Giugno 1983. Mirella&Emanuela

MIRELLA GREGORI – EMANUELA ORLANDI 

DIARIO DI

UNA STORIA VERA

Emanuela, mia figlia, sparì nel nulla nel centro di Roma vent’anni fa. Era il 22 giugno 1983. Due anni dopo l’attentato al papa. Lei aveva quindici anni. Adesso è una donna di trentacinque. Ma in tutti questi anni mia moglie e io non abbiamo mai perso la speranza di poterla riabbracciare. Perché Emanuela è viva. Da qualche parte“. [Ercole Orlandi 2003]

Emanuela Orlandi, quarta di cinque figli (Natalina, Pietro, Federica, Cristina) di un commesso del Palazzo apostolico, ha appena finito il secondo anno di liceo scientifico presso il Convitto nazionale Vittorio Emanuele II di Piazza Monte Grappa. Rimandata in due materie, (latino e francese) uno dei suoi veri interessi è la musica, frequenta infatti un corso di flauto traverso (due volte a settimana, il mercoledì e il venerdì della durata di un paio d’ore) presso l’Istituto Ludovico da Victoria, la scuola associata al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Piazza Sant’Apollinare. La porta il padre Ercole o suo fratello Pietro, altrimenti prende i mezzi pubblici.

Usciva verso le 16,30, prendeva il 64 alla fermata qui vicino (capolinea nda) e scendeva in Piazza S.Andrea della Valle. Da lì proseguiva col 70, oppure a piedi. Doveva fare 400 metri dalla fermata del 64 all’istituto Ludovico da Victoria. Terminata la lezione, alle 19.00, Emanuela tornava subito a casa. Anche quel giorno, il 22 giugno 1983 era un mercoledì, una bella giornata di sole estivo, Emanuela era uscita di casa verso le 16.00. Era andata a scuola con i mezzi pubblici, era allegra e spensierata, indossava una camicetta bianca, un paio di jeans, scarpe da ginnastica bianche e al collo aveva una collanina di tessuto giallorosso, i colori della Roma, la sua squadra del cuore”. [Ercole Orlandi]

Eventi GIUGNO 1983

22 giugno 1983, mercoledì

Il 22 giugno 1983 il Corriere della Sera pubblica in prima pagina una intervista a Clara e Anna Calvi, la vedova e la figlia del banchiere Roberto Calvi. Le due donne sostengono che alla crisi finanziaria e alle difficoltà in cui Roberto Calvi si dibatteva non sono estranei il Vaticano, la sua banca (cioè lo IOR) e l’Opus Dei (la potente e discussa organizzazione laico-ecclesiastica nata per diffondere i principi della perfezione cristiana ed elevata a prelatura personale, la prima della storia, da Giovanni Paolo II il 28 novembre 1982). L’Unità a pagina sei titola: “La moglie di Calvi accusa in aula l’IOR (Vaticano)”.

L’Unità 22 giugno 1983

Il Papa, Giovanni Paolo II, si trova in Polonia per un Pellegrinaggio Apostolico (16-23 giugno 1983). Nelle cronache del 22 giugno lo stesso faceva visita all’Università Jagellonica di Cracovia, beatificava Padre Raffaele Kalinowski e Fratel Alberto Chmielowski, consacrava la nuova chiesa di Mistrejowice a Nowa Huta e incontrava il Senato Accademico nell’Arcivescovado di Cracovia. Il quotidiano L’Unità titola:

L’Unità 22 giugno 1983

VARSAVIAAlcuni incidenti hanno avuto luogo Ieri (21 giugno) a Wroclaw (Breslavia) a margine della cerimonia papale Nell’ultimo anno e mezzo Wroclaw è stata una delle città nelle quali la resistenza e l’opposizione si sono espresse con maggiore forza e, a giusta ragione, questa veniva considerata la tappa più delicata del viaggio. Tra la folla di centinaia di migliaia di persone che hanno accolto il capo della Chiesa sono stati notati alcuni striscioni di Solidarnosc, più volte gruppi consistenti di fedeli hanno alzato una mano con indice e medio divaricati, simbolo di vittoria, un gruppo di forse un migliaio di persone che ha tentato di dare vita ad una manifestazione è stato rapidamente disciolto dalla polizia che ha operato anche dei fermi si e ripetuto, insomma, più o meno, quanto si era verificato in altre città come Varsavia e Czestochowa. Nel tardo pomeriggio Wojtyla è giunto a Cracovia, ultima tappa del «pellegrinaggio». Qui Incontrerà Lech Walesa oggi o domani, prima della sua partenza per Roma.

 

Nei giorni precedenti e in quelli successivi c’erano degli scioperi selvaggi dei bus ma non il 22 giugno: il servizio bus nella capitale era regolare.

Eventi storia Emanuela Orlandi Mirella Gregori giugno 1983
L’Unità -Roma Regione 22 giu 1983

La mattina di quel mercoledì 22 giugno i genitori di Emanuela vanno a Fiumicino in visita da parenti, per rientrare un po’ prima delle otto di sera. I figli invece rimangono tutti a casa.

Pomeriggio del 22 giugno, Emanuela esce di casa con addosso una collanina, tiene in mano la sua sacca di cuoio marrone, da cui fuoriesce l’astuccio nero che contiene il flauto. Nella sacca ha anche alcuni spartiti musicali, la tessera d’iscrizione alla scuola e l’abbonamento ai mezzi pubblici.

