Capaldo: “Vaticano era disponibile a far ritrovare il corpo di Emanuela”

Per Pietro Orlandi la verità “è troppo pesante per l’immagine della chiesa: verrebbe giù tutto, questo è il motivo per cui non è venuta mai fuori la verità. Ma è ora che il Vaticano prendesse una posizione seria“.

 

Il nuovo libro di Giancarlo Capaldo, “La ragazza scomparsa”, è un romanzo che racconta più storie che si collegano tra loro, una delle quali è quella di Emanuela Orlandi. La sua però non è una vicenda romanzata, è una storia che, prosegue Capaldomi ha segnato non solo dal punto di vista professionale, mi ci sono dedicato per quattro anni, ma ha segnato anche quella personale di uomo. Il processo,  per quanto riguarda l’inchiesta sulla scomparsa è terminata con una archiviazione che mi ha visto in opposizione”.

 

Un passaggio fondamentale della vicenda, per non chiamarlo definitivo è quando il Dott. Capaldo dichiarò che: “ci sono personalità all’interno del vaticano che sono a conoscenza di quanto è accaduto ad Emanuela Orlandi”. Fu una delle prime volte che la Magistratura italiana puntava il dito sul vaticano ma contemporaneamente, il Dott. Pignatone, che si era insediato da poco in Procura rispose che “queste dichiarazioni non appartengono a questi uffici” dissociandosi così dalle asserzioni di Capaldo e avocando a sé l’inchiesta estromettendo di fatto il lavoro del magistrato che durava da quattro anni.

Poteva essere la svolta fondamentale, sicuramente la più importante dopo 29 anni (era il 2012) dalla scomparsa di Emanuela perché, da una parte c’è un magistrato che vuole arrivare alla verità e dall’altro uno stato vaticano che ammette la sua conoscenza dei fatti e il capo della procura di Roma che fa di tutto per chiudere la faccenda in una bolla di sapone portando, di fatto, l’indagine  all’archiviazione.

Così come prevedeva la moglie di Enrico, Renatino, De Pedis che intercettata al telefono diceva a Mons. Pietro Vergari, indagato per la vicenda: “Vergari stia tranquillo che è arrivato il ‘procuratore nostro’ (riferendosi chiaramente a Pignatone), ci penserà lui a far tacere Orlandi. Hai visto, ha già fatto fuori Capaldo e Rizzi (il capo della mobile) e ci ha messo i suoi….”. E’ così è stato, è riuscito ad archiviare e a fine mandato è stato “promosso” come presidente del tribunale vaticano .

Questa non è una storia che riguarda i piani bassi del vaticano, i piani bassi dei servizi segreti e i piani bassi della magistratura, in questa storia si intreccia la politica del Vaticano – che in quegli anni era guidata da papa Giovanni Paolo II – che guardava all’Est, alla Polonia come paese che avrebbe potuto, e così poi è stato, incrinare l’impero sovietico. La storia di Emanuela riguarda i piani alti del Vaticano perché è il papa stesso la persona che rivolge un appello ai presunti rapitori, a quelli che hanno Emanuela, perché si dimostrino compassionevoli per farla tornare a casa. Tutto il resto sono intossicazioni volte