Emanuela Orlandi: Video – Commissione parlamentare seduta del 20/03/2023.

Iter ed esame della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi:

SEDUTA DEL 20 MARZO 2023

 Le sedute e gli esami sulle Discussioni in assemblea sui lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi di iniziativa parlamentare (senza iter al Senato) assegnata in sede Referente alla I Commissione Affari Costituzionali il 27 gennaio 2023. Vedasi Testo Proposta di leggeDossier.

 

 

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XIX LEGISLATURA

Resoconto stenografico dell’Assemblea

Seduta n. 71 di lunedì 20 marzo 2023

Discussione della proposta di legge: Francesco Silvestri e Ascari: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori” (A.C. 665-A​) e delle abbinate proposte di legge: Zaratti; Morassut ed altri (A.C. 879​-880​) (ore 15,14).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 665-A: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori” (A.C. 665-A​) e delle abbinate proposte di legge nn. 879-880.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 marzo 2023 (Vedi l’allegato A della seduta del 17 marzo 2023).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l’ampliamento.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire, in sostituzione della relatrice, il deputato Riccardo De Corato, vicepresidente della Commissione.

RICCARDO DE CORATOVicepresidente della I Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l’Assemblea avvia oggi l’esame della proposta di legge Francesco Silvestri e Ascari n. 665-A e delle abbinate proposte di legge Zaratti n. 879 e Morassut n. 880, recanti l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Si tratta di proposte di legge per le quali è stata deliberata l’urgenza in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

Per quanto riguarda l’esame in sede referente, rammento che la Commissione affari costituzionali ha avviato, il 15 febbraio 2023, l’esame della proposta di legge Francesco Silvestri n. 665, che affida alla Commissione d’inchiesta il compito di indagare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a Roma il 22 giugno 1983, quando la ragazza aveva 15 anni, in circostanze mai chiarite.

Nel corso dell’esame, sono state abbinate le proposte di legge Morassut n. 880 e Zaratti n. 879, vertenti su identica materia. Nella seduta del 23 febbraio, la Commissione ha quindi deliberato di adottare quale testo base per la successiva attività istruttoria la proposta di legge Francesco Silvestri n. 665. L’esame in sede referente è, quindi, proseguito con l’approvazione di alcuni emendamenti che hanno, in particolare, esteso l’ambito dell’indagine della Commissione parlamentare di inchiesta anche alla scomparsa di Mirella Gregori, in considerazione della connessione tra le due vicende, non solo da un punto di vista temporale, trattandosi di scomparse avvenute negli stessi giorni, ma anche perché, dallo sviluppo delle indagini giudiziarie e delle inchieste giornalistiche, sono emersi intrecci molto profondi con personaggi che paiono essere protagonisti di entrambe le vicende.

Per quanto riguarda il contenuto del testo oggi all’esame dell’Assemblea, quale risultante dalle proposte emendative approvate, faccio presente che, in base all’articolo 1 della proposta di legge, la Commissione d’inchiesta, istituita ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, per la durata della XIX legislatura, dovrà: a) ricostruire e analizzare in maniera puntuale la dinamica della scomparsa di Emanuela Orlandi e quella della scomparsa di Mirella Gregori; b) verificare ed esaminare il materiale e i dati acquisiti attraverso le inchieste giudiziarie e le inchieste giornalistiche riguardanti la scomparsa di Emanuela Orlandi e quella di Mirella Gregori; c) esaminare e verificare fatti, atti e condotte, commissive oppure omissive, che possano aver costituito ostacolo o ritardo, o avere portato ad allontanarsi dalla ricostruzione veritiera dei fatti, necessari all’accertamento giurisdizionale delle responsabilità connesse agli eventi, anche promuovendo azioni presso Stati esteri, finalizzate ad ottenere documenti o altri elementi di prova in loro possesso che siano utili alla ricostruzione della vicenda; d) verificare, mediante l’analisi degli atti processuali e del materiale investigativo raccolto negli anni, quali criticità e circostanze possano aver ostacolato il sistema giudiziario nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità.

Al termine dei propri lavori, la Commissione presenterà una relazione sui risultati dell’inchiesta e potranno essere presentate anche relazioni di minoranza.

Quanto alla composizione della Commissione, l’articolo 2 prevede un totale di 40 componenti, 20 senatori e 20 deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di almeno un senatore per ciascun gruppo presente in Senato e di un deputato per ciascun gruppo presente alla Camera. La proposta di legge stabilisce, poi, che i componenti della Commissione debbano dichiarare alla Camera di appartenenza di non aver ricoperto e di non ricoprire ruoli nei procedimenti giudiziari oggetto dell’inchiesta (articolo 2, comma 2).

L’articolo 2 prevede, inoltre, che la Commissione sia convocata, per la costituzione dell’ufficio di presidenza, composto da un presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, dai Presidenti delle due Camere, entro 10 giorni dalla nomina dei suoi componenti e che, per le elezioni del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, prevalendo, in caso di parità di voti, il più anziano di età.

L’articolo 3 disciplina le audizioni a testimonianza, rese davanti alla Commissione, prevedendo l’applicazione degli articoli 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (falsa testimonianza) del codice penale. La proposta dispone, inoltre, la non opponibilità alla Commissione, limitatamente ai fatti oggetto d’inchiesta, del segreto d’ufficio, professionale e bancario, precisando, altresì, che è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale. Per il segreto di Stato, trova applicazione la normativa dettata dalla legge n. 124 del 2007.

L’articolo 4 della proposta richiama quanto già previsto dall’articolo 82, secondo comma, della Costituzione, in merito alla possibilità per la Commissione di procedere alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Come di consueto, la proposta stabilisce ulteriori limitazioni, prevedendo che la Commissione non possa adottare provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché la libertà personale, fatto salvo l’accompagnamento coattivo, di cui all’articolo 133 del codice di procedura penale.

Nelle materie attinenti all’inchiesta, la Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, in deroga all’articolo 329 del codice di procedura penale, che copre con il segreto gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Si riconosce, altresì, che l’autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa. L’autorità giudiziaria provvede tempestivamente rispetto alla richiesta, potendo, con decreto, ritardare la trasmissione solo per ragioni di natura istruttoria. Quando tali ragioni vengono meno, l’autorità giudiziaria provvede, senza ritardo, a trasmettere quanto richiesto.

La proposta di legge prevede, inoltre, una clausola che vincola la Commissione a mantenere l’eventuale regime di segretezza degli atti ricevuti coperti dal segreto. Nel caso in cui la Commissione intenda svolgere accertamenti o acquisire documenti fuori dal territorio dello Stato, trovano applicazione le pertinenti disposizioni del capo II del titolo III del libro undicesimo del codice di procedura penale (articoli 727 e seguenti), che reca le norme sulle rogatorie all’estero, nonché dei trattati internazionali.

L’articolo 5 della proposta di inchiesta prevede, come di consueto, che i componenti della Commissione, i funzionari, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, siano tenuti all’obbligo del segreto su tutti gli atti e i documenti che la Commissione ha acquisito ai fini dell’inchiesta e soggetti a regime di segretezza. La violazione dell’obbligo del segreto e la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta, dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite, ai sensi dell’articolo 326 del codice penale (rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio), salvo che il fatto non integri un più grave reato.

Per quanto riguarda l’organizzazione dei lavori della Commissione di inchiesta, l’articolo 6 della proposta prevede l’approvazione di un regolamento interno, afferma il principio della pubblicità delle sedute, ferma restando la possibilità di disporre diversamente, e consente alla Commissione di avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni ritenute necessarie, secondo quanto stabilito in materia dal regolamento interno della Commissione, che dovrà fissare il tetto massimo delle collaborazioni.