Era salita sull’autobus 64, dopo quattro fermate era scesa in piazza Sant’Andrea della Valle, non le restava che percorrere duecento metri di Corso Rinascimento e sarebbe arrivata. Camminava sul marciapiede di destra davanti al Senato e proprio davanti a quel palazzo, (quel giorno le telecamere di sorveglianza non erano in funzione) in Corso Rinascimento, uno sconosciuto la avvicina e le propone un lavoro molto redditizio: “ti aspetto più tardi all’uscita dalla lezione di musica per sapere se accetti”. Quel breve incontro fa ritardare Emanuela, infatti entra in classe quando la lezione di flauto è già iniziata da quindici minuti. Superato lo sguardo severo di suor Dolores, una volta in classe, apparve alle compagne particolarmente distratta: continua a pensare all’offerta di lavoro e poco dopo confida alla sua amica Sabrina Calitti che, nonostante il ritardo, intendeva uscire in anticipo. Finita la lezione di flauto con l’insegnante Loriano Berti, dalle 17.00 alle 19.00 aveva la lezione di canto corale (di gruppo) con monsignor Valentino Miserachs

 

Verso le 18,45 Emanuela telefonò a casa (dal telefono a gettoni della scuola situato sul pianerottolo a metà tra le due rampe tra il terzo e quarto piano dell’edificio) ma risponde la sorella Federica e le racconta che: “mentre andavo a scuola, in corso Rinascimento, davanti al Senato, sono stata fermata da un signore che mi ha offerto un lavoro: distribuire i prodotti della Avon con altre ragazze durante la sfilata delle sorelle Fontana che si terrà a palazzo Borromini sabato. Prenderò quasi 400 mila lire. E’ un signore gentile, non c’è da preoccuparsi. Ha detto di chiedere il permesso alla mamma e di dargli una risposta questa sera. Mi aspetta all’uscita di scuola”. Federica le suggerisce di non fidarsi e di sentire prima la mamma.

22 giugno 1983 ore 18,50 Emanuela Orlandi riaggancia ed esce dall’istituto in compagnia dell’amica Raffaella Monzi. Chiede un consiglio anche a lei mentre si recano verso la fermata del 70 in corso Rinascimento, davanti al Senato. Qualche giorno dopo Raffaella racconta ai giornali “Eravamo appena uscite dalla lezione di canto corale. Emanuela mi ha confidato che le avevano offerto di distribuire dei prodotti per una casa di cosmetici a una sfilata di moda. Le avevano promesso 375 mila lire. Lei era stuzzicata dall’idea di guadagnare ma era incerta se accettare. Mi ha detto: la persona che mi ha offerto il lavoro vuole una risposta questa sera. Aspetto o vado a casa? Ormai si erano fatte le sette e venti, il mio autobus era arrivato e l’ho salutata. Non so proprio cosa dirti Emanuela”.

Appena arrivò l’autobus, Raffaella ed altri studenti del Da Victoria, salgono sul bus stracolmo e, in piedi all’interno del mezzo, fa giusto in tempo a salutare Emanuela (che non era salita) che intanto è stata raggiunta da un’altra allieva della scuola di musica: bassa, capelli scuri e ricci, fisico rotondetto.

Questa “amica” assieme a Emanuela viene vista anche da un’altra ragazza della scuola di musica, Maria Grazia Casini, che si trova a passare da lì come ha riferito nell’interrogatorio del 29/7/83. Alcuni inquirenti ritengono che questa amica sia Laura Casagrande, ma lei ha negato.

 

Si salutano dunque verso le sette e venti circa alla fermata del bus in Corso Rinascimento e non sono ancora le 19,30 quando sua sorella Cristina e i suoi amici, non vedendola puntuale all’appuntamento davanti al palazzo di Giustizia vanno a cercarla alla scuola di musica di piazza S. Apollinare.

Emanuela scompare in queste circostanze davanti al Senato tra le sette e venti e le sette e trenta di mercoledì 22 giugno 1983.


Verso le otto e trenta di sera, quando Cristina rientra a casa dice che Emanuela non è andata all’appuntamento, a casa Orlandi inizia la preoccupazione per una ragazza che, fino ad allora, era stata sempre precisa e puntuale.

Subito dopo telefonano all’Istituto di musica. Rispose un insegnante e disse che le ragazze erano uscite da un pezzo. “Mi sembra di aver sentito che volevano fare un giro a Piazza Navona”.

In quel periodo i mezzi pubblici andavano un po’ a singhiozzo. Era in corso una serie di scioperi e abbiamo pensato che Emanuela fosse rimasta a piedi. Allora io e mio figlio Pietro abbiamo deciso di andarle incontro, io in macchia e lui in moto. C’era anche un’altra possibilità: che Emanuela si fosse fermata a scuola più del previsto per le prove del saggio di fine anno, in programma per il 29 giugno, giorno di San Pietro, all’auditorium di via della Conciliazione. Sono partito da casa (alle 22.00 a piedi con mia moglie, Maria Pezzano) e mi sono diretto verso l’istituto di musica. Mio figlio è andato in corso Vittorio Emanuele II (in moto, una Suzuki 550). Quando siamo arrivati davanti all’Istituto le luci erano tutte spente. Abbiamo provato lo stesso a bussare al portone. Nessuno ci ha risposto. Abbiamo insistito mentre l’angoscia aumentava e il cuore cominciava a battere forte. Dopo un po si è affacciato ad una finestra un professore dell’Istituto di lingue orientali che aveva sede nello stesso edificio che mi dice che nell’Istituto non c’era più nessuno e che aveva visto i ragazzi uscire da un pezzo, verso le sette. Ci aprì lo stesso l’Istituto e ci fece entrare. Dentro era buio pesto e non c’era nessuno.

Alcuni amici si aggiunsero alle ricerche che arrivarono fino al parco di Villa Borghese.

