Settembre 1983. Mirella&Emanuela

MIRELLA GREGORI – EMANUELA ORLANDI 

DIARIO DI

UNA STORIA VERA

 EVENTI SETTEMBRE 1983 

Abbiamo inserito una mappa dove sono visualizzati i luoghi fino ad ora interessati dalla vicenda. Sarà implementata ogni qualvolta una nuova località verrà citata. Di seguito una breve descrizione sul funzionamento:

 

 

Settembre 1983: mese nel quale era in programma il matrimonio di Natalina Orlandi ed Emanuela doveva svolgere gli esami di riparazione (latino e francese) per accedere alla classe successiva. Giulio Gangi si presenta a casa degli Orlandi annunciando che “entro 10-15 giorni” Emanuela sarebbe tornata, tutto si sarebbe risolto e a riportarla saranno gli uomini del S.I.S.De. aggiungendo che “…è molto provata e di condurla in un posto lontano dai giornalisti per farla riposare“.

 

01 settembre 1983, giovedì

All’agenzia Ansa di Milano arriva una lettera anonima risultata spedita il 28 agosto (dopo l’ultimo appello del papa) dalla città di Olten (Svizzera nordoccidentale nel cantone di lingua tedesca di Soleta). E’ scritta in lingua turca, sgrammaticata, senza punteggiatura e si legge: “Quelli che hanno rapito Emanuela sono dell’organizzazione culturale turca che sta in Svizzera. Il piano del rapimento è stato preparato dal presidente della stessa organizzazione.  Anche il piano dell’attentato al papa è stato realizzato da loro: Serdar Celebi, Agca, Omer Bagci, il presidente dell’organizzazione turca in Svizzera Ilyas Kaya che hanno preparato un piano del genere perché non avrebbero rapito la ragazza? Minacciando cercheranno di salvare i loro uomini. Loro in questo momento sanno bene dove sta la ragazza. Io ho fatto il mio dovere di uomo. Dipenda da voi credere o no a questo avviso (“ihbar”). Secondo me Emanuela può essere anche in Svizzera. Saluti. Per gli accertamenti del caso veniva interessata la Divisione Interpol.

Alle 15,30 nei locali della DIGOS arriva una telefonata anonima da parte di una donna che, con voce giovanile e senza alcuna inflessione dialettale diceva: “Credetemi, cercate Emanuela Orlandi a Castel Sant’Angelo vicino ad un tunnel”.  

02 settembre 1983, venerdì

3 settembre 1983, sabato

4 settembre 1983, domenica

Dopo 44 giorni di silenzio torna a farsi vivo l’Amerikano. Telefona all’Ansa di Milano per far recuperare un messaggio in un cestino dei rifiuti in via di Porta Angelica e una busta nel furgone (Fiat 238) di una troupe del Tg2 a Castel Gandolfo. Poi conclude la telefonata dicendo: “Prelevatele subito, altrimenti le sottraggono. Mi hanno detto di riferirvi che nelle vicinanze della basilica di Santa Francesca Romana il pontefice celebra la via crucis”. Alla richiesta di qualificarsi e di sapere se Emanuela fosse ancora viva, l’anonimo rispondeva: “tutto è contenuto nel messaggio”. La redattrice dell’Ansa dichiara che “l’anonimo si esprimeva con forte accento anglosassone e che la stessa voce aveva avuto occasione di udirla in altri comunicati telefonici giunti in precedenza all’Agenzia”. La voce della telefonata non le sembrava la stessa del messaggio registrato.

Nella busta dentro il cestino dei rifiuti viene ritrovata un’audiocassetta Agfa da 90 minuti e una fotocopia del frontespizio di un album che raccoglie gli spartiti di quaranta esercizi per flauto del piemontese Luigi Hugues (1831-1913) che Emanuela aveva con se il giorno della scomparsa: sul foglio sono scritti i nomi, numeri di telefono e indirizzi di tre amiche di Emanuela (Laura Casagrande, Carla De Blasio, Gabriella Giordani) che il padre riconosce essere scritti da lei. Infine, nella busta ci sono quattro sassolini dal significato oscuro. L’avvocato Egidio ricorda che: “I sassi sono stati trovati a Porta Angelica. Uno significa Unità. Due la perfezione. Tre la Trinità. Quattro, se riferito alle ultime quattro stazioni della via crucis, potrebbe indicare qualcosa di serio… Cioè il completamento della via crucis. E’ un uomo molto abile. Un cervello sottile. Un uomo a conoscenza di questioni giuridiche e, anche, di questioni ecclesiastiche”.

