Il manifesto di Emanuela Orlandi nel film di Adriano Celentano “Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì”
Nessuno sa da dove sia arrivato il predicatore Joan Lui che sembra non avere un passato, tutti però, in una Italia oppressa dall’egoismo e dalla violenza, si accorgono del suo arrivo. Il Maligno Jarak, potente uomo d’affari, vuole mettere a tacere la voce anticonformista dello strano profeta cercando di corromperlo, ma la semplicità e l’integrità delle idee di Joan sono troppo forti per cedere alle sue lusinghe.
Un film di Adriano Celentano, prodotto da Mario e Vittorio Cecchi Gori, che ha avuto una pesante critica: non è piaciuto. La produzione risultò molto costosa per il budget medio del cinema italiano di quel tempo, soprattutto rispetto ad altri film indubbiamente meno “impegnativi” interpretati da Celentano, e richiese una lavorazione lunga otto mesi. Il film fu girato a Genova e Roma tra il maggio e l’ottobre 1985 e per finanziare il film (circa 20 miliardi di lire per un incasso di meno della metà) entrarono a far parte della produzione anche Silvio Berlusconi e capitali tedeschi provenienti dalla Germania Ovest dell’epoca.
Un film-musical strano, forte, inquietante. Non c’è nulla da ridere anche se nel cast figurano Gian Fabio Bosco (di Ric e Gian) e Mirko Setaro (dei Trettrè) con una breve comparsa anche di Francesco Salvi. Massacrato dalla critica, il film venne bollato come “un delirio di onnipotenza” di Adriano Celentano.
Tra le scene iniziali del film, Joan Lui assiste al rapimento di Emanuela Carboni, una giovane ragazza di 18 anni (interpretata da Federica Moro) figlia di un noto industriale. Il fatto induce a pensare ad un riferimento sulla vicenda di Emanuela Orlandi e se ne avrà la prova definitiva quando sulla parete della ex chiesa trasformata in discoteca “Il Tempio” (Chiesa di Sant’Agnese in Agone a Piazza Navona) appare il manifesto simile a quello che la famiglia Orlandi fece stampare e affiggere sui muri di Roma nei giorni successivi la scomparsa. Fu così che a Natale del 1985, la storia di Emanuela Orlandi fece la sua “prima comparsa cinematografica” che nel film viene liberata dopo 16 mesi di prigionia.