ISTITUTO TOMMASO LUDOVICO DA VICTORIA

 

Dedicata a uno dei più grandi compositori della storia della musica sacra, lo spagnolo Tomàs Luis Da Victoria (Ávila 1548 – Madrid, 27 agosto 1611), la Tommaso Ludovico Da Victoria era nata nel 1976 per volontà di suor Dolores Salsano, religiosa delle Figlie di Cristo Re di origini salernitane e ottima pianista che, grazie alle sue buone entrature nella curia romana, era riuscita a creare una struttura capace di garantire ai suoi studenti un’adeguata preparazione per poi sostenere gli esami di diploma presso il conservatorio.

Tramite l’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), monsignor Giuseppe Caprio e monsignor Giovanni Marra (padri fondatori), che nella basilica di Sant’Apollinare celebrava la messa d’inaugurazione dell’anno musicale, la scuola si installò al terzo piano dell’edificio restaurato dall’architetto Francesco Fuga tra il 1742 e il 1748 e in passato gestito anche dai gesuiti del Collegio Germanico (seconda metà XVI secolo – seconda metà XVIII secolo). Qui Benedetto XV (1914-1922) aveva istituito la sede del Pontificio Istituto Sant’Apollinare, che fra i suoi studenti annoverò futuri ecclesiastici di rango come i pontefici Pio XII e Giovanni XXIII o i cardinali Laghi, Silvestrini, Poletti, Casaroli, Sabattani.

Al primo piano c’erano due Istituti che avevano scopi di assistenza e beneficenza per i poveri, il “Circolo S.Pietro” e l’ordine “Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme”. Al secondo piano trovava sede il Pontificio Istituto degli Studi Arabi; al terzo e quarto piano la scuola di musica “Tommaso Ludovico da Victoria”; al terzo piano si trovava l’Associazione italiana di S.Cecilia e al quarto piano gli uffici di Oscar Luigi Scalfaro (già Presidente della Repubblica nel 1992 e Ministro dell’Interno nei due governi Craxi 1983-1987 ma dall’ottobre 1975 al luglio 1983 Vicepresidente della Camera dei Deputati). Nel cortile vi era un ufficio della Federazione Universitari Cattolici Italiani. La guardiola del portierato si trova all’inizio della scala che porta ai piani superiori, lontano dal portone di ingresso dove all’interno si trova anche il centralino dei “Padri Bianchi” ovvero del Pontificio Istituto degli Studi Arabi. (Interrogatorio Zamichele Luigina, portiera dello stabile di S.Apollinare)

La Basilica di S.Apollinare è soggetta alle disposizioni di cui all’art. 16 della legge 27 maggio 1929 n. 810 esecuzione del Trattato tra la Santa Sede e l’Italia dell’11 febbraio 1929 (Patti Lateranensi), le quali prevedono, per detto complesso di proprietà della Santa Sede, un particolare regime giuridico definito dalla Corte Costituzionale c.d. “privilegio di extraterritorialità” (cfr. ordinanza del 30 gennaio 1985 n. 26). Tale privilegio si traduce nel riconoscimento alla Santa Sede della facoltà di dare all’immobile “l’assetto che creda, senza bisogno di autorizzazioni o consensi da parte di Autorità governative, provinciali e comunali italiane…” .

Arrivati in cima allo scalone di marmo, una porta a vetri anticipava due rampe: quella a sinistra conduceva al piano della scuola, dove c’erano la stanza dei bidelli, la sala d’aspetto, la biblioteca, la cappella e le aule delle lezioni (che si affacciavano su S. Apollinare o sul cortile interno, al tempo adibito a parcheggio), compresa la sala Paolo VI, adoperata per le esercitazioni di canto corale grazie alla sua vastità che permetteva l’accoglienza dell’orchestra e di un elevato numero di studenti; la rampa sulla destra portava invece al PIMS (Pontificio Istituto Musica Sacra), che già al tempo albergava a Sant’Apollinare nel lato del palazzo che si affaccia tuttora su piazza S. Agostino e che è collegato alla scuola tramite l’omonimo arco.

Ad altezza strada, ma sul lato rivolto verso corso Rinascimento – e che, se si prosegue, conduce a piazza Sant’Agostino, cioè dietro Sant’Apollinare – un calzolaio, un negozio di oggettistica in alabastro, un’imbalsamatrice, un liutaio, il bar Cinque Lune e altri esercenti. Furono tutti defenestrati quando l’intero complesso (basilica e palazzo) venne rilevato dall’Opus Dei a inizio anni Novanta.

Per accedere alla Da Victoria, almeno nei primi anni, occorreva superare un esame di ammissione da svolgersi al cospetto di suor Dolores e di una commissione di docenti, al quale, però, si poteva giungere soltanto tramite raccomandazione. Una pratica abbastanza diffusa in Italia, abolita quando la scuola crebbe in fama e, vedendo aumentare il numero dei richiedenti, deliberò come unico criterio d’accesso il pagamento di una retta d’iscrizione variabile a seconda del numero di corsi seguiti. In parallelo all’aumento di popolarità dell’istituto, dovuta alla presenza di nomi illustri nel suo corpo docenti come Battisti Da Mario (chitarra), Benigni, Di Cesare, Medori e Morelli (pianoforte), Deflorean (flauto) e monsignor Valentino Miserachs (composizione e canto corale), co-fondatore della scuola, anche il suo ampliamento ad alcune stanze del quarto piano, ristrutturate e adibite sia ad aule per lezioni, sia alla presidenza di suor Dolores e alla segreteria, incaricata di sbrigare mansioni didattiche e burocratiche come l’organizzazione della giornata, l’espletamento delle pratiche per le iscrizioni, la contabilità relativa agli studenti e agli insegnanti, l’attività di relazione con le famiglie, il rilascio dei certificati e l’aggiornamento della cartella documentale di ogni singolo allievo, presente in cinque o sei copie.