Nel messaggio registrato sull’audiocassetta, malgrado un forte rumore di fondo, una voce afferma:” Si vogliono non considerare i comunicati anteriori e posteriori il 20 luglio 1983, unica e mai rinnovata scadenza con richiesta di delucidazioni sulla posizione attuale dell’operazione di controparte della cittadina vaticana Orlandi Emanuela. Comunicati che confermiamo e ribadiamo il contenuto del nastro ultimo, per quanto concerne l’operazione di controparte della cittadina vaticana Orlandi Emanuela, il conclusivo documento è quello del 21 luglio 1983 e la sua convalida del 22 luglio 1983 ore diciassette con l’agenzia Ansa. Considerando l’operazione di controparte della cittadina Orlandi Emanuela a tutti gli effetti chiusa come preannunciato nella programmazione dei comunicati. Accludiamo per accreditare rinnovata veridicità una fotocopia riproducente effetto appartenuto alla cittadina vaticana Orlandi Emanuela e i suoi testi telegrafici redatti nel corso di settembre 1983”.

Nel furgone della troupe giornalistica che si trova a Castelgandolfo vengono trovate due pagine manoscritte. Il messaggio lascia intendere che i sequestratori hanno tenuto un diario del sequestro molto dettagliato perché di tutte le fasi indicano perfino gli orari. Nel testo si allude ai “due elementiPierluigi e Mario, si conferma che il nastro del 14 luglio era stato prelevato da funzionari del Vaticano contro il quale viene formulata una serie di pesanti accuse. Si ipotizza cioè che i messaggi del fronte Turkesh del 4, l’8 e il 13 agosto siano stati spediti da funzionari vaticani e italiani per compiere un depistaggio. Si legge: “Ravvisiamo l’impressione che la diplomazia vaticana, abbia perseguito nella opera di distorsione informativa il 25-7-1983, con la apertura di un canale tendenzioso e la diffusione di notizie di contatti a noi estranei e devianti (presunte richieste di prove documentali del 22-7-1983, ore 20.30). Altresì risulta improbabile il considerare si possa concedere credibilità nella mancanza di una veridicità sempre accordata. Consuetudine storica della diplomazia vaticana l’influenzare o l’omettere il rapporto di verità informativa nei confronti della pubblica opinione, se non nei confronti degli stessi organi di investigativa  e magistratura italiana, come verificatosi il 5/7/1983, nel non relazionare ( da primo comunicato alla segreteria vaticana del 5/7/1983) la posizione logica di nostri due elementi nel lasso di tempo anteriore dell’appello papale del 3/7/1983; delucidazioni necessarie ai fini della convalida da parte della segreteria vaticana all’inoltro della richiesta nostra di scarcerazione. Riscontrando tale consuetudine nel sottovalutato episodio della sottrazione del nastro del 14/7/1983 ed, inoltre, ipotizziamo nell’avanzare ai familiari il suggerimento di non riconoscimento del nastro del 17/7/1983 adducendo motivi di impercettibilità e frammentarietà (frammentarietà dovuta per altro alla necessità di annullare le voci circostanti). Nastro che sottoposto ad un maggior numero di ascoltatori conosciuti dalla cittadina Orlandi Emanuela e non vincolati in rapporti socio-economici allo stato del vaticano sortirà il giusto risalto di attendibilità; questo è il modus operandi della diplomazia di oltre Tevere che certo non muta nei rapporti di ben altro raggio politico; e risultava utopica l’aspettativa di una vera considerazione in una operazione di controparte com- – – – -ortante un semplice suddito ed uno strumento di propaganda; tale detenuto Mehmet Ali Agca è stato trasformato. Per quanto concerne le missive alla Agenzia Ansa milanese di porgiamo domanda se non trattasi egualmente di opera dei funzionari vaticani ed italiani al fine della ricerca di un novello contatto o reiterato discredito (tesi avallata dalla presenza di dettagli documentali validamente ritenuti e della cospicua particolare verità per quanto concerne la esistenza trascorsa di una diversità di vedute e tendenze in seno al nostro ambito e precedentemente posta alla sola conoscenza dei familiari della cittadina vaticana Orlandi Emanuela e del segretario di stato vaticano, Cardinale Agostino Casaroli. Opinione suffragata dalla intenzione delle missive; inusuale scelta comportamentale dell’elemento estraneo, data la disponibilità continua dei mass-media italiani. Contrariamente prendiamo atto dello sbeffeggiamento arrecato ai terribili inquirenti da elemento estraneo, semplice possessore di dettagli inerenti ai trascorsi della cittadina vaticana Orlandi Emanuela; non si è o non si è voluto prendere in considerazione la prassi nostra di veridicità immediata (rivelata in comunicato del 8/7/1983) e tradizionalmente espressa con riconosciuto portavoce.