Per l’espletamento delle funzioni della Commissione, si prevede che essa fruisca di personale, locali e strumenti operativi, posti a disposizione dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro, e che le spese per il funzionamento della Commissione, quantificate in 50.000 euro all’anno, siano poste a carico, in parti uguali, dei bilanci di Camera e Senato.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di farlo successivamente. È iscritto a parlare il deputato Roberto Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ci sono vicende che hanno percorso la storia della nostra Repubblica che sono rimaste coperte da un oblio, che non hanno avuto né hanno trovato spiegazioni, che non hanno trovato soluzioni giudiziarie. Sono molte queste vicende, diventate casi, casi giudiziari, prima, e, successivamente, persino casi di letteratura noir, giallistica. Però, hanno condizionato molto la vita della nostra Repubblica e hanno anche intaccato, in una certa misura, il senso di fiducia del rapporto tra il popolo e le istituzioni, il funzionamento di uno Stato, la sua efficienza, soprattutto quando si tratta di svelare casi complessi di carattere giudiziario in cui ci sono risvolti di omicidi e in cui ci sono delitti contro la persona. Sono la base di un rapporto di fiducia che, purtroppo, in molti casi non è stato possibile difendere.

Queste vicende sono state numerose, ma quella di cui parliamo oggi e di cui si occuperà la Commissione di inchiesta, che verrà discussa e votata dal Parlamento nelle prossimi settimane, qui alla Camera e, successivamente, al Senato, rappresenta, tra tutte queste vicende, forse quella più importante, non soltanto per la diretta ricaduta sulla vita delle persone coinvolte e sulle loro famiglie – e colgo l’occasione di salutare i familiari e i legali delle famiglie Orlandi e Gregori, presenti qui oggi e assistono al nostro dibattito -, ma anche perché questo caso va nella profondità degli aspetti e dei risvolti oscuri, possiamo dire misteriosi, della vita della nostra Repubblica nel dopoguerra, di quel non detto, di quel non fatto e di quel non successo che hanno lasciato aperte tante domande, delimitando anche la forza delle nostre istituzioni e, anzi, comprimendola.

Sono dolori privati che, in realtà, hanno segnato e segnano la storia di un Paese e che spesso hanno corso il rischio (o sono terminati o si sono così conclusi) di perdersi nel labirinto dei misteri. Ora, il fatto che si voti l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sui casi di due giovanissime donne, due adolescenti, poco più che bambine, che hanno visto le proprie vite interrotte nel mistero – sono state rapite e fatte scomparire – è molto importante. Parliamo di Emanuela Orlandi, nata il 14 gennaio del 1968 e scomparsa il 22 giugno del 1983.

Presidente, posso chiedere di passare la parola ad un altro collega e, poi, riprendere successivamente?

PRESIDENTE. Grazie, onorevole. È iscritta a parlare la deputata Alice Buonguerrieri. Ne ha facoltà.

ALICE BUONGUERRIERI (FDI). Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, viene oggi discussa in Aula la proposta di legge volta ad istituire, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione bicamerale d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Due vicende fra loro intrecciate, non soltanto, come diceva anche il relatore prima di me, dal punto di vista temporale, trattandosi di scomparse l’una a poca distanza dall’altra, ma anche per i personaggi coinvolti che, in base se non altro alle ricostruzioni giudiziarie, alle ricostruzioni giornalistiche, figurano come protagonisti in entrambe le vicende.

Due storie indubbiamente complesse, connotate da molti depistaggi, strumentalizzazioni, speculazioni, dossier spariti, dossier negati, presunte trattative, ipotesi su mandanti, esecutori, protagonisti e comparse, in cui le uniche tristi certezze sono la scomparsa delle due ragazze, l’esistenza di due casi ancora irrisolti e la presenza di padri, madri, fratelli, sorelle, parenti e amici – anch’io colgo l’occasione per salutare la famiglia di Emanuela Orlandi, qui presente – che non si sono mai arresi e che hanno continuato a perseguire, nonostante questo comportasse l’aggiunta di grandi sofferenze alla sofferenza principale, quella della scomparsa, una verità ancora, purtroppo, non raggiunta e che hanno vissuto un dramma ancora, purtroppo, non finito. Allora, riavvolgere il nastro su queste due tragiche vicende per noi è doveroso.

Emanuela Orlandi, un nome diventato familiare per molte generazioni di italiani. La sua scomparsa è un mistero da ormai quarant’anni, da quel 22 giugno del 1983, quando la ragazza aveva 15 anni e si trovava a Roma. Di lei, cittadina dello Stato del Vaticano, si è parlato, letto, scritto davvero tanto. Si sono susseguite inchieste della magistratura italiana, come sappiamo, aperte e poi archiviate; si sono succedute tante inchieste giornalistiche, con ricostruzioni più o meno supportate da riscontri fattuali, sino ad arrivare alla notizia più recente, del 9 gennaio scorso, dell’avvio di nuove indagini da parte della magistratura vaticana, con lo scopo, da quanto si legge, di scandagliare fascicoli, documenti, di verificare atti e segnalazioni e di interrogare testimoni, con l’obiettivo di ricercare la verità.

Mirella Gregori: vicenda che ha avuto probabilmente meno risalto mediatico rispetto a quella di Emanuela Orlandi, ma che presenta, come abbiamo detto, tratti comuni con questa, a partire dai protagonisti della vicenda che, a quanto è dato sapere, pare coincidano, a seguire con il tempo della scomparsa, avvenuta il 7 maggio del 1983, dunque poco più di un mese prima rispetto alla scomparsa di Emanuela Orlandi, quando Mirella uscì di casa, riferendo alla madre di avere un appuntamento con un suo vecchio compagno di scuola, senza purtroppo più farvi rientro.

Quarant’anni alla ricerca della verità mai raggiunta sono un tempo infinito, infinito soprattutto per chi quella verità non ha mai smesso di cercarla e, allora, il Parlamento può dare il suo contributo, senza per questo sostituirsi o sovrapporsi alla magistratura, e può farlo con l’approvazione della proposta di istituzione di una Commissione bicamerale d’inchiesta che ha tra i suoi obiettivi – rimarcando quelli principali, perché sul punto è già intervenuto il relatore, prima di me -, anzitutto, quello di ricostruire e analizzare la dinamica dei due rapimenti, verificare ed esaminare tutti i documenti e gli elementi acquisiti attraverso le inchieste della magistratura e le inchieste giornalistiche, esaminare i fatti, gli atti, le condotte commissive e omissive che possono aver ostacolato la ricostruzione della verità dei fatti, anche promuovendo azioni presso Stati esteri, al fine di recuperare documenti ed elementi di prova eventualmente in loro possesso, utili alla ricostruzione dei fatti. E come? Ovviamente procedendo alle indagini, e questo lo dice la proposta di legge stessa, e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, i cui componenti, ritornando alla Commissione, 20 deputati e 20 senatori, sono tenuti a dichiarare alla Presidenza della Camera di appartenenza di non aver ricoperto o di non ricoprire ruoli nei procedimenti giudiziari relativi ai fatti oggetto dell’inchiesta. Precisazione questa, ci tengo a dirlo, introdotta durante i lavori di Commissione, proprio a garanzia, anche questa, di imparzialità e a garanzia di un corretto svolgimento dei lavori alla ricerca della verità.

