Che succede al Banco Ambrosiano

Lettera aperta al Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi.
Egregio Signor Governatore, sappiamo che nella Banca d’Italia, in tema di vigilanza sugli istituti di credito, da lungo tempo si combattono due opposte tendenze: quella favorevole ad un più deciso intervento dell’Autorità Centrale che faccia rispettare la legge bancaria (e non solo bancaria) riportando il credito alla sua utile funzione istituzionale; e quella che, in quest’area di dirigismo statalistico, ha paradossalmente abbracciato la politica del “laisser faire”, una politica soprattutto non dannosa alla propria carriera.
La prima tendenza, dopo i guai capitati al suo leader, il Dottor Sarcinelli, è tornata nell’ombra, ma non per questo demorde dalle sue convinzioni; la seconda è quella che, sotto il segno di opposte bandiere, ha preso attualmente il sopravvento e che, a nostro avviso, nonostante il suo abile ruolo di mediatore, sta conducendo alla rovina il Paese. Le abbiamo più volte espresso i motivi della nostra convinzione e Le saremmo grati se Ella volesse in qualsiasi modo commentare quanto da noi affermato; ma questa volta vorremmo attirare la Sua attenzione sul Banco Ambrosiano, e cioè sulla più forte banca privata italiana che – pur godendo, secondo i suoi amministratori dell’appoggio della divina provvidenza – è sottoposta al controllo della Banca d’Italia.
Ebbene, nel Banco Ambrosiano, almeno a quanto dice la Magistratura o si legge sulla stampa, ne stanno succedendo di tutti i colori. Il suo Presidente, Roberto Calvi, condannato per infrazioni valutarie e incriminato per gravi reati che vanno dalla truffa al falso in bilancio, è stato riconfermato in tutte le sue cariche sociali. Interi partiti, come il PSI, finanziati, per esplicita ammissione dello stesso Calvi, per mezzo di linee di credito concesse sull’estero e, quindi, con parecchie violazioni di legge. Importanti gruppi editoriali, come quello RIZZOLI, indebitati fino all’osso con questa banca, centro di ‘piduisti’, e forse braccio operativo di oscure manovre politico-finanziario-mafiose. Ce ne dovrebbe essere abbastanza per dar lavoro per anni a tutti gli ispettori della Vigilanza della BANCA D’ITALIA. E invece la BANCA D’ITALIA è tanto assente da far sembrare questa sua totale indifferenza di fronte a quanto appurato dalla Magistratura ordinaria, quasi un’omissione di atti d’ufficio.
Gravissimo, in tal senso, ci sembra l’episodio accennato dalla grande stampa di informazione e relativo a complicatissimi rapporti esistenti tra RAVELLI, il BANCO AMBROSIANO, la SAVOIA ASSICURAZIONI (del Gruppo RIZZOLI), lo stesso RIZZOLI e la SPARFI (società de LA CENTRALE), rapporti che attraverso la compravendita della BANCA MERCANTILE DI FIRENZE, sono stati in grado di concretizzare nel giro di due giorni, un utile di 2.336 milioni (di Lire) che non si comprende bene in quali tasche sia finito.
Senza addentrarci negli intricati particolari di questa operazione – che peraltro ricalca gli schemi preferiti di CALVI, con società del suo stesso gruppo che vendendosi fra loro qualche partecipazione fanno saltar fuori più di qualche miliardo (di Lire) che poi sparisce – ci limitiamo a farLe osservare che, secondo quanto risulta dagli accertamenti della PROCURA DELLA REPUBBLICA DI MILANO:

1) il BANCO AMBROSIANO, su ordine della SAVOIA ASSICURAZIONI, ha distribuito 230 assegni circolari da 10 milioni ciascuno, frutto dell’operazione accennata;
2) funzionari del BANCO AMBROSIANO hanno consegnato assegni circolari per 200 milioni di lire, che fanno parte della stessa operazione cui ci riferiamo, senza identificare la persona, che li ritirava;
3) almeno uno di questi assegni circolari, che potremmo definire “di fantasia”, è finito all’estero.

Davvero singolare in questo brutto pasticcio il comportamento dei dirigenti del BANCO AMBROSIANO che in un, primo tempo tacevano perfino alla GUARDIA DI FINANZA che indagava sui 10 milioni finiti all’estero, l’operazione alla quale l’assegno incriminato si riferiva, e poi ammettevano (ma, solo dopo l’intervento del magistrato) che la compravendita era avvenuta fra società dello stesso Gruppo AMBROSIANO.
Legittimo e fondato appare quindi il sospetto ingeneratosi negli inquirenti che i vantaggi di questa operazione, e cioè i 2.336 milioni, siano finiti nelle tasche di esponenti di primo piano del BANCO AMBROSIANO, mentre l’inerzia dell’Istituto Centrale appare, anche in questo caso, incomprensibile.
Per lungo tempo, infatti, perfino gran parte, della dottrina è stata favorevole a considerare inammissibile il potere di controllo dell’Autorità Giudiziaria ordinaria sugli istituti di credito, affidati all’ISTITUTO VIGILANZA della BANCA D’ITALIA e, dunque, non sottoponibili ad una doppia giurisdizione. Ma ora, Signor Governatore, come può un azionista del BANCO AMBROSIANO sentirsi garantito anche come cittadino italiano che non voglia correre il pericolo di dover ripianare un altro crack ‘alla SINDONA’?!
E’ quindi nostro indefettibile convincimento che l’Istituto Centrale non possa sottrarsi ulteriormente alla sua funzione di controllo almeno per quanto riguarda il BANCO AMBROSIANO, un controllo che per i suoi stessi fini istituzionali, non deve esercitarsi ed esaurirsi nell’ambito dell’eroica discrezione di qualche ispettore della VIGILANZA, ma deve essere reso pubblico nelle sue risultanze, quali che esse siano.
Per questo, Signor Governatore, ci permettiamo di rivolgerLe la seguente domanda: “Che succede al Banco Ambrosiano?” e sinceramente riteniamo che una risposta, competente, e circostanziata, da parte della “BANCA D’ITALIA sarebbe preferibile alle molte dannose illazioni che in materia bancaria, anche grazie alla disinvolta gestione del BANCO AMBROSIANO, si stanno facendo.

Agenzia Axel 05/11/1981

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