Nonostante un consiglio direttivo formato da cinque insegnanti – monsignor Valentino Miserachs, il professor Francesco Luisi, il maestro Mario Scapin, monsignor Marcel Noirot e la professoressa Maddalena Avignoni – gran parte delle attività della scuola dipendeva dalla volontà di suor Dolores. Donna energica, dal piglio autoritario e dal carattere in certi casi fin troppo impulsivo che la induceva a prendere decisioni non sempre equilibrate, ne era l’anima e le dedicava intere giornate al punto che, dopo un iniziale pendolarismo con il convento sull’Appia Nuova, si stabilì in un appartamento al terzo piano nel quale ogni tanto dava alloggio a qualche studente straniero, come una ragazza di origini orientali, visto che la Da Victoria era gettonata in più angoli del globo. Fra le regole che aveva fissato per l’istituto, oltre l’autorizzazione che gli allievi le dovevano chiedere prima di lasciarlo anzitempo, l’imposizione di una divisa: gonna a pieghe o pantalone blu con camicia bianca e gilet blu per le ragazze; pantalone e gilet blu con camicia celeste per i ragazzi. Su di essa andava esibito il distintivo della scuola, evoluto negli anni da pentagramma a chiave di violino subordinata allo stemma pontificio, e una spilla argentata a forma di chiave di sol.

Se le lezioni collettive si svolgevano secondo calendarizzazioni definite con largo anticipo – come la prova di canto corale, obbligatoria e in programma tre volte la settimana – per le lezioni individuali – come pianoforte o flauto traverso – professore e allievo si accordavano in base alle reciproche disponibilità e quest’ultimo stabiliva se alla sua seduta potessero assistere o meno altri allievi. L’anno musicale cominciava a settembre e si concludeva a giugno quando, oltre al saggio finale, ogni studente sosteneva una verifica sull’attività svolta alla presenza di una commissione valutatrice composta da suor Dolores e dagli insegnanti della materia dello strumento principale (flauto, pianoforte, violino). Il risultato veniva trascritto sopra una pagella e, in caso di esito positivo, rappresentava il lasciapassare per sostenere l’esame in conservatorio.

Nel suo periodo d’oro, la Da Victoria si esibì anche in palcoscenici prestigiosi: la Sala Nervi in Vaticano al cospetto di Giovanni Paolo II, palazzo Barberini (16 maggio 1983), la chiesa di Sant’Andrea della Valle in fondo a corso Rinascimento, il palazzo della Cancelleria. Ai suoi concerti partecipavano personaggi illustri come alti porporati, politici di primo piano, tra cui il futuro Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, e vedette dello spettacolo al tempo conduttrici di programmi televisivi.

La scuola ebbe rapporti anche con la RAI, come si evince dalle 500.000 lire ricevute quale oblazione da viale Mazzini l’8 ottobre 1987. Tuttavia, la scomparsa di Emanuela Orlandi, accaduta vicino all’istituto e poco dopo la fine delle lezioni, non le giovò sul piano dell’immagine e causò abbandoni progressivi da parte degli iscritti, oltre a una crescente quanto diffusa preoccupazione fra i genitori degli allievi, specialmente delle ragazze, che in molti casi presero ad accompagnare le figlie per poi andarle a riprendere all’uscita. Un altro colpo pesante fu la dipartita di suor Dolores (1988), che privò la scuola della sua fonte vitale, e il trasferimento a inizio anni Novanta in zona Ostiense, a via Caboto, dietro il vecchio Gasometro,  proprio mentre l’Opus Dei (nel frattempo elevato da Wojtyla a prelatura di Sua Santità) prendeva possesso di S. Apollinare installandovi la Pontificia Università della S. Croce, secondo ateneo di stretta emanazione curiale dopo la Gregoriana, e operando una profonda ristrutturazione degli interni tanto che oggigiorno, aldilà degli scaloni di marmo, non è rimasto più niente del passato. Nel giugno 2008, l’APSA acquisì anche la gestione degli stabili di via Caboto con la motivazione ufficiale che aveva necessità di usufruire dell’edificio. La decisione fu presa mentre le cronache erano occupate dalle dichiarazioni di Sabrina Minardi, che connettevano la sparizione di Emanuela Orlandi alla Banda della Magliana e c’è chi ha accostato i due fatti, quasi come se a Piazza San Pietro avessero voluto cancellare ogni traccia che potesse ricondurre a un giallo fastidioso e, a tratti, ingombrante. Almeno per loro.

Ercole e Pietro decisero di sporgere denuncia di scomparsa presso il commissariato di polizia “Trevi”,  in Piazza del Collegio Romano ma furono scoraggiati dagli agenti perché i poliziotti dicevano che per poche ore di ritardo non c’era da preoccuparsi e poi perché, essendo cittadino vaticano, dovevano presentarsi all’ispettorato di PS del vaticano.

 

Allorquando, nel 1976, il giovane M.D.L. si iscrisse al corso di pianoforte nell’Istituto Ludovico da Victoria, i genitori vennero in contatto con la Direttrice, Suor Dolores, fino a stringere una amicizia a tal punto da chiedere di essere “assunti” nella scuola di musica con le mansioni di factotum lui e impiegata lei.  Dipendente della Compagnia Trasporti Laziali, F.D.L. impegnato in tale lavoro nelle sole ore mattutine aveva due figli, il già citato M. e P., una ragazza di ventiquattro anni dal passato burrascoso tanto che, per farla distrarre ed estraniarla dall’ambiente che l’aveva depressa, i genitori la iscrissero alle lezioni pomeridiane di canto corale. Lo stesso corso di Emanuela che però, P., frequentò per soltanto due mesi e mezzo.