Si tratta di una Commissione fortemente sostenuta da Fratelli d’Italia sin dal principio, i cui lavori parlamentari, iniziati in Commissione affari costituzionali il 15 febbraio scorso, sono proseguiti speditamente; una Commissione che noi riteniamo possa contribuire in modo decisivo a far definitiva luce su queste due tragiche vicende che, purtroppo, non costituiscono casi isolati. Mi riferisco, per esempio, a Chiara Bolognesi e a Cristina Golinucci che, senza voler creare analogie con le vicende oggi in discussione, sento il dovere in questa sede di ricordare, trattandosi di casi altrettanto tragici e irrisolti legati alla mia terra, la città di Cesena: due ragazze di 18 e 21 anni che avevano frequentato la stessa scuola, che avevano frequentato gli stessi ambienti di volontariato e religiosi, accomunate da una fine misteriosa, anche loro a distanza di due mesi, l’una dall’altra, più di trent’anni fa. Chiara sparì il 7 ottobre 1992, il suo corpo è stato ritrovato successivamente nel fiume Savio e, invece, di Cristina non si è saputo più nulla.

Si tratta di storie, anche queste, che sono oggetto di una nuova indagine, aperta in questo caso dalla procura di Forlì, e che ho voluto ricordare simbolicamente anche per onorare la memoria di tutti quei bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne scomparsi e mai più ritrovati o sui quali pendono ancora molte domande che ancora, purtroppo, non hanno risposte.

Allora – e concludo, Presidente – l’auspicio è che, con questa Commissione parlamentare d’inchiesta, possa farsi definitiva luce sui tragici eventi che hanno coinvolto Emanuela Orlandi e Mirella Gregori e si possano restituire finalmente verità e giustizia alle loro famiglie e all’intera collettività (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia).

PRESIDENTE. Mi pare vi siano le condizioni perché il collega Morassut prosegua il suo intervento. Prego, onorevole.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Mi scuso anche con i colleghi. Come dicevo, Emanuela Orlandi scomparve il 22 giugno del 1983 e Mirella Gregori il 7 maggio, praticamente poco più di un mese prima.

Parlando della vicenda di Emanuela Orlandi, intorno alle 16,30 di quel giorno, il 22 giugno, primo giorno d’estate, Emanuela Orlandi uscì dall’appartamento in cui viveva con la famiglia in via di Sant’Egidio, all’interno della Città del Vaticano, per andare presso l’Istituto Tommaso Ludovico Da Victoria, in piazza Sant’Apollinare, dove studiava flauto traverso. In una telefonata a casa, Emanuela raccontò alla sorella Federica di essere stata avvicinata da un uomo, il quale le aveva proposto di partecipare ad una sfilata, che l’atelier Fontana avrebbe tenuto a Palazzo Borromini, per distribuire del materiale per la Avon. Quel pomeriggio aveva un appuntamento con la sorella, in un luogo poco distante dal Vaticano, ma non si presentò mai. Dalle 7,20 del pomeriggio, quindi dalle 19,20 del 22 giugno, di lei si è persa ogni traccia.

Il caso divenne presto uno degli episodi più misteriosi della storia italiana. Come detto, moltissimi furono i personaggi che, a contorno, si presero la scena, sempre in bilico tra il depistaggio, la mitomania, lo sciacallaggio, elementi distorcenti attraverso i quali intravedere brandelli di verità, utilizzando la disperazione e la speranza di una famiglia che, però, in questi quarant’anni di via crucis, non ha mai perso la determinazione e ancora oggi chiede che si arrivi alla verità sul caso.

Allora, furono continue le telefonate alla famiglia, per segnalare quello che in realtà i testimoni non avevano mai visto, fino al disvelamento del presunto rapitore, l’“americano”, così chiamato per il suo accento, che in una delle innumerevoli telefonate disse che, se le autorità italiane non avessero rilasciato Mehmet Ali Ağca, l’attentatore che due anni prima aveva cercato di uccidere Papa Giovanni Paolo II sulla piazza di San Pietro, Emanuela sarebbe stata uccisa.

Questa vicenda assunse presto una grande rilevanza internazionale mediatica; infatti, a meno di due mesi dalla denuncia di scomparsa, si profilò l’ipotesi di un sequestro di matrice terroristica. Da allora le tesi e le ipotesi si sono rincorse, si sono sovrapposte, anche disordinatamente. Il quadro degli eventi è risultato presto frantumato in una pluralità spesso contraddittoria di voci, riconducibili a gruppi eterogenei dai fini indecifrabili, il cui fattore comune sembra rappresentato dall’uso strumentale delle notizie divulgate.

La storia di Emanuela si intreccia, dunque, con quella di un’altra ragazza coetanea, cittadina italiana però, scomparsa nello stesso periodo e mai ritrovata, Mirella Gregori. Le due vicende per un momento si sovrappongono, sembrano accomunate da una stessa sorte.

Mirella Gregori, quattordicenne, scompare il 7 maggio 1883, 40 giorni prima della scomparsa di Emanuela. Quel giorno Mirella esce di casa dicendo alla madre che ha un appuntamento con un vecchio compagno di classe. Da quel momento anche la famiglia di Mirella non ha più notizie. La madre di Mirella, durante una visita del Papa in una parrocchia romana, il 15 dicembre 1985, riconobbe in un uomo della scorta una persona che spesso andava a prendere la figlia a casa. Forse, lo stesso uomo che è stato visto con Emanuela Orlandi pochi giorni prima della sua scomparsa? La madre della ragazza viene contattata a quel punto da un uomo che si qualifica come appartenente allo stesso gruppo dei sequestratori di Emanuela e che, dopo un po’ di tempo, le comunicò queste parole: “Non abbiamo nulla da fare”.

I messaggi di richieste e di ultimatum raggiunsero la stampa americana e quella italiana, con sigle di organizzazioni terroristiche, le più diverse, tutte riassumibili con il linguaggio investigativo della cosiddetta pista turca. In questa sede, naturalmente, non possiamo ricostruire né esaurire tutte le fasi e le incongruenze – la Commissione avrà questo compito – non ultima quella che riguarda le notizie secondo cui il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare, l’allora Sismi, avrebbe indagato sulla scomparsa di Mirella Gregori e su quella di Emanuela Orlandi e che la documentazione relativa alle indagini, collocata in tre faldoni secretati, sembrerebbe sparita nel nulla. La procura della Repubblica di Roma ne avrebbe disposto l’acquisizione, ma tale documentazione non sarebbe mai stata consegnata per confluire negli atti dell’indagine.

Se tutto ciò fosse veramente accertato – queste sono le notizie emerse nel corso del tempo -, starebbe ad indicare un’attività di inchiesta molto approfondita, fatta direttamente dal Sismi, senza che la famiglia ne fosse stata mai avvisata. Era invece accaduto diversamente con il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica, l’altro servizio segreto, il Sisde.

Nel settembre 1993, il magistrato allora impegnato nelle indagini sui mandanti dell’attentato a Papa Wojtyla decise di acquisire del materiale presso la sede dei servizi segreti militari. In quell’occasione, i Carabinieri si sarebbero imbattuti in una quantità estremamente consistente di documenti, distribuiti in 18 faldoni, 3 dei quali riguardanti i casi Gregori e Orlandi. Gli investigatori annotarono su due di essi il cognome Orlandi e, sull’altro, Orlandi-Gregori, ma tale documentazione non è stata mai consegnata.

La Commissione avrà, tra i suoi compiti, quello di ricostruire ed analizzare in maniera puntuale la dinamica della scomparsa o rapimento, rapimento o scomparsa, di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, di verificare ed esaminare il materiale e i dati acquisiti attraverso le inchieste giudiziarie e giornalistiche e di esaminare e verificare i fatti, gli atti e le condotte, commissive oppure omissive, che possono aver costituito un ostacolo o un ritardo o aver portato ad allontanarsi dalla ricostruzione veritiera dei fatti.