La primissima ipotesi della Squadra Mobile è che:

  • Le scritte autografe riportanti gli indirizzi sono senza ombra di dubbio stilate dalla giovane scomparsa;
  • Trattasi di un collage. Infatti gli scritti sono fatti su fogli a righe e successivamente apposti sullo spartito e quindi fotocopiati;
  • I nomi delle persone citate sono tutti indirizzi  ”sfruttati” dagli ignoti sequestratori;
  • Appare quanto mai improbabile che “gli scritti”, così come appaiono fossero in possesso della giovane al momento della scomparsa .

Sulla scorta di quanto sopra si è portati a ritenere che la giovane abbia potuto subire, anche se per un breve lasso di tempo, un periodo di segregazione.

Scattano i controlli nella zona della basilica di Santa Francesca Romana che si rivelano infruttuosi quando, nel frattempo, i rapitori avevano chiamato il parroco della basilica per dirgli di “lasciar perdere”.

Il Reparto Operativo dei Carabinieri invia in Procura una lettera (spedita dalla Toscana) pervenuta all’avvocato Egidio a firma Angelo Custode: “O protervo Avvocato dell’I.O.R. e di Emanuela, affonda la tua pala nel terreno fragile dello Stato del Vaticano e vedrai quanto marciume ne verrà fuori. Ma tu hai paura e tremi a questo pensiero. […] Se non vorrai fare tu tale lavoro… lo faranno altri Avvocati tuoi pari, ed allora affonderai […] nelle sabbie melmose di quello Stato demoniaco”.

5 settembre 1983, lunedì

All’indirizzo della famiglia Gregori un anonimo fa pervenire una lettera con la quale chiede di “ […] adoperarsi nella domanda di un possibile appello pubblico da parte del Presidente della Repubblica Italiana, Pertini Sandro”.

L’esame comparativo effettuato dalla Polizia Scientifica sulla lettera indirizzata alla famiglia Gregori e quella fatta trovare nel furgone RAI ha consentito di stabilire che:

  • in considerazione delle analogie di ordine generale, (capacità grafica, sviluppo delle lettere sopra e sotto rigo, direzione assiale ecc..) le due scritture sono state tracciate da una stessa persona.