Nei locali della DIGOS della Questura di Roma, il 30 luglio 1983 alle ore 13.00 F.D.L dichiarerà che “… il 22 giugno sono andato alla scuola di Piazza S. Apollinare regolarmente alle 15.00 […] alle ore 18.00 sono sceso nella portineria per cambiarmi d’abito in quanto ricorrendo le nozze d’argento mie e di mia moglie avevamo stabilito di celebrare nella cappella della scuola una messa cui hanno preso parte Suor Dolores, il maestro Don Valentino Miserax (nda Miserachs), la signora Luigina custode dell’intero edificio  […] a causa della messa […] il canto corale quella sera è terminato alle 18,50.

Testimonianza confermata dalla moglie di F.D.L. che dichiarerà “P. ha assistito fino alle 18:45 alle prove del coro e poi è scesa con il fratello. Dopo la messa c’è stato un piccolo rinfresco nella scuola…”.

Dunque, quel mercoledì 22 giugno 1983 le lezioni di musica dell’intero Istituto, finirono tra le 18,50 e le 18,55 per tutti gli allievi.

Alle dieci di sera Natalina e Federica iniziarono le telefonate agli ospedali romani, ai parenti, agli amici ai genitori delle compagne di Emanuela e a suor Dolores, la direttrice della scuola, la quale comincia, anche lei, un giro di telefonate alle compagne di Emanuela.

La prima telefonata ricevuta dal Vaticano da parte dei rapitori non sarebbe stata quella del 5 luglio 1983, cioè dopo che Giovanni Paolo II aveva già lanciato un appello, ma una arrivata tra le 20 e le 21 della stessa sera della scomparsa della ragazza. Uno sconosciuto chiama il Vaticano e chiede di parlare urgentemente con il segretario di Stato, cardinale Agostino Casaroli. Ha qualcosa di importante da comunicare, dice. Ma Casaroli è in Polonia con Giovanni Paolo II, per una visita ufficiale e le suore di turno al centralino non danno gran peso alla telefonata e girano la chiamata alla Sala Stampa, ancora aperta. Ma a chi gli risponde, l’anonimo interlocutore consegna un messaggio tutt’altro che vago: Emanuela è stata rapita. A quell’ora però in casa Orlandi, sono solo preoccupati per il ritardo inspiegabile di Emanuela e i genitori, il fratello e gli amici non si sono ancora mobilitati per setacciare Roma. In Vaticano la telefonata viene classificata come uno scherzo di dubbio gusto.

Eventi storia Emanuela Orlandi Mirella Gregori giugno 1983
                 22/06/1983 concerto a Piazza Navona

Nella stessa sera, quella del 22 giugno 1983, Piazza Navona fu teatro di una manifestazione promossa dal Comitato disoccupati organizzati, una tra le liste minori di “Lista di lotta” con la collaborazione di Radio Proletaria (l’emittente che trasmetteva,  in diretta, le sedute del Consiglio comunale). Dal quotidiano Paese Sera del 22 giugno si legge: la manifestazione, ha un titolo:Contro l’economia di guerra, contro la società repressiva, per il salario, per il lavoro”, e vedrà la partecipazione di una delegazione della lista elettorale milaneseVivere liberazione”, lista che è composta da detenuti “politici” del carcere di S. Vittore. Il clou della manifestazione sarà, al termine, un concerto reggae tenuto dal gruppo giamaicanoClint Eastwood and General Saint”. Prima, tra le sette e le otto, suonerà il gruppo punkClaxon”. Il tutto è naturalmente ad ingresso gratuito.

Eventi storia Emanuela Orlandi Mirella Gregori giugno 1983
Paese Sera 24/06/1983

Anche in piazza del  Pantheon ci fu, dalle ore 18.00, una manifestazione organizzata dal  PCI dal titolo “Roma verso dove?”. Tema del dibattito era quello relativo ai problemi urbanistici e archeologici, di conservazione di monumenti e di informazione, di musica e spettacolo.

23 giugno 1983, giovedì (I giorno)

Ercole Orlandi e Natalina presentano denuncia di scomparsa agli uffici dell’Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano alle 07,50  precisando, con una integrazione alle ore 19,15, che a Corso Rinascimento verso le 17,00 dello stesso giorno, un Vigile urbano e un Agente di Polizia hanno riferito di aver notato, alle 17.00 del 22 giugno, una ragazza che potrebbe corrispondere ad Emanuela parlare con un uomo che aveva con se “una sacca reclamizzante AVON che è appunto una ditta di cosmetici”. In seguito iniziano a cercarla per le strade di Roma, quelle strade che di solito faceva per recarsi a scuola di musica.

Il papa viene avvisato della scomparsa. Gli diede la notizia il segretario di Stato Agostino Casaroli, prima che Wojtyla salisse sull’aereo che da Cracovia lo riportava a Roma. (Curiosità: tra i giornalisti accreditati al viaggio compare Richard Roth corrispondente da Roma dell’americana CBS che riceverà poco più tardi quattro missive del gruppo “Phoenix” da Boston). La situazione apparve subito grave alle gerarchie vaticane, al punto che monsignor Casaroli convocò d’urgenza una riunione della Segreteria di Stato nel Palazzo Apostolico. La scelta fu dettata dall’allarme che circolava da molti mesi per una possibile azione tesa a colpire il Vaticano.