Anche promuovendo azioni presso Stati esteri, finalizzate ad ottenere documenti con altri elementi, la Commissione avrà il compito di verificare, mediante l’analisi degli atti processuali e del materiale investigativo raccolto negli anni, quali criticità e circostanze possano aver ostacolato il sistema giudiziario nell’accertamento dei fatti.

La Commissione parlamentare può chiarire molteplici anomalie avvenute nel corso di questi quarant’anni di indagine sulla sparizione delle due ragazze, in particolare può far luce su alcuni aspetti fondamentali. Sul caso Orlandi, lo Stato italiano per tre volte ha inviato rogatorie internazionali per chiarire i ruoli di alcuni esponenti apicali della Santa Sede, ma non sono mai andate a buon fine. Il Vaticano, di fatto – lo si può dire perché risulta dalle vicende -, non ha mai consentito che i propri uomini, laici, chierici o con ruoli importanti, deponessero davanti ai magistrati della procura di Roma, uomini che, invece, hanno collaborato attivamente alle indagini, sempre condotte dalla procura, sull’attentato di Papa Giovanni Paolo II.

Nel 2012 è avvenuto un incontro – ed è stato confermato anche in sede di testimonianze giudiziali – presso la Santa Sede tra magistrati italiani ed emissari della Santa Sede, che avrebbe avuto ad oggetto uno scambio: la restituzione dei resti di Emanuela da parte del Vaticano, a patto che la procura imbastisse una storia che togliesse ogni responsabilità da parte della Santa Sede sulla scomparsa della ragazza. Riporto naturalmente traduzioni di stampa. Questa presunta trattativa, se è avvenuta, va assolutamente approfondita e verificata.

Vi è stata una possibile manipolazione su un’audiocassetta del 17 luglio 1983, quindi nemmeno un mese dopo la scomparsa, recante prove importanti sulla voce di Emanuela. L’audiocassetta non esiste più agli atti in procura. Sarebbe importantissimo recuperarla, perché, con la tecnologia attuale, l’analisi della videocassetta originale potrebbe fare emergere e analizzare diverse voci maschili non considerate all’epoca dei fatti.

Emanuela fu rapita, ormai se ne ha una certezza. Noi parliamo di scomparsa, ma possiamo parlare di rapimento. Da alcune evidenze, infatti, emerge che vi fu una rivendicazione del suo rapimento da parte dei rapitori che ottennero addirittura una linea riservata con la segreteria di Stato della Santa Sede, un evento questo che sicuramente presenta caratteri di estrema eccezionalità, poiché vede cariche altissime dello Stato Vaticano trattare in prima persona, senza intermediazione, con i cosiddetti rapitori di una cittadina. Naturalmente – lo abbiamo ricordato – furono coinvolti apparati e pezzi delle istituzioni italiane, Sisde e Sismi, apparati di Polizia e di sicurezza. Ciò nonostante, però, i depistaggi, le omissioni e le manipolazioni sono state moltissime.

Con l’intervento del Parlamento ci auguriamo di poter aprire un varco nel fitto bosco delle incertezze che si sono verificate nel tempo, per dare una risposta ai familiari, ma anche alla coscienza popolare di migliaia di romani e di italiani di ogni generazione che si sono alternati, che sono venuti a conoscenza dei casi nel corso di questi 40 anni.

La storia italiana è piena di storie di casi irrisolti, di omicidi che hanno dato il senso di una coscienza interrotta nel rapporto con la nostra Repubblica. Con questo lavoro noi vogliamo, quindi, contribuire anche a trovare una via di lettura alla storia della nostra Repubblica, e fare in modo che dalla possibile capacità di illuminare questi fatti esca fuori non solo una risposta ai familiari, che è la cosa più importante, ma anche la rilettura di un pezzo fondamentale della nostra storia, della nostra Repubblica, senza il quale non è possibile costruire nuove istituzioni più trasparenti e più credibili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Presidente, colleghe, colleghi, “mamma, torno tra poco”, ma da allora sono trascorsi quasi 40 anni. Era il 7 maggio 1983 quando la quindicenne Mirella Gregori si allontanava da casa, in via Nomentana n. 91. Da quel momento tantissime ombre e pochissime luci hanno caratterizzato l’intricata vicenda che ha inghiottito la ragazza e la sua intera famiglia. Dopo poche settimane, e precisamente il 22 giugno dello stesso anno, scompariva, sempre da Roma, Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di 15 anni, rapita all’uscita dalla scuola di musica che frequentava in piazza Sant’Apollinare e mai più ritrovata.

Diversi i punti di collegamento tra le due tragedie. Le indagini fin da subito assunsero toni inquietanti, con assenza di risposte, telefonate anonime, missive e comunicati ai familiari delle ragazze, piste false e inconcludenti, ipotesi di rapimento con finalità terroristiche e politiche. Nessun punto fermo, nessuna verità. Il telefono del bar in cui lavorava la famiglia di Mirella Gregori purtroppo venne messo sotto controllo troppo tardi, sicuramente dopo la sconvolgente telefonata del 24 settembre 1983 che descriveva a Filippo, cognato di Mirella, addirittura l’abbigliamento della giovane scomparsa.

La scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori avvenne in un periodo caratterizzato da gravi tensioni all’ombra del Vaticano e su entrambi i casi si accese immediatamente un faro ai più alti livelli istituzionali. Per quanto riguarda Emanuela, lo stesso Papa Giovanni Paolo II intervenne con un appello pubblico per la liberazione della figlia del commesso pontificio neanche due settimane dopo la scomparsa. Poi il Fronte Turkesh, il telefonista cosiddetto americano, la possibile trattativa finalizzata alla consegna e liberazione del terrorista attentatore del Papa, Ali Agca, nonché un’importante casa di cosmetici presso cui anche Mirella Gregori aveva iniziato a fare qualche lavoretto sembravano creare uno stretto collegamento tra le due vicende.

Tanti i nomi dei soggetti chiamati in causa nel tempo: la Città del Vaticano, la Repubblica Italiana, l’Istituto per le opere di religione, il Banco Ambrosiano, i servizi segreti di almeno una dozzina di Paesi diversi, la banda della Magliana e un numero imprecisabile di organizzazioni terroristiche internazionali. Diversi i procedimenti che hanno cercato di dare spiegazioni, di fare chiarezza e di ricostruire in modo analitico i fatti. Niente da fare, purtroppo, tutto si è sempre dissolto in richieste di archiviazione.

Nel tempo sono state vagliate anche piste autonome ed esclusive che, se tempestivamente sviluppate, avrebbero potuto dare dei chiarimenti sul come, sul perché, sul chi, rispetto a due tragedie umane e familiari. La pista legata a quell’uomo che si occupava della sicurezza del Papa, che viene riconosciuto da mamma Vittoria in quell’incontro del 15 dicembre 1985 nella chiesa di San Giuseppe, dove, alla presenza del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, i genitori di Mirella vennero chiamati a partecipare, riaccese le speranze di arrivare alla verità. Quel personaggio, indicato da mamma Vittoria, era un uomo che secondo la donna avrebbe parlato con Mirella sotto al bar dei genitori di Sonia, intima amica di Mirella, che risulta essere una delle ultime persone che in quel caldo pomeriggio di primavera del 1983 ha visto e parlato con la ragazza.