6 settembre 1983, martedì

Ercole Orlandi convoca i giornalisti nello studio dell’avvocato Egidio per leggere un appello rivolto ai rapitori: “Io, il padre di Emanuela e interprete del pensiero, delle sensazioni, del turbamento profondo e dell’incommensurabile dolore di mia moglie, ho deciso di rispondervi personalmente e direttamente. Ho deciso che sia ora che io e mia moglie, nel nostro pieno diritto, si chieda a voi una sola e precisa risposta. Chiarisco che inizialmente voi riteneste che a rispondervi telefonicamente fossi io e dialogando vi rivolgeste erroneamente a mio cognato chiamandolo signor Orlandi. Oggi sono io che parlo a voi. Non entro nella polemica con voi. Non discuto né giudico il perché del vostro atto, del coinvolgimento di mia figlia Emanuela di quindici anni in una vicenda che mi è impossibile comprendere. Quello che voi avete inteso definire “la parentesi Orlandi” per me e mia moglie rappresenta il tutto, una vita, la parte più importante di noi. Io ho creduto, ripeto ho creduto, e ho voluto fermamente credere in tutto quanto avete inteso trasmettere. Oggi, a seguito dei due messaggi del 4 settembre, noi, padre e madre di Emanuela, abbiamo il diritto di chiedere a voi una precisa risposta: se Emanuela è ancora viva provatelo. Se la cara, adorata Emanuela è morta, come potrebbe desumersi dal vostro ultimo messaggio del 4 settembre, e quindi chiusa “la parentesi Orlandi”, indicateci il luogo dove trovare la nostra Emanuela perché, in ginocchio, noi si possa pregare per lei, vicino a lei. Se risponderete tutti vi crederanno! rispondete, informate l’avvocato Egidio. Ripeto il suo telefono, 3603807, e la sua casella postale, 6258 Roma”.

 

Nel tardo pomeriggio l’Amerikano telefona all’agenzia Ansa di Roma: “Nelle vicinanze della basilica di Santa Francesca Romana il pontefice celebrava con la ragione di stato la via crucis conducendoci alla scelta dell’inerente complesso e opportuno ambito per il contatto nostro del 20 luglio ore dieci e trenta […]  Attenzione, posso dire solo che la scelta della basilica è inerente alla scadenza.

In serata, pochi minuti dopo le otto di sera, l’Amerikano richiama e detta un lungo comunicato ma il giornalista che risponde riesce ad annotare soltanto i passaggi principali: “Nell’attuale situazione i messaggi dei rapitori non sono indirizzati verso l’opinione pubblica ma a eminenti personaggi pubblici all’interno del Vaticano […] Le ricerche che proseguono nella zona della basilica di Santa Francesca Romana sono inutili, Emanuela non è lì. Il nome della basilica è un’indicazione cifrata per le autorità vaticane. C’è chi lo capisce […] Il papa ha avuto un atteggiamento negativo […] Emanuela non so dov’è, non ho la responsabilità e non sono autorizzato a parlarne, ma ripeto, tutti questi messaggi sono in codice e, in ogni caso, l’operazione Agca è chiusa”.

7 settembre 1983, mercoledì

Viene ispezionata la zona del Colosseo, il Palatino e parte dell’Aventino.

8 settembre 1983, giovedì

Elvira Muzzi, la mamma di Gabriella Giordani, a processo verbale di sommarie informazioni fa verbalizzare che mentre si recava in Vaticano per effettuare delle compere veniva raggiunta dal figlio M. il quale gli riferiva che nel frattempo, a casa della stessa, era arrivata una telefonata e una voce anonima ha detto: “Emanuela” per poi riattaccare.

Verso le 15,30 a casa Gregori arriva una lettera del Fronte di liberazione Turkesh dove si chiede di sollecitare un pubblico intervento del presidente della Repubblica Sandro Pertini. La grafia era simile a quella del manoscritto trovato nel furgone della Rai a Castelgandolfo. Si tratta del primo contatto che i presunti rapitori di Mirella stabiliscono con la famiglia a far data dal 7/5/1983, giorno della scomparsa. La circostanza è di grande valenza probatoria e interpretativa, e sarà in seguito ampiamente sviluppata, ma deve essere sottolineata la singolarità di un sequestro, quello di Mirella appunto tenuto silente per oltre tre mesi e poi clamorosamente collegato alla vicenda Orlandi fino a quel momento assolutamente autonoma.

09 settembre 1983, venerdì

12 settembre 1983, lunedì

Al bar di via Volturno gestito dai Gregori squilla il telefono, risponde Maria Antonietta, la sorella maggiore di Mirella. Dall’altra parte l’Amerikano dichiara di appartenere allo stesso gruppo che ha rapito Emanuela Orlandi, sollecita la famiglia Gregori ad ottenere l’intervento del presidente della Repubblica . Infine raccomanda il massimo riserbo alla sorella di Mirella e al fidanzato che, avvicinatosi all’apparecchio, sta ascoltando la telefonata: “Fate finta di niente. Appena attaccherò tornate ai vostri posti, lei alla cassa e il suo fidanzato dietro il banco e fate finta di niente”. Nella stessa serata veniva interrogata Maria Antonietta Gregori che ipotizza la presenza dello sconosciuto interlocutore in prossimità del locale.

