Pietro Orlandi: “Ho lo scambio di messaggi tra due persone vicine al Papa, ma il Vaticano non mi convoca”.

Nuovo duro intervento da parte di Pietro che continua a sostenere che all’interno del Vaticano non ci sia l’intenzione di andare a fondo sulla scomparsa della sorella. “Ci sono due persone molto vicine a Papa Francesco che usano telefoni riservati della Santa Sede e io ho un loro scambio di messaggi: parlano di documenti su Emanuela. Quando noi chiedevamo i documenti ci dicevano che non c’è nulla: non è vero” e nessuno ha convocato Pietro Orlandi per capire di cosa si tratta.

La trasmissione di approfondimento di La7, Atlantide, condotta da Andrea Purgatori nella puntata del 12 maggio 2021 si è occupata dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II e del caso Orlandi. Ospite in studio Pietro Orlandi e in collegamento l’avvocatessa Laura Sgrò.

Avvocatessa Laura Sgrò  alcuni mesi fa c’era stato un evento che tutti speravano che potesse portare ad una svolta nella storia della scomparsa di Emanuela e cioè l’apertura di un paio di tombe nel cimitero Teutonico all’interno della Città del Vaticano come sono andate le cose?

I fatti sono stati pressoché surreali: le tombe sono risultate essere vuote (interrompe Purgatori aggiungendo “vuote ed eccessivamente pulite”). L’ufficio del Promotore dopo l’apertura delle stesse ci ha portato presso un’ulteriore luogo all’interno del collegio Teutonico dove c’era un ossario, lì sono stati fatti dei rinvenimenti ossei. C’è stato un confronto tra i nostri periti e quelli del Vaticano, sono stati selezionati alcuni campioni ossei da analizzare e il Vaticano, molto velocemente e sulla base di una mera indagine di natura strettamente visiva, ha catalogato questi resti come antichi o molto antichi, quindi l’occhio bionico dei periti Vaticani ha bollato come vecchissimi questi reperti. Ulteriori approfondimenti sono stati delegati, a carico economico della famiglia di Emanuela, agli Orlandi. Dunque i familiari, per correttezza e competenza di indagine si sono fatti carico di fare ulteriori approfondimenti su questi reperti ossei che comunque non sono risultati così tanto antichi come era stato paventato dall’occhio dei periti Vaticani. Ne è uscito fuori che ci sono dei reperti successivi al 1900 e dei campioni femminili posteriori al 1950. E’ ovvio che non c’è Emanuela in quei reperti ma non è neanche vero che le analisi andavano fatte così come è sono state fatte dalla Città del Vaticano. Francamente tutto ci è sembrato assolutamente fuori da ogni logica anche perché noi avevamo chiesto l’apertura delle tombe e non di analizzare un ossario intero peraltro a carico della famiglia Orlandi.

Pietro quel giorno tu eri emozionatissimo però nello stesso tempo quella concessione che ti era stata fatta dal Vaticano sembrava l’inizio di una apertura, di una svolta anche nei rapporti tra voi che chiedevate e loro che fino a quel momento si erano sempre trincerati dietro il silenzio, un non rispondere.

E’ stata una grande sceneggiata. Primo perché loro sapevano perfettamente che quelle tombe erano vuote, non potevano non saperlo. La questione più importante è stata la stanza che è stata trovata sotto quelle tombe. Dopo aver aperto una delle due tombe, gli operai hanno fatto un buco ed hanno visto che sotto c’era una stanza in cemento armato (quindi materiale recente) ma il dubbio era come si poteva accedere dato che non c’erano porte né finestre.

L’indicazione di andare a vedere la “tomba dell’Angelo” vi era arrivata non in forma anonima. Vi è arrivata comunque da una persona all’interno del Vaticano che si era comunque palesata.

Si. Per questo volevo che si aprisse un’inchiesta interna prima di arrivare ad aprire le tombe perché avrei voluto verbalizzare. Avrei detto chi erano queste persone, avrei voluto che le ascoltassero e del perché ci volevamo portare su quella tomba. Il Vaticano invece ha voluto fare questa enorme uscita mediatica. Hanno aperto le tombe per dimostrare collaborazione ma tanto, probabilmente, sapevano che erano vuote. Quando però, l’interesse mediatico mondiale in quel momento era per quella stanza vuota, hanno spostato in un attimo l’attenzione sui due ossari. Hanno tirato fuori venti sacchi di ossa e le hanno analizzate in un giorno e mezzo. In seguito, la sala stampa si è espressa con un bollettino dicendo che erano ossa vecchie mentre nulla è uscito di quella stanza anche quando l’avvocatessa Sgrò ha richiesto le carte dei lavori fatti non gli hanno voluto dare niente.