Ci si chiede ancora oggi il perché e il come mai questo soggetto sia stato sentito dagli inquirenti solo 8 anni dopo, nell’ottobre del 1993, dall’indicazione fatta dalla signora Vittoria, che, purtroppo, alla presenza dei magistrati, ormai seriamente malata, disse di non riconoscere più quel signore. Dopo l’incontro con i magistrati, il predetto, in una comunicazione con la moglie fedelmente intercettata, parla di tre o quattro soggetti, di tre o quattro “praticoni” che potrebbero in qualche modo essere custodi di segreti relativi alla scomparsa della giovane donna. L’uomo, che abitava in una via molto vicina alla casa di Mirella Gregori, fra l’altro – ed ecco, ancora, un nesso con la vicenda di Emanuela Orlandi – prima di raggiungere l’ufficio della procura, parlando con il proprio capo della gendarmeria, fa riferimento proprio a Emanuela Orlandi. Infatti, viene istruito su come comportarsi nel momento in cui avrebbe risposto alle domande degli inquirenti.

Quanta verità potrebbe ancora essere ricostruita da un’attenta lettura e un serio sviluppo di quel documento del Sisde della fine di ottobre del 1983 che raccoglie il lavoro di un agente dei servizi all’interno del Bar Italia, che descrive una conversazione fra Sonia, amica intima di Mirella, e un’altra giovane donna, le quali dicono: “Certo, lui ci conosceva, contrariamente a noi che non lo conoscevamo. Come ha preso Mirella, poteva prendere anche me”.

Non c’è stato nessun approfondimento rispetto a tutto ciò, nessuna ulteriore indagine. Dove c’è un mistero c’è quasi sempre un infinito dibattito. La situazione si intreccia, le voci si sovrappongono e, a ogni giro, c’è un nuovo nodo da sciogliere. Così sono trascorsi 40 anni con tanto tempo perso e un progressivo allontanarsi dal centro della questione.

Anche alla luce della decisione del Vaticano di riaprire le indagini sul caso Orlandi, la Commissione parlamentare d’inchiesta che con questa proposta di legge si intende istituire – lo voglio ricordare, proposta di legge di impulso del MoVimento 5 Stelle, a prima firma del collega Francesco Silvestri, che già nella scorsa legislatura, da subito, aveva presentato la proposta di legge e che, in questa legislatura, finalmente diventa realtà – può contribuire a chiarire molteplici anomalie avvenute nel corso di questi 40 anni di indagine sulla sparizione di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi.

In particolare, può fare luce su due aspetti fondamentali: i rapporti tra lo Stato Vaticano e quello italiano e gli interventi, non sempre chiari, degli apparati dello Stato italiano nel corso delle indagini.

Riguardo al primo punto, lo Stato italiano, per tre volte, ha inviato rogatorie internazionali per chiarire i ruoli di alcuni esponenti apicali della Santa Sede nella scomparsa di Emanuela, ma non sono mai andate a buon fine. Il Vaticano, di fatto, non ha mai consentito che i propri uomini, laici e chierici, che avevano ruoli importanti, deponessero davanti ai magistrati della procura di Roma, uomini che, invece, hanno collaborato attivamente alle indagini, sempre condotte dalla procura di Roma, sull’attentato a Giovanni Paolo II. Va rammentato, anche in quest’Aula del Parlamento, che l’articolo 1 dei Patti Lateranensi parla di reciproca e leale collaborazione e cooperazione tra i due Stati, cooperazione che, invece, c’è stata in senso inverso nelle indagini che il Vaticano ha condotto negli ultimi anni. Si veda, per esempio, l’arresto della signora Cecilia Marogna nel cosiddetto processo di Londra, attualmente in corso in Vaticano, per conto delle autorità vaticane sul territorio italiano.

Nel 2012, è avvenuto un incontro tra magistrati italiani e emissari della Santa Sede, che avrebbe avuto ad oggetto uno scambio scellerato, abominevole: la restituzione dei resti di Emanuela da parte del Vaticano, a patto che la procura imbastisse una storia-verità che togliesse ogni responsabilità da parte della Santa Sede sulla scomparsa della ragazza. Questa presunta trattativa va assolutamente approfondita non solo per i fatti gravissimi di cui si è detto, ma anche per lo spessore istituzionale delle persone che sarebbero coinvolte: magistrati italiani e comandante e vice comandante della Gendarmeria vaticana. Rappresentanti delle istituzioni di due Stati avrebbero discusso della restituzione dei resti di Emanuela alla famiglia, a patto di essere esonerati da responsabilità. Nonostante si parli di questa vicenda da anni, non è mai stato aperto un fascicolo e questo deve fare riflettere. Innanzitutto, la prima domanda: perché non è mai stato fatto? Forse, a tutela di chi?

Sempre nel 2012, vi è stato un conflitto palese nella gestione delle indagini tra l’allora capo della procura di Roma e il magistrato che si occupava delle indagini. L’allora capo della procura di Roma, a seguito di evidenti e pubbliche divergenze, ha deciso di coordinare personalmente le indagini, che, poi, si sono concluse, non senza pesanti polemiche, con l’archiviazione della inchiesta. L’allora capo della procura di Roma, adesso, è il presidente del tribunale vaticano.

Riguardo, invece, agli interventi non sempre chiari degli apparati dello Stato italiano nel corso delle indagini, è bene rappresentare che vi è stata una possibile manipolazione su un’audiocassetta del 17 luglio del 1983, recante prove importanti sulla voce di Emanuela. L’audiocassetta originale non esiste più agli atti in procura. Sarebbe importantissimo recuperarla, perché, con la tecnologia attuale, l’analisi dell’audiocassetta originale potrebbe far emergere e analizzare diverse voci maschili non considerate all’epoca dei fatti.

Nel corso degli anni, vi sono stati tantissimi depistaggi, con interventi anche di apparati di Stati esteri, tra cui SDECE, Stasi, GRU, KGB, servizi bulgari, CIA e, ovviamente, alcune domande nascono spontanee: perché tutto questo interesse nel volersi inserire nella vicenda di una ragazza di 15 anni, nella vicenda di Emanuela? Perché i nostri servizi non sono stati in grado di intervenire prontamente?

Sono tante le anomalie da chiarire. Le Commissioni parlamentari di inchiesta sono l’ultima arma a disposizione dei cittadini e delle cittadine, operano laddove le procure indagano o hanno indagato senza arrivare a una verità giudiziaria definitiva. Quando ci sono questioni di forte interesse pubblico, è giusto che il Parlamento eserciti questo potere, che si basa sull’articolo 82 della Costituzione.

Le scomparse di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi appartengono alla storia del nostro Paese, così come la mole di depistaggi e di silenzi delle autorità vaticane, cui lo Stato italiano non si è opposto, interventi interni ed esterni allo Stato italiano. Alla famiglia di Mirella Gregori, a Maria Antonietta Gregori, al cognato Filippo, al papà Paolo, alla mamma Maria Vittoria, che, purtroppo, non ci sono più, alla famiglia Orlandi, a Maria, la mamma di Emanuela, a Ercole, il papà, che fino all’ultimo giorno non ha mai smesso di cercarla, a Pietro, Natalina, Federica e Cristina, i fratelli di Emanuela, che, in questi decenni, hanno combattuto come guerrieri, spesso da soli e contro un sistema troppo più grande di loro, vanno il nostro abbraccio e la nostra vicinanza.

l Parlamento italiano deve unirsi a loro in questa ricerca attiva, perché i buchi neri della giustizia sono indegni di una società civile e, anche dopo 40 anni, non è mai troppo tardi per chiedere di inaugurare, finalmente, il tempo della verità e della giustizia. Ricordiamoci che Emanuela e Mirella potrebbero essere nostre sorelle o nostre figlie e una figlia e una sorella non smettono mai di cercare. Quindi, facciamo rete, facciamo un grande lavoro di squadra per avere verità e giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Matone. Ne ha facoltà.