18 settembre 1983, domenica

Viene ucciso Mario Loria il “vivandiere” della banda Cimino che aveva assassinato qualche anno prima in via Gatteschi a Roma i fratelli gioiellieri Menegazzo. Accusato dell’omicidio Vittorio Carnovale della banda della Magliana detto il coniglio, cognato di Edoardo Toscano e fratello di Giuseppe Carnovale. Carnovale era operativo all’interno del gruppo criminale di Nicolino Selis che agiva ad Acilia.

Il Centro Interprovinciale Criminalpol di Torino trasmette un appunto nel quale si ipotizza la possibilità che il sequestro Orlandi possa essere opera di zingari Korakane, una tribù di nomadi Turchi e di religione musulmana.

20 settembre 1983, martedì

Il nucleo di Regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Venezia invia una informativa che viene recapitata alla Procura della Repubblica di Roma, con la quale comunica che: “fonte informativa di nazionalità turca sarebbe a conoscenza di elementi efferenti al noto caso Orlandi. In particolare che:

  1. la giovane Emanuela Orlandi sarebbe stata rapita su ordine del noto trafficante di armi e droga Bekir Celenk;
  2. che il giovane Celenk avrebbe commissionato il rapimento a tale Saral Atalay, cittadino turco suo braccio destro operante in Germania (Monaco di Baviera);
  3. che l’Atalay avrebbe organizzato ed eseguito il rapimento utilizzando “manovalanza italiana”;
  4. che il rapimento della ragazza non avrebbe scopo di lucro ma soltanto quello di indurre il Governo italiano a rilasciare il noto attentatore del Papa.

22 settembre 1983, giovedì

Intorno alle tredici e trenta perviene all’Ansa di Milano il quarto comunicato del fronte Turkesh in una busta gialla da ufficio affrancata con un francobollo da quattrocento lire con all’interno quattro fogli dattiloscritti. “Chi vi parla è Alì Tucum Antonov Aleksej Ulusu. A morte Kenan Evren. Siamo del solito Turkesh. Non credete all’ultima comunicazione non scritta; un errore grande è stato di pubblicare sui giornali la cartina e di non dare troppo credito alle cose e alle informazioni di cui siamo in possesso. Comunque tutto non è perso. A questo foglio daremo quattro allegati che non devono per nessuna ragione essere rivelati alla stampa; se i dati contenuti in essi risulteranno veri dovrete fare una cosa: dire che sono esatti senza citare però i dati. La zona si è spostata probabilmente in Umbria, ma noi abbiamo contatti con la ragazza. Siamo in cinque. Due di noi sono del Turkesh tra cui chi vi parla. Io sono il capo di questa organizzazione, uscito dalla Turchia il 12 settembre 1980, assieme a una persona. In Italia trovai altri membri contro Kenan Evren, e mi associai a loro senza far capire il mio vero ruolo; anch’io ho una ragazza in Turchia – 21 anni – e sono disposto a tutto che Emanuela sia liberata, dovete solo pubblicare questa facciata del Komunicato 4 e non gli allegati tranne che se risultassero veritieri comunicate la loro veridicità e la loro origine sostanziale, senza però rivelare, a parte il primo allegato, quello che comprendono”. La cartina citata nel comunicato è un ritaglio che riproduce una parte dell’Italia centrale, inserito nella busta arrivata all’Ansa il 13 agosto. Elenca poi una serie di 20 particolari “1) leccava molto i gelati. 2) una crisi isterica all’età di nove anni. 4) riferimento alla ragazza con i capelli neri e ricci che sembrava sua amica. 5) manca una malattia di quelle infantili. 10) A 11 anni incontrò un ragazzo biodo che le piaceva ma le passò subito. 11) una volta vomitò aranciata. 12) una volta respinse delle uova. 15) ha avuto un regalo a 8 anni. 20) Anche il tè non gli andava.”