 

Avvocatessa Sgrò quando vi sono arrivate queste indicazioni non anonime che parlavano della “tomba dell’Angelo” vi siete fatti una domanda sul perché qualcuno, in modo palese a voi, vi aveva dato questo suggerimento? Come mai questa persona avrebbe potuto sapere qualcosa su quella tomba e sulla possibilità che dentro ci fossero i resti Emanuela?

Le persone sono più di una, io ovviamente sono tenuta segreto ma, visto che queste persone hanno parlato anche con Pietro, eravamo, di concerto con l’ex Comandante della Gendarmeria Vaticana di sentire Pietro perché non è tenuto ai vincoli cui sono tenuta io. Quindi, dopo una serie di interlocuzioni con l’Ufficio della Gendarmeria, all’improvviso l’interlocuzione è cessata e quindi non hanno più voluto sentire Pietro che aveva tanto da raccontare e hanno deciso di aprire comunque le tombe. Quello che penso è che evidentemente, l’indicazione su quelle tombe è un ulteriore richiamo alla responsabilità del Vaticano nella sparizione di Emanuela e anche nella eventuale morte di Emanuela. Non me lo spiego in nessun altra maniera.

Pietro, questo “altro” che avresti voluto raccontare lo puoi raccontare anche qui?

Certo, io avrei fatto i nomi di queste persone, avrei voluto far fare una indagine su questi laici, prelati e monsignori che indicavano quella tomba. C’era anche una persona che portava i fiori sulla lapide perché gli era stato detto che lì ci potevano essere i resti di Emanuela. Da quando si è chiusa l’inchiesta nel 2015 le indagini le facciamo per conto nostro quindi cerchiamo di contattare le persone e nonostante tiriamo fuori indizi importanti, io vedo che c’è l’assoluta mancanza di volontà di fare qualcosa. Ci sono due persone molto vicine a Papa Francesco che usano dei telefoni riservati della Santa Sede ed io un loro scambio di messaggi del 2014 dove parlano di “documenti di Emanuela” e dicono “fai le copie di quella cosa della Orlandi ma non bisogna dirlo a Giani (direttore dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile dello Stato della Città del Vaticano e comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato del Vaticano) perché è una cosa grave…” dunque perché quando noi chiedevamo i documenti su Emanuela rispondevano che non c’era nulla? L’avvocato Sgrò ha mandato una istanza  al Segretario di Stato per denunciare questo scambio di messaggi ma non è successo niente, non mi hanno neanche convocato per verbalizzare.

Avvocatessa Laura Sgrò, cosa avete intenzione di fare adesso?

Noi intanto insisteremo perché vengano sentite queste persone o quantomeno vengono analizzati questi scambi di messaggi che ci sono stati recapitati. Noi non abbiamo il potere che ha la magistratura di sequestrare i telefoni per verificare l’attendibilità o meno di questi messaggi. Noi insistiamo, non abbiamo nessuna intenzione di demordere rispetto a questa vicenda, vogliamo vederci chiaro soprattutto perché si tratta di scambi che danno per scontato l’esistenza di conoscenze di informazioni all’interno della Santa Sede e quindi anche di persone con ruoli apicali nell’ambito del Vaticano. Loro hanno il potere di fare una certa tipologia di indagine ma non capisco perché non la vogliono fare.

Pietro Orlandi, a questo punto della vicenda sono passati 38 anni, hai qualche certezza in più rispetto a quello che può essere accaduto?

Io penso di sì e i fatti sono legati a quello che ho appena detto, ci sono diversi aspetti e io rimango in attesa che mi chiamano per verbalizzare quello che denuncio: non possono restare in silenzio. Vorrei fossero ascoltati questi cardinali, che si facesse luce su questi scambi di messaggi che tirano in ballo anche papa Francesco. Ma la stessa cosa la deve fare anche la parte italiana, la Procura. Quante volte si è parlato della questione di Sant’Apollinare, della questione dei soldi, di  De Pedis. Ad esempio loro hanno sempre negato e continuano a negare la conoscenza di De Pedis con Poletti, invece ho visto una foto che ritraeva De Pedis che versava dello champagne nella coppa del Cardinal Poletti in un appartamento a Piazza Navona e a quell’epoca De Pedis si sapeva chi era, non era uno sconosciuto. Lo stesso De Pedis frequentava la scuola di musica dove studiava Emanuela in quanto amico di suor Dolores e proprio lì c’erano gli uffici del futuro Ministro degli Interni e Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro amico intimo di Poletti e del rettore della Basilica Monsignor Vergari.

Ancora una volta si chiede che, dopo la magistratura italiana, sia quella vaticana ad indagare sulla scomparsa di Emanuela aprendo un’inchiesta interna perché Emanuela è tuttora iscritta all’anagrafe vaticana, è una cittadina vaticana e perché è ormai chiaro che all’interno del Vaticano ci sono delle persone che hanno avuto delle responsabilità su quello che è successo. Emanuela è stato un tassello in un sistema di ricatti che ha coinvolto lo Stato, la Chiesa e la criminalità.

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