SIMONETTA MATONE (LEGA). Preliminarmente, saluto la famiglia di Emanuela Orlandi, non so se c’è anche la famiglia di Mirella Gregori, cui vanno il mio abbraccio, la mia solidarietà e tutti i pensieri positivi possibili, lo dico da deputato e lo dico da ex magistrato.

Farò un intervento di tipo diverso: non anticiperò quello che sarà, mi auguro, il lavoro della nostra Commissione e anche certi temi specifici sui quali dovremo lavorare. Perché dico questo? Perché, se è pur vero che le Commissioni di inchiesta non possono e non devono sovrapporsi al lavoro svolto dall’autorità giudiziaria, è però altrettanto vero che noi deputati siamo qui a rappresentare chi ci ha eletto e chi ha il diritto di sapere, o almeno cercare di sapere, perché la scomparsa di due ragazze sia rimasta un crimine senza responsabili.

Al netto di procedimenti archiviati dall’autorità giudiziaria italiana e, poi, riaperti, procedimenti aperti dalla Santa Sede, inchieste giornalistiche – alcune ben fatte, altre semplicemente scandalistiche -, serie televisive, docufilm, libri, l’unico dato certo è che le due famiglie – quella di Emanuela Orlandi e quella di Mirella Gregori – non hanno risposte da dare alle domande: come e perché le due ragazze sono scomparse? Per quanto tempo sono rimaste in vita? Se sono morte, dove sono i loro corpi? Sono interrogativi drammatici, enormi, ai quali abbiamo il dovere, prima di tutto morale e, poi, politico, di dare una risposta o, almeno, fare tutto il possibile per arrivare a darla.

Indizi, prove, riscontri – di questo sono fatte le indagini – che noi dovremmo rileggere con animo sereno ma anche con animo scevro da preconcetti, da verità rivelate, da opzioni più o meno politiche per un caso difficilissimo e per il quale non ci sono verità rivelate delle quali nessuno è depositario, con un obiettivo primario: individuare i fatti già emersi in modo incontrovertibile e indiscutibile, cristallizzati in verbali giudiziari, acquisendo elementi probatori solidi che servano da base per i processi successivi, per arrivare a capire – quello è lo scopo della Commissione – se ci siano state – cito testualmente – condotte commissive od omissive che possano essere state di ostacolo all’accertamento giudiziario della verità, anche promuovendo azioni presso Stati esteri finalizzate ad ottenere documenti o altri elementi di prova utili per l’accertamento dei fatti. Questo dice il testo base della proposta istitutiva della Commissione. Se ci sono stati ostacoli nell’accertamento della verità, dobbiamo capire da dove questi ostacoli sono pervenuti e a chi e a che cosa questi ostacoli sono serviti. È un lavoro ambizioso e difficile, ma le sfide, secondo me, sono belle per questo.

Vi sono dei fatti certi dai quali si può partire per un lavoro serio della Commissione. Sulla scena, però, sono presenti ipotesi e ricostruzioni che meritano una grande attenzione, al di là del loro aspetto in apparenza meramente giornalistico e scandalistico. La natura del crimine: Emanuela cadde in una trappola organizzata, che si trasformò in un sequestro di persona. La circostanza, non indifferente, anche questa accertata, che altre due ragazze, cittadine vaticane, erano state pedinate, attenzionate e poi scartate. Il processo ad Alì Agca che, condannato all’ergastolo due anni prima, si inserirà nella vicenda con continue dichiarazioni, apparentemente folli, ma non sempre folli. La scelta strana di Giovanni Paolo II, che fece appello al senso di umanità di chi aveva la responsabilità del caso, a soli 15 giorni dal rapimento. La concessione ai rapitori di un codice riservato della Segreteria di Stato – mi pare che fosse il numero 158 – per contattare il Segretario di Stato, Agostino Casaroli, cosa non usuale perché non è semplice interagire direttamente con il Segretario di Stato. L’ultima telefonata di Emanuela, in cui racconta quella che, in realtà, era una trappola organizzata, che addirittura è stata decriptata come un possibile messaggio in codice per quello che poi sarebbe accaduto. La tesi del doppio ricatto – Emanuela Orlandi, cittadina vaticana, Mirella Gregori, cittadina italiana – per premere per la grazia, in capo all’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, titolare, appunto, del potere di grazia. Il tema della mala gestio dei fondi vaticani, parte dei quali utilizzati per sostenere il sindacato polacco Solidarność che così tanta parte ebbe negli equilibri mondiali e poi nel successivo cambio epocale al di là del muro di Berlino. Le pressioni esercitate per estromettere l’arcivescovo americano Marcinkus. La vicenda IOR-Ambrosiano. I messaggi alla famiglia e agli organi di stampa, gestiti prima da un unico soggetto e poi dal sedicente Fronte Turkesh, soggetto che aveva dato prova di avere la ragazza, dando elementi incontrovertibili. La scomparsa di Mirella Gregori, perché si lega a quella di Emanuela. Basti per tutte – queste sono notizie giornalistiche che andremo a verificare – la perizia grafica, disposta dai magistrati romani, che dimostrò che la mano che aveva redatto il testo lasciato dai rapitori di Emanuela in un furgone RAI, il 4 settembre 1983, era la stessa che aveva scritto la lettera alla famiglia Gregori per rivendicare il sequestro di Mirella. La sepoltura del boss della banda della Magliana, Enrico De Pedis, in un’importante e centralissima basilica romana, giustificata con enormi donazioni che sarebbero state fatte allo Stato Città del Vaticano; la salma poi fu riesumata e fatta cremare dalla famiglia. Secondo l’ipotesi investigativa del procuratore aggiunto, Capaldo, che si occupò della cosa dal 2008 al 2012, fu la malavita romana a gestire la prima parte del sequestro. Poi, il procuratore capo avocò a sé l’inchiesta che fu successivamente archiviata, nonostante il procuratore aggiunto non volesse. Poi, il ruolo di chi riconsegnò ai familiari di Emanuela, dopo anni, il flauto riconosciuto come quello di Emanuela. Sono tanti i misteri esplorati ma sono altrettanti i misteri non svelati.