 

Alle cinque del pomeriggio una telefonata anonima alla redazione del quotidiano Il Tempo segnala che in un confessionale della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in piazza della Repubblica era riposta una busta che li riguardava.  Il giornalista, recatosi sul posto rinveniva, in effetti, una busta bianca non sigillata contenente un foglio che reca una firma mai apparsa prima: Phoenix. E’ il nome della capitale dell’Arizzona, ma è anche il nome del leggendario uccello, la fenice, che ogni cinquecento anni si gettava tra le fiamme per risorgere invincibile e immortale e che, col cristianesimo, divenne il simbolo della resurrezione. Nel messaggio si legge: “Atto I. Date comunicazione immediata di quanto segue: tramite nostri operatori abbiamo individuato cinque componenti tra cui P. e M. Uno di loro ha commesso lo sbaglio di vantarsi di aver preso parte al prelevamento che è stato molto semplice e rapido con l’uso di una persona amica. Il secondo atto –“farsa turca”- non si collega direttamente al primo : il “prelevamento” della minore Emanuela Orlandi è stato attuato per altri fini. Nel gruppo esiste una persona pentita e una donna (nastro 17-7-83). Sono persone appartenenti al quinto grado dei valori umani che, per motivi legati al fine, non hanno da tempo la disponibilità della giovane. Non siamo disposti a darvi ulteriori particolari per comprensibili motivi logistici. Gli elementi devono contattare il loro “conduttore” al fine di poter dare piena soddisfazione alla richiesta del 6-9-83 di mr Ercole Orlandi (nda dire se Emanuela è viva e se è morta, dove è sepolta). Nella eventualità di una mancata e irregolare obbedienza di quanto è stato chiesto sarà eseguita la sentenza.

Per avvalorare le minacce, all’interno della busta si trova una cartuccia completa di bossolo e piombo per una pistola di grosso calibro, tipo 357 Magnum.

Insieme alla lettera del Phoenix si rinvennero due messali con copertina nera: un’opera biografica (“Il nuovo messale festivo in latino”) di Monsignor Antonio Mistrorigo, Presidente dell’Associazione Italiana S.Cecilia con gli uffici al secondo piano del palazzo di S.Apollinare (due rampe sotto le aule della Da Victoria) e una versione quotidiana edita dal monaco benedettino Baronti. In uno dei due messali, posta sul frontespizio interno, vi era una scritta fatta a matita Ricevuto dal sacerdote Ponzo Giovanni 11.3.1946.

 

23 settembre 1983, venerdì

Nel corso di una delle tante telefonate con l’avvocato Egidio, l’Amerikano sostiene che Pierluigi e Mario erano stranieri. “Il Vaticano sa chi chi erano Pier… Pierluigi e Mario. Erano persone che non sono neanche it… italiane.» Certo, come no? C’è Mario che parla come il peggior coatto di borgata – o che lui era amerikano solo di nome: «Io sono un italiano… ehm… che che fa… accento inglese mettiamo così”.

24 settembre 1983, sabato

L’Amerikano telefona all’avvocato Egidio.

Il Presidente della repubblica Italiana Sandro Pertini riceve una lettera priva di sigla. Gli anonimi estensori lo mettevano al corrente dei lori messaggi del 21 luglio, spediti dalla Germania, attraverso i quali chiedevano la scarcerazione dei turchi e dei bulgari detenuti nell’ambito della Bulgarian Connection.

Alle 09,25 l’Amerikano telefona per la seconda volta al bar della famiglia Gregori. Risponde Filippo Mercurio, il fidanzato e attuale marito della sorella di Mirella, Maria Antonietta. Lo sconosciuto gli dice di annotarsi alcuni capi di abbigliamento: “maglieria Antonia, Redim, jeans con cintura, maglietta intima di lana, scarpe con tacco di colore nero lucido, marca Saraian di Roma”. L’anonimo interlocutore, che Filippo riconosce come lo stesso che aveva telefonato il 12 settembre, dice: “Fai vedere alla mamma di Mirella quello che hai scritto. Lei capirà”. La madre dirà con certezza che erano i capi di vestiario che Mirella indossava il giorno della scomparsa e precisava di essere l’unica persona a conoscenza di tali particolari. A questo punto, l’utenza del bar di via Volturno, nella previsione di ulteriori contatti, viene posta sotto controllo.