 “Abbiamo chiesto a tutti i negozianti delle vie intorno alla scuola di musica se avevano visto una ragazza con le caratteristiche di Emanuela. Abbiamo setacciato tutta Roma. Siamo andati perfino a Ostia dove in quel periodo Emanuela andava spesso con la madre. Ormai avevamo  il terrore che fosse stata vittima di un maniaco. Nei giorni successivi siamo andati addirittura al Senato per chiedere se quel giorno funzionassero le telecamere per vedere se avevano registrato qualche immagine che avrebbe potuto aiutarci. Così siamo venuti a sapere, noi, non la polizia che un poliziotto e un vigile urbano in servizio davanti al Senato, probabilmente avevano visto Emanuela[Ercole Orlandi]

L’appuntato di polizia Bruno Bosco e il vigile urbano Alfredo Sambuco riferiscono di aver notato, il giorno prima attorno alle cinque del pomeriggio, vicino alla fermata del 70 di Corso Rinascimento, una ragazza bruna dai capelli lunghi. Era accanto a una BMW vecchio tipo, nera con il tetto verde chiaro e un uomo tra i quaranta e i quarantacinque anni di carnagione scura, dai capelli castani molto radi, le mostrava dei cosmetici che tirava fuori da una borsa con la scritta “AVON”.

Alfredo Sambuco (Vigile Urbano in servizio dalle 14 alle 21 del 22 giugno 1983 davanti al Senato) : «la conoscevo di vista perché la vedevo passare tutti i giorni. Quel mercoledì l’ho vista vicino a una Bmw verde parcheggiata in divieto di sosta di fronte al Senato, con lei c’era un uomo che avrà avuto sui trentacinque anni, ben vestito, alto un metro e settantacinque o poco più, corporatura snella e leggermente stempiato, viso allungato. Mi sono avvicinato  perché l’auto era in divieto di sosta, l’uomo mi garantì che si sarebbe allontanato subito. Come poi fece».

 

Il poliziotto (Bruno Bosco) raccontò di aver visto la stessa scena ma da una angolazione diversa, (marciapiede opposto al portone dell’ingresso del Senato) a una distanza di una quindicina di metri  e sei giorni dopo, il 28 giugno, puntualizzò per iscritto ai suoi superiori: «Lo sconosciuto fermo vicino alla Bmw di vecchio tipo e colore verde chiaro all’altezza del numero civico 3 di piazza Madama parlava con una ragazza, alla quale nel contempo mostrava un tascapane di colore tipo militare con la scritta Avon contenente probabilmente dei prodotti cosmetici». A verbale il poliziotto specifica che l’uomo «era vestito con camicia e pantaloni di colore chiaro, alto circa m. 1,80, corporatura normale, capelli castani chiari corti, con pochi capelli sul davanti». La ragazza invece «notata di sfuggita, era molto giovane e bassa». Sentito di nuovo alle 09,50 del 18 ottobre 1985 a Processo Verbale avanti al Giudice Istruttore Ilario Martella, conferma il contenuto della relazione e alla domanda di riferire le caratteristiche della ragazza risponde “…non ho dubbi che si tratti proprio di Emanuela Orlandi e ciò perché detta ragazza era stata già da me notata più di una volta nella zona di Piazza Madama – Corso Rinascimento e perché mi è stato estremamente agevole riconoscerla allorché la sua fotografia era apparsa sui giornali. Ovviamente solo in tale occasione ho avuto modo di apprendere che la ragazza più di una volta da me notata in precedenza, si identificava in Emanuela Orlandi”.

Lo stesso pomeriggio del 23 giugno lo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi (zio materno) fa il giro delle redazioni romane chiedendo di pubblicare la notizia della scomparsa della nipote e la sua fotografia. Solo il venerdì successivo, (il 24 giugno) Il Tempo raccoglie l’invito e pubblica un trafiletto con il titolo: “Chi ha visto Emanuela?”e sotto al titolo:  “Dalle ore 19.15 del 22 giugno si sono perse le tracce di Emanuela Orlandi, 15 anni, vista per l’ultima volta da due compagne di scuola in Corso Rinascimento, di fronte al Senato. Emanuela è alta un metro e 65, corporatura snella, occhi marroni, capelli lunghi castano-scuri. Indossava pantaloni jeans con bretelle, camicetta bianca, aveva una borsa di cuoio e un astuccio nero rettangolare contenente un flauto. Chi l’avesse vista o avesse notizie, può telefonare al numero 69.84.982“.

Nello stesso giorno in casa Orlandi ricevettero numerose telefonate. “Quasi tutti sciacalli e mascalzoni”.

24 giugno 1983, venerdì (II giorno)

Esce il primo articolo su Emanuela sul quotidiano Il Tempo.

L’Unità del 24/06/1983

Pietro telefona al cugino e agli amici motorizzati per incontrarsi all’inizio di viale Cristoforo Colombo per recarsi ad Ostia dove iniziano a cercarla. Setacciano il lungomare, la spiaggia di fronte al capolinea del trenino Roma-Lido, le strade interne, l’idroscalo, la pineta di Castelfusano fino a dividersi e un gruppo si reca alle dune di sabbia di Torvajanica. Nel pomeriggio Pietro la cercherà per la strada che avrebbe fatto se fosse andata a piedi mostrando alla gente la foto di Emanuela.

25 giugno 1983, sabato (III giorno)

La stampa riporta la notizia secondo cui, per Scotland Yard, la polizia londinese, non esistono prove per sostenere che il Presidente del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, sia stato assassinato.   

Eventi storia Emanuela Orlandi Mirella Gregori giugno 1983
La Stampa del 25/6/1983

I quotidiani  L’Unità,  Il Messaggero, Paese Sera e La Stampa riportano la notizia della scomparsa di Emanuela.