Per questa serie di considerazioni, ritengo che sia doveroso dare una risposta, da parte della politica, alle famiglie Orlandi e Gregori, che la chiedono ormai da 40 anni, e quindi io, personalmente e politicamente, anche a nome del partito che rappresento, sono assolutamente favorevole all’istituzione della Commissione d’inchiesta (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roberto Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Colleghi, anche in questo caso gli interventi che mi hanno preceduto mi aiutano ad essere sintetico, in particolare dopo l’intervento del collega Morassut. Torno a dire che non è questa, certamente, la sede nella quale tutto il lavoro che una Commissione d’inchiesta dovrà svolgere possa essere anticipato. Peraltro, abbiamo parlato prima della Commissione d’inchiesta sulla morte di David Rossi e sulla giusta richiesta da parte dei familiari, dopo 10 anni, di avere verità. Penso che ancora più rilevante sia, per una famiglia che aspetta da 40 anni la verità, la possibilità che almeno qualcuno operi affinché questo obiettivo sia raggiunto. Anche io mi unisco al saluto che i miei colleghi hanno rivolto ai familiari, che sono in tribuna. Come dicevo, in particolare l’intervento dell’onorevole Morassut ha perfettamente delineato quanto sia complesso e importante il lavoro che deve fare questa Commissione. Numerose sono le cose che sono accadute, o che non sono accadute, o che sono accadute perché altre non ne potessero accadere, con implicazioni a livelli davvero grandi. Quindi, saranno importanti l’impegno e anche la responsabilità di una Commissione d’inchiesta che, certamente, come tutti hanno ricordato, con i limiti che vengono posti dall’articolo 82 della Costituzione, però anche con i poteri che le vengono affidati dall’articolo 82 della Costituzione, avrà ancora, in questo caso con una legislatura davanti a sé, per la possibilità di provare a trovare delle soluzioni e delle risposte che in questi 40 anni non si sono potute o non si sono volute trovare. Certo, non possiamo pensare che, improvvisamente, quello che non si è riuscito a fare in 40 anni sia possibile farlo in 5 anni, però non c’è dubbio che questa sia un’occasione affinché qualcosa possa essere mosso, per cercare di puntare a raggiungere delle verità. D’altra parte, il fatto che la magistratura del Vaticano abbia manifestato l’intenzione di riaprire un’indagine è sicuramente un fatto positivo. Forse sarebbe positivo che anche la magistratura italiana potesse prendere in considerazione l’ipotesi di fare altrettanto, anche perché, detto tra noi, ovviamente con tutto il rispetto che si deve, tenendo conto che, se la questione dovrà essere affrontata dalla magistratura vaticana e quello fosse l’unico elemento che si mette in moto per riuscire a raggiungere la verità, non è irrilevante il fatto che il presidente del tribunale vaticano sia quell’ex procuratore di Roma, ossia Pignatone, che decretò l’archiviazione nel 2015 dell’inchiesta della procura di Roma. E quindi sicuramente sarebbe utile.

È importante che il Vaticano abbia deciso di riprendere in mano, anche per spinta del Pontefice, una propria indagine sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Peraltro, la nostra Commissione, come hanno perfettamente ricordato coloro che mi hanno preceduto, ha voluto unire alla vicenda della scomparsa di Emanuela Orlandi anche quella di Mirella Gregori, per tutte le connessioni, non solo temporali, che vi sono state, e con l’obiettivo della Commissione – tra l’altro, lo ricordava il relatore quando è intervenuto – di verificare, mediante l’analisi degli atti processuali e del materiale investigativo raccolto negli anni, quali criticità e circostanze possano aver ostacolato il sistema giudiziario nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità. Questo è un punto molto importante, non solo importante, ovviamente, ai fini dell’esito che può avere questa inchiesta, ma anche per il lavoro che saranno capaci di fare i parlamentari che faranno parte di questa Commissione di inchiesta.

Vorrei anche mettere in evidenza quello che in fondo ha voluto dire il fratello di Emanuela Orlandi, quando afferma: “Mi colpisce la riapertura delle indagini, una riapertura improvvisa. Se è un impulso di Papa Francesco, ben venga”. E poi, ha aggiunto: “Non so se sia una decisione presa dopo la recente proposta di aprire un’inchiesta parlamentare. Magari potrebbe nascere una collaborazione tra Stato italiano e Vaticano, mancata per 40 anni. È chiaramente una notizia positiva e mi auguro di essere sentito dagli inquirenti”.

Arrivo proprio a questo punto, ma prima vorrei dire come il fatto che in tale occasione un parente della famiglia dica che ha fiducia nel Parlamento e che si aspetta, magari dal Parlamento, la possibilità di avere qualche certezza in più di quelle che non è riuscito ad avere in questi 40 anni ci investe di una responsabilità ancora più grande rispetto a quella che già noi sappiamo di avere.

Non c’è dubbio, colleghi, che potrà essere anche l’occasione, magari dopo tanti anni, per fare in modo che il Vaticano – che non ha mai consentito ai suoi uomini, come veniva ricordato, di accedere, testimoniare e parlare nelle udienze del tribunale di Roma e nella vicenda giudiziaria italiana – trovi le forme, abbia la possibilità di parlare e raccontare ciò che certamente in quella sede si conosce e che è giusto, dopo 40 anni, venga condiviso non solo con la famiglia, ovviamente, ma anche con lo Stato italiano.

Per concludere, Presidente, credo che dovremmo – lo dico ai colleghi che faranno parte della Commissione di inchiesta – accettare immediatamente la richiesta del fratello, Pietro Orlandi, che chiede di essere audito dalla Commissione per poter parlare e raccontare le cose che evidentemente non è stato in grado di dire, perché non ha avuto la possibilità, salvo tramite mail, di interloquire con il Vaticano e con l’indagine del Vaticano.

Penso che questa sia una straordinaria opportunità che ha la Commissione e anche la famiglia. Ma non è solo una straordinaria opportunità, perché penso che sia anche un grandissimo obbligo che noi abbiamo, un dovere nei confronti di una famiglia che da 40 anni attende di avere almeno qualche sfumatura di verità rispetto a quello che è successo alla propria figlia, anzi alle proprie figlie, compresa anche l’altra ragazza (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Signora Presidente, illustre rappresentante del Governo e onorevoli colleghi, la scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983, non è soltanto un caso di cronaca. Non lo è per diverse e per complesse ragioni: per le implicazioni che la sparizione di una ragazza di soli 15 anni, figlia di un dipendente del Vaticano, ha avuto sulla vita del nostro Paese, nonché per la grande attenzione e curiosità che ha creato nella società e nell’opinione pubblica italiana.

Il compito di accertare la verità giudiziaria, che poi è l’unica prevista dal nostro ordinamento, spetta sempre – e in via esclusiva – alla magistratura. Quindi, di certo la sede non è una discussione sulle linee generali in Parlamento, come abbiamo fatto oggi. Tocca ai giudici ricostruire quanto accaduto e accertare ogni tipo di responsabilità, comprese quelle di eventuali errori, omissioni e depistaggi. Giustizia e politica, però, oggi hanno – aggiungo finalmente – lo stesso scopo: quello di dare un contributo per costruire e ricostruire una verità oggettiva.

Oggi ci dotiamo di uno strumento nuovo per ricostruire la storia, togliendo il rumore di fondo che ha accompagnato questa o quell’evoluzione, restando i dati oggettivi e decontestualizzando i fatti dall’inevitabile emotività che ha accompagnato ogni fase di questa lunga e dolorosa vicenda. È possibile tracciare nuovi contorni, promuovendo un esame approfondito e organico delle inchieste giudiziarie e di quelle giornalistiche che si sono susseguite.

A proposito di giornalismo, vorrei sottolineare, con l’orgoglio di essere un giornalista, il coraggio, la lucidità e il ruolo decisivo che il giornalismo investigativo ha giocato nella ricostruzione della storia della sparizione di Emanuela Orlandi. Come diceva Umberto Eco, il giornalista è uno storico del presente e sono proprio i giornalisti a rovistare nei cassonetti dei rifiuti – uno proprio qui dietro, a 20 metri, in Piazza del Parlamento – per recuperare i primi scritti dei rapitori. Sono i giornalisti a registrare le accuse di Ali Agca ed è un giornalista a scrivere per primo che la nostra intelligence non ha notizie di collegamenti con il terrorismo internazionale. Sono sempre giornalisti, molti anni dopo la scomparsa, a individuare, identificare e andare a trovare nelle loro case, piantonando i condomini per giornate intere, testimonianze chiave, imprimendo continue svolte alle indagini, aprendo o chiudendo piste. Sono, infine, i giornalisti a smascherare i tentativi di depistaggio, mettendo in luce omissioni e contraddizioni dei testimoni. Insomma, in un periodo storico nel quale il lavoro del giornalista è spesso svilito da stipendi bassi, carichi di lavoro eccessivi e condizioni precarie, possiamo dire oggi, senza tema di smentita, che il giornalismo italiano ha giocato un ruolo decisivo, forse insostituibile, in questa lunga vicenda.