 

 

Il gruppo Phoenix invia un secondo messaggio dattiloscritto. Una telefonata, poco prima delle 17,00 lo fa ritrovare alla redazione del TG1 e del TG2 presso la chiesa di San Roberto Bellarmino in piazza Ungheria. Su questo documento vengono trovati cinque frammenti di impronte papillari utili per un confronto (una sul verso e quattro nel recto). Anche ai giornalisti dell’Ansa di Roma, alle 17,15 viene segnalata la presenza di un comunicato in un confessionale della chiesa in piazza della Repubblica ma è una copia di quello dato al TG1 e al TG2. Nel documento, Phoenix torna a minacciare P e M, dicendo che uno dei due “ha commesso lo sbaglio di vantarsi di aver preso parte al prelevamento che è stato molto semplice e rapido con l’uso di una persona amica”. L’autore del messaggio fa sapere anche che la “farsa turca” non si collega direttamente alla prima parte della vicenda e che il rapimento di Emanuela è stato fatto per altri fini. Poi, di nuovo, Phoenix consiglia a Pierluigi e Mario di mettersi in contatto con il loro “conduttore”. Nel documento si parla anche di una persona “pentita” e di una donna che farebbe parte del gruppo dei rapitori.

25 settembre 1983, domenica

Alle ore 17.00 l’Amerikano telefona all’avvocato Egidio dall’utenza di un bar, poi localizzato nei pressi della città del Vaticano.

26 settembre 1983, lunedì

Gennaro Egidio dichiara: “Lunghi giorni, mesi sono trascorsi. Una lunga notte senza fine. Per i genitori: un’eternità. Lo scorrere del tempo con un’angoscia per la quale non credo si possa dire immaginabile. Dopo il silenzio da me osservato, ritengo oggi utile dichiarare che mai ho sottovalutato tutti gli elementi disponibili analizzandoli e vagliandoli senza dimenticare dando, quindi, primaria importanza per quanto concerne l’attendibilità di quanto era stato reso disponibile dalla scomparsa di Emanuela fino al 22 luglio e successivamente in data 4 e 6 settembre 1983. Dal vaglio degli elementi e dalle conclusioni personali, sperando e ritenendo che ci siano possibilità che Emanuela sia in vita e che se ciò fosse si potrebbe giungere alla sua liberazione, sarei incline a ritenere che sarebbe un serio errore concedere ulteriore uso dei canali di informazione al Fronte di Liberazione Turco Anticristiano Turkesh e ad altri elementi estranei inseritisi senza aver dato prova concreta di credibilità”.

27 settembre 1983, martedì

In via Condotti, presso la sede romana della rete televisiva statunitense CBS, giunge da Boston, preannunciata da due telefonate, una lettera scritta a mano indirizzata a Richard Roth, il capo ufficio di corrispondenza romana che ha firmato tutti i servizi trasmessi negli Stati Uniti sul caso Orlandi. La busta risulta spedita il 22 settembre e contiene anche un bigliettino con scritto “795 RNL”. Nel messaggio si ripetono le richieste di liberazione dei detenuti Agca, Celebi e Bagci. Vi è scritto: “ Preannunciamo una cospicua dimostrazione di nostra coerenza al reale desiderio delle richieste avanzate di scarcerazione e consegna dei detenuti Agca Alì Mehmet, Celebi Musar Sedar, Bagci Omer e di fattibilità nei confronti del perseguimento materiale precedentemente posto alla conoscenza del presidente della Repubblica italiana Pertini Sandro; la resa pubblica di un episodio tecnico che rimorde la coscienza nostra, un atto reso indispensabile e determinato dalla inerzia dei responsabili funzionari nei confronti della considerazione della nostra richiesta”. Il giudice Domenico Sica che conduce l’inchiesta su Emanuela Orlandi, dispone ulteriori verifiche tra cui una perizia sulla grafia che arriverà il 4 ottobre. Secondo i periti la lettera è autentica, l’ha scritta cioè la stessa mano che ha steso le tre facciate della lettera fatta trovare il 4 settembre nel furgone della Rai a Castelgandolfo insieme al frontespizio degli spartiti di Emanuela. I periti sono sicuri che il misterioso scrivente sia lo stesso anche se ha cercato di confondere le acque modificando la propria grafia in qualche dettaglio, per esempio nello scrivere la lettera “r”. Tra l’altro chi scrive dimostra di conoscere il contenuto di una lettera con la quale i familiari di Mirella Gregori chiedevano aiuto al presidente della Repubblica per ritrovare la figlia.

