua parte (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia).

Questo è il motivo per cui oggi riteniamo che questa Commissione di inchiesta sia assolutamente necessaria e che addirittura – mi permetto di dirlo, condividendo le parole di chi mi ha preceduto – arrivi in estremo ritardo. Con questa consapevolezza quindi – perché è necessario esserne consapevoli – ci uniamo ai saluti rispetto alla famiglia, che vedo in tribuna, ma voglio anche lanciare il messaggio che qui non si tratta del rapporto di una singola famiglia con una vicenda che la riguarda nel suo intimo; quella vicenda non riguarda solo quella famiglia e la sua sofferenza, ma le modalità con cui il nostro Stato e i poteri dello Stato hanno agito e possono eventualmente agire per fare in modo che vicende simili a quelle che hanno coinvolto Emanuela Orlandi e Mirella Gregori non si vadano a ripetere, oltre che ovviamente per fare luce e verità, verità con la V maiuscola. Quindi, di questa scelta politica oggi noi ci prendiamo l’assoluta responsabilità, sapendo che 40 anni sono un tempo troppo lungo per restituire giustizia e che questa vicenda coinvolge, non soltanto una famiglia, ma tutti gli italiani e l’Italia intera. Ricostruire, audire, vagliare i vari documenti ed eventualmente acquisirne di nuovi: questo sarà il compito dei vari commissari, perseguendo l’interesse pubblico.

Una cosa mi preme dire: in fase di vaglio, c’è stato, a un certo punto, il timore che vi potessero essere ritardi: oggi c’è un’ampia convergenza, se non un’unanimità – lo vedremo poi, con il voto – rispetto alla necessità di questa Commissione e il vaglio di questa Commissione sta rispettando i tempi che ci eravamo prefissati.

Quindi, l’auspicio, oggi, non è soltanto quello di fare un lavoro utile e approfondito, ma anche di dare, per quanto possibile, tempi certi – non scadenze, ma tempi certi -, affinché finalmente una vicenda che coinvolge tutti noi possa avere l’attenzione che merita, anche nel rispetto delle nostre funzioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

Colleghi, prima di indire la votazione finale, saluto anch’io – come hanno fatto molti di voi, in dichiarazione di voto – i familiari di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, che hanno assistito ai nostri lavori dalle tribune (Applausi – l’Assemblea e i membri del Governo si levano in piedi).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 665-A: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori”.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Approvazione Commissione

La Camera approva (Vedi votazione n. 7) (Applausi).

Dichiaro così assorbite le proposte di legge nn. 879-880.

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