Verso le sei del pomeriggio arriva la prima telefonata di uno sconosciuto che si presenta col nome di Pierluigi e parla italiano senza inflessioni dialettali. Per i modi gentili Mario Meneguzzi, lo zio di Emanuela, che da quel momento divenne portavoce della famiglia, lo aveva ribattezzato “il pariolino”. Pierluigi racconta che “la mia fidanzata, che ha quattordici anni, ha incontrato due ragazze in Piazza Campo dei Fiori. Una delle due, Barbara, aveva con se un flauto e, oltre a chincaglierie, vendeva gonnellini e prodotti cosmetici della Avon. Si sono messe a chiacchierare. La mia fidanzata ha suggerito a Barbara di guadagnarsi qualcosa suonando il flauto a Piazza Navona, ma Barbara ha risposto che si vergognava di esibirsi in pubblico, perché per leggere lo spartito avrebbe dovuto mettersi un paio di occhiali con la montatura bianca che la imbruttivano”.  

Tre ore dopo, verso le nove di sera, Pierluigi richiama per la seconda volta e fornisce un’ulteriore particolare: “Mi sono ricordato che Barbara aveva detto di essere affetta da astigmatismo a un occhio. Perciò avrebbe dovuto portare degli occhiali a goccia”.

Il racconto di Pierluigi contiene alcuni tasselli di verità. Accenna al lavoro per la casa cosmetica, una notizia che non è ancora di dominio pubblico. Ed è vero che Emanuela si vergognava di suonare in pubblico perché per leggere lo spartito aveva bisogno degli occhiali che avevano la montatura bianca. Vero anche quello che racconta durante la seconda telefonata per cui tutti questi particolari persuadono gli Orlandi che Pierluigi abbia davvero incontrato Emanuela (Barbara).

 

Giugno
L’Unità del 25/06/1983

26 giugno 1983, domenica (IV giorno)

I fratelli di Emanuela, i cugini e gli amici si sguinzagliano per le strade di Roma e passano e ripassano per piazza Campo dei Fiori, per Piazza Navona e per le vie adiacenti mentre a casa Orlandi continuano le telefonate degli sciacalli che alimentano lo strazio.

Alle otto di sera, Pierluigi si fa vivo di nuovo per la terza volta. Dice di avere sedici anni e di trovarsi con i suoi genitori nel ristorante (si sentiva il tipico sottofondo di voci, piatti e posate) di una località marina e che la ragazza che era con Barbara le aveva chiesto se avrebbe suonato il flauto per il matrimonio di sua sorella. Lo zio di Emanuela gli propone un incontro in Vaticano e Pierluigi si mostra sorpreso da questo e gli domanda “In vaticano? Ma lei è un prete?”. Qualcosa però non tornava. Il lessico e la voce non erano quelli di un sedicenne.

 

 

La stessa sera, qualche ora dopo aver ricevuto la terza telefonata di Pierluigi, entrano in scena i servizi. Era quasi mezzanotte, i gendarmi di guardia a Porta Sant’Anna li avevano fermati al cancello a bordo di una A112 e gli amici di Emanuela, che ormai avevano creato una base operativa sotto casa Orlandi, avvisarono Ercole. Uno era Marino Vulpiani, già conosciuto dagli Orlandi nel paesino di Torano, l’altro, Giulio Gangi, amico, e secondo alcuni intimo, della cugina Monica Meneguzzi, (“invenzioni, una delle tante”) da due giorni trasferitasi a casa Orlandi. “Mio cognato ed io uscimmo dal cancello e si presentarono due agenti del Sisde. Mio cognato e mio figlio li conoscevano di vista perché frequentavano Torano, in provincia di Rieti, dove vivevano mia sorella e mia cognata e dove andavamo in vacanza d’estate”. Chiedemmo perché erano venuti “In ufficio ci è caduto l’occhio su un’informativa che riferiva della scomparsa di Emanuela Orlandi. Siccome io la conosco, il mio superiore mi ha detto di fare un controllo”. Ercole Orlandi non ha mai creduto a questa storia, pensa che le cose siano andate diversamente e comunque da quel giorno (26 giugno 1983 verso mezzanotte) agenti dei servizi andarono ininterrottamente a casa Orlandi. Furono loro a consigliare di registrare le telefonate e di far mettere sotto controllo il telefono.

 

A detta del giornalista Giuseppe (Pino) Nicotri, nel 2008 Gangi gli disse che : «Già la sera della scomparsa mi telefonò Monica (Meneguzzi nda), alla quale avevo detto che ero della polizia, tacendo però che ero del Sisde. Due giorni dopo, il 24, mi chiese di aiutarli nelle ricerche. Così mi diedi da fare, e il 26 andai anche a casa Orlandi in Vaticano»

Gangi aveva una sua idea, la tratta delle bianche. Fu così che Marino Vulpiani e lo stesso Pietro Orlandi si recarono, con l’A112, in una traversa di via Ottaviano dove, a detta di Gangi, che aveva avuto una “dritta”, in un appartamento veniva nascosta Emanuela. “Non abbiamo trovato niente” disse Gangi a Pietro dopo l’irruzione.

Il papa si preparava ad intervenire in prima persona. La gestione del caso fu avocata ai massimi livelli e agli Orlandi fu imposta la consegna del silenzio e furono intimati a limitarsi soltanto ai comunicati ufficiali concordati con gli investigatori e letti dallo zio Meneguzzi.

27 giugno 1983, lunedì (V giorno)

Il telefono di casa Orlandi è già sotto controllo (il registratore modello National Panasonic RS-262 U lo portò Andrea Ferraris, l’allora fidanzato di Natalina).

Registratore National Panasonic RS-262 U

 

Il Messaggero del 27/06/1983

Gli Orlandi ricevono una strana telefonata. Alle sette di sera, chiama un uomo che si presenta come Mario, parla con accento romanesco, afferma di avere trentacinque anni e appare preoccupato di sollevare da ogni responsabilità un amico che lavora per la Avon. Col suo amico lavorano anche due ragazze, una delle quali si fa chiamare Barbara e tornerà a casa, da dove manca da un po’, a settembre per il matrimonio di una parente. Le indicazioni di Mario coincidono con quelle di Pierluigi. Quando lo zio Mario Meneguzzi, alla ricerca di conferme sull’attendibilità del suo interlocutore telefonico, aveva chiesto l’altezza della ragazza, si era sentito rispondere da una voce esitante: «Un metro e… e… cinquanta…» Poi aveva ben distinto un ‘altra voce che in sottofondo suggeriva: «No, de più, de più».