A questo proposito, mi consenta una rapidissima digressione. Vorrei ricordare che 29 anni fa, il 20 marzo 1994, sono stati uccisi in Somalia Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che oggi la Camera giustamente ha ricordato.

Abbiamo sostenuto e condiviso il provvedimento – vado a conclusione – e, dunque, voteremo la proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, perché riteniamo che il Parlamento possa dare un contributo qualificato a ricostruire la verità storica e perché riteniamo, come rappresentanti delle istituzioni, che questo tentativo sia un debito morale che abbiamo nei confronti della famiglia di Emanuela Orlandi, che è qui dietro di me e che saluto, e a chi ha voluto o ancora vuole bene a questa ragazza, che oggi ha o avrebbe 55 anni. Lo dobbiamo anche alla compostezza della famiglia di un’altra ragazza come Emanuela Orlandi, alla famiglia di Mirella Gregori, che è uscita di casa una sera e poi è svanita nel nulla. Vogliamo scoprire se i due casi sono davvero collegati.

Chiunque abbia dei figli credo possa provare a immaginare la disperazione, lo sgomento e la confusione nel vedere accostato il proprio dolore privato a questioni come la geopolitica, il terrorismo internazionale, la finanza allegra o la banale – tra virgolette – criminalità organizzata. Questa ulteriore indagine la dobbiamo, più in generale, all’opinione pubblica italiana, che con grande interesse e apprensione in questi decenni non ha mai smesso di ricordare e informarsi.

Chiudo questo breve intervento con un auspicio, cioè che la nuova Commissione, che nasce da una proposta dell’opposizione alla quale Forza Italia darà un contributo qualificato, possa essere un luogo di confronto sereno e costruttivo. Ci auguriamo che si possa lavorare insieme, la maggioranza con l’opposizione, per scrivere una relazione unitaria, arrivare, cioè, a conclusioni comuni il più possibile oggettive. Sarebbe questo un altro modo di onorare la memoria di chi ha sofferto, di chi non c’è più e, allo stesso tempo, di recuperare fiducia per una istituzione, questa, che se la merita (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Palombi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PALOMBI (FDI). Grazie, Presidente. Gentile Sottosegretario, onorevoli colleghi, per la prima volta intervengo in quest’Aula e non nascondo l’emozione che mi pervade, perché la tematica che oggi andiamo ad affrontare riguarda uno dei misteri più complicati della recente storia italiana.

La vita di Emanuela Orlandi, giovane cittadina vaticana, è da noi conosciuta fino al 22 giugno 1983 e la sua scomparsa, dopo 40 anni, rimane uno degli episodi più misteriosi della nostra storia, che ha trovato un suo percorso investigativo e giudiziale in un rincorrersi di ipotesi, in una pluralità, spesso contraddittoria, di voci divulgate dagli organi di informazione, che hanno avuto il merito di tenere alta l’attenzione mediatica sulla vicenda. Sembra un libro giallo, ma, invece, è tutto terribilmente vero! In questa trama, negli anni, il susseguirsi di indagini e di verifiche hanno chiamato in causa: lo Stato vaticano, lo Stato italiano, l’Istituto per le opere di religione, il Banco Ambrosiano, i servizi segreti di diversi Stati, nonché la banda della Magliana e alcune organizzazioni terroristiche internazionali, gettando anche forti dubbi, che vanno chiariti, sulla lealtà dei rappresentanti di alcuni organi degli Stati coinvolti.

La vicenda di Emanuela Orlandi fu quasi contemporanea a quella di Mirella Gregori, ragazza scomparsa 40 giorni prima e, più precisamente, il 7 maggio 1983 e anch’essa mai ritrovata. Le due storie, per un momento, si sovrappongono, sembrano essere unite dalla stessa sorte, camminando, di pari passo, tra indagini e inchieste, che porteranno però, nel 2015, il GIP del tribunale di Roma, su richiesta della procura, a pronunciarsi per l’archiviazione del caso riguardante la scomparsa delle due ragazze per mancanza di prove.

La famiglia Orlandi, che mai si è arresa nel voler conoscere la sorte di Emanuela, il 5 maggio del 2016 si è vista respingere dalla Corte di cassazione anche l’ultimo ricorso presentato contro l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che aveva disposto l’archiviazione, confermando, quindi, l’oblio giudiziario sulla vicenda.

Nel 2017, però, la famiglia Orlandi, sempre nel pervicace intento di conoscere quanto accaduto alla povera ragazza, presentò in Vaticano un’istanza di accesso agli atti per poter visionare un fantomatico dossier custodito in Vaticano, del quale però venne inizialmente negata l’esistenza. Lo stesso Stato della Città del Vaticano, tra il 2018 e il 2019, diede l’autorizzazione all’analisi di alcuni resti ossei ritrovati durante il restauro della nunziatura vaticana che, però, poi, risultarono essere appartenenti a un uomo vissuto prima del 1964 e, poi, con lo stesso esito negativo, a resti ossei rinvenuti al cimitero teutonico, in seguito ai quali anche in Vaticano l’inchiesta fu, almeno temporaneamente, fortunatamente, solo temporaneamente, archiviata.

Sono passati quattro decenni e ancora molte sono le domande che non hanno mai trovato risposte, verità celate da silenzi e misteri, sui quali né la magistratura italiana né il Vaticano sono mai riusciti a districare le fitte nebbie.

Il 9 gennaio 2023, il promotore di giustizia dello Stato della Città del Vaticano, Alessandro Diddi, e la Gendarmeria, dopo quasi quarant’anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, riaprono ufficialmente le indagini, con l’obiettivo di scandagliare tutti quei fascicoli, documenti, segnalazioni, informative e testimonianze, al fine di chiarire tutte le ombre e gli interrogativi che hanno reso oscuro il mistero intorno alla scomparsa delle due giovani. A districare queste nebbie, contribuirà anche l’attività che la Commissione, che ci accingiamo a costituire, con i suoi ampi poteri, potrà svolgere. Ne è la dimostrazione anche la testimonianza del fratello di Emanuela Orlandi, che ha constatato un nuovo e diverso approccio delle istituzioni, dopo i colloqui avuti con i Presidenti della Camera e del Senato e con il Sottosegretario Mantovano, come è stato riportato dagli organi di stampa e da sue recenti interviste.

Mi accingo alla conclusione. Lo Stato ha il dovere di fare chiarezza intorno a un mistero mai risolto. Questo Parlamento deve dare piena disponibilità a fare luce su una vicenda dai tanti punti controversi. Nel farlo, dobbiamo avere la forza e il coraggio di affrontare l’inchiesta senza preconcetti, senza la spasmodica volontà di individuare responsabili, ma con il solo obiettivo di cercare la verità con la “V” maiuscola e, soprattutto, lavorare senza distinzioni politiche, perché tematiche come quella che stiamo affrontando non hanno colori. Il velo oscuro che da anni nasconde questa vicenda potrà essere squarciato solo se lo Stato si dimostrerà forte e uno Stato tanto più è forte quanto più è unito.

La proposta di legge di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori si ritiene, quindi, necessaria al fine di acquisire tutti quei documenti, testimonianze e informazioni utili anche per una ricostruzione della vicenda, cercando di restituire la verità alla famiglia – che saluto – e all’intera collettività e, soprattutto, oserei dire, finalmente, per dare pace alla storia o, nostro malgrado, alla memoria delle due giovani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 665-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, in sostituzione della relatrice, il deputato Riccardo De Corato, vicepresidente della Commissione. Si intende che vi abbia rinunciato.

La rappresentante del Governo rinuncia alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

 

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