Il gruppo Phoenix invia un altro messaggio dattiloscritto al giornalista Joe Marrazzo del TG2: Phoenix, 19 settembre ’83 – in seguito ad un nostro personale interessamento, legato esclusivamente al rispetto di una giovane vita, è stato deciso in data odierna di porre termine a questa “bravata” farsa turca codice 158 durata troppo tempo e che sta insozzando l’Italia oltre confine. Contrariamente ai nostri usi ci siamo avvalsi dei mezzi di informazione per dare pubblicamente un chiaro avvertimento … in via eccezionale è concessa agli elementi  implicati nel prelevamento di Emanuela Orlandi la scelta della propria sorte, se risponderanno esattamente alla richiesta del 6 settembre 1983. Nella eventualità di una mancata, o irregolare obbedienza di quanto loro chiesto, la “sentenza” sarà irrevocabile. Roma +++++  Milano.”Pierluigi” è assai pericoloso stare in quella trattoria con le spalle verso la porta perché ci sono troppe “correnti d’aria”: un nostro vecchio “amico” ha fatto una brutta fine davanti a un piatto di spaghetti. Vogliamo generosamente ricordare a “Mario” che nella pineta c’è tanto posto per aumentare la vegetazione. La persona amica che ha “tradito” può assolvere le proprie colpe perché è meglio una confessione oggi che la morte domani. A tutti gli elementi implicati giova ricordare che sono ovunque raggiungibili. Order NY. ADC.  

Verso le 18,15 al bar dei Gregori telefona l’Amerikano per sollecitare ancora una volta l’intervento del presidente della Repubblica sul caso Gregori e precisa: “Fino a quando non esiste un appello pubblico, noi non possiamo dire niente su questa questione”. Il blocco della linea dava esito positivo e si individuava l’utenza numero 6223113 afferente ad una cabina pubblica della Circonvallazione Cornelia ma quando gli agenti convergono sul posto, il telefonista si è già dileguato.

28 settembre 1983, mercoledì

La signora Maria Vittoria Arzenton, madre di Mirella Gregori, riferisce ai Carabinieri che a proposito del suggerimento datole dalla nipote Marta Capozzi (figlia della sorella Augusta Arzenton) di rivolgersi alla Segreteria di Stato e alla Presidenza della Repubblica per ottenere un significativo appello di tali autorità mirante a conseguire la liberazione della ragazza, in tale ottica le aveva riferito di conoscere la segretaria particolare del Presidente Pertini, signora Diana Ruggi, alla quale in effetti Vittoria Arzention Gregori aveva indirizzato un primo messaggio, ottenendo comunque l’immediato recapito del secondo messaggio lasciato nella portineria della Presidenza. Riferiva inoltre che la nipote Marta aveva avuto una relazione con Stanley Adams, personaggio controverso e a lungo residente in Italia, che si esprimeva in un italiano, ovviamente, con un forte accento anglosassone, e che per un lungo periodo aveva intrattenuto rapporti di frequentazione con la signora Diana Ruggi. Tali circostanze che apparivano probabilmente significative ed importanti coincidenze, non portavano ad alcun risultato utile.

L’Amerikano telefona all’avvocato Egidio e parlano della lettera pervenuta a Richard Roth da Boston.

29 settembre 1983, giovedì

SEZIONE IN CONTINUO AGGIORNAMENTO

 

1,0 / 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.