Nel corso del tempo la telefonata di Mario è stata datata 28 giugno ma agli atti della Procura risulta effettuata il 27 giugno 1983:

Giugno

Audiocassetta Mario giugno

Nel documento, la trascrizione della telefonata di Mario a firma del consulente tecnico Sonia Pallotti (che viene depositata nel 2006) a seguito della richiesta di Italo Ormanni. Le parti segnate con pennarello rosso sono state vergate da Marco Fassoni Accetti dopo un’attenta lettura della trascrizione in quanto ritenute “pertinenti” (verbale di spontanee dichiarazioni di persona informata sui fatti del 18 aprile 2013 delle ore 16:00 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma Piazzale Clodio palazzina “C” piano I stanza 108 a firma del Procuratore della Repubblica Aggiunto Dott. Giancarlo Capaldo e il Sostituto Procuratore della Repubblica Dott.ssa Simona Maisto).

 

Clicca per leggere/scaricare il documento

 

28 giugno 1983, martedì (VI giorno)

A Londra si chiude il processo per la morte di Roberto Calvi col verdetto che ne esclude il suicidio senza provarne l’omicidio.

giugno
Il Messaggero del 28/06/1983

A pagina 13 del quotidiano “Il Messaggero” si fa riferimento ad una strana telefonata su cui la polizia dovrà lavorare.

 

Bruno Bosco, appuntato di Polizia in servizio presso il Senato della Repubblica il 28 giugno riferisce, con una relazione di servizio al Dirigente la Squadra Mobile che “verso le ore 17.00 circa del 22 c.m., mentre mi trovavo di servizio presso il suddetto ufficio, notavo in sosta in Piazza Madama altezza civico nr.3 un’autovettura probabilmente una BMW vecchio tipo colore verde chiaro di cui il conducente dal di fuori dell’autovettura, parlava con una ragazza, che nel contempo le mostrava un tascapane di colore tipo militare con la scritta “AVON” contenente probabilmente dei prodotti cosmetici. Il predetto conducente era vestito con camicia e pantaloni di colore chiaro, altezza 1,80 circa, corporatura normale, capelli castano chiari corti, con pochi capelli sul davanti, mentre la ragazza molto giovane, bassa…”.

Un altro agente segreto del Sisde si presentò dagli Orlandi, il carabiniere Gianfranco Gramendola, capo di Giulio Gangi, che chiese di essere chiamato con il suo nome in codice: Leone. Gramendola non rivelò di lavorare per i Servizi segreti.

Una donna di 22 anni, Pasqua Vulpio, viene salvata dai Carabinieri prima che si lanciasse nel Tevere all’altezza di Ponte Sisto. La stessa, iscritta all’Università di Roma presso la facoltà di Filosofia, venne sentita il 12 luglio 1983 in Questura perché nella mattinata telefonò a casa Orlandi per dare informazioni su Emanuela che a suo parere ha riconosciuto all’ospedale S.Filippo Neri.

Il Messaggero del 29/06/1983

29 giugno 1983, mercoledì (VII giorno)

Come riporta il quotidiano “L’Unità“, a Roma nei due giorni precedenti (27 giugno e 28 giugno) ci furono violenti acquazzoni tanto da creare “allagamenti, crolli, interruzioni, crepe […] il centralino dei vigili urbani è stato tempestato di telefonate e di richieste d’aiuto…“. Nella telefonata di Mario del 27 lo stesso indica che in quel momento “qui ce stamo a fracicà […] ce sta il diluvio qua!“.

L’Unità del 29/06/1983

 

30 giugno 1983, giovedì (VIII giorno)

Alì Agca ritratta alcune importanti dichiarazioni riguardanti l’attentato al papa. Il 30 ottobre 1982 aveva infatti rivelato che il denaro pattuito per compiere l’attentato al papa da bulgari o dai sovietici era stato versato dal turco Bekir Celenk a un altro turco, amico di Agca, Oral Celik. Lo stesso Celenk, che lo aveva contattato a Sofia per conto dei mandanti bulgari, avrebbe prelevato tre milioni di marchi tedeschi da un conto corrente presso la Union Bank of Bavaria di Londra e lo avrebbe accreditato su un conto intestato a Celik presso la Bayerische Vereinsbank di Dusseldorf. Agca confermò che Celik gli aveva detto di aver ricevuto i tre milioni di marchi da Bekir Celenk ma il 30 giugno, appunto, Agca fa marcia indietro perché crede che la sparizione della Orlandi sia un segnale dei suoi amici complici per fargli sapere che “non ti abbandoniamo. Cercheremo di liberarti scambiandoti con questa cittadina vaticana. Intanto tu smetti di collaborare con gli inquirenti che indagano sull’attentato al papa”.

 

Nella nottata Roma viene tappezzata da tremila manifesti con la foto di Emanuela sorridente con una fascetta intrecciata giallo-rossa. “E’ Scomparsa” si legge sui manifesti che indicano l’età (quindici anni) e altezza della ragazza (un metro e sessanta). “Al momento della scomparsa aveva capelli lunghi, neri e lisci, indossava un paio di jeans, camicia bianca e scarpe da ginnastica. Non si hanno sue notizie dalle ore diciannove di mercoledì 22 giugno, chi avesse utili informazioni è pregato di telefonare al numero 6984982.” Vengono anche diffusi vari appelli tramite la radio nazionale e le radio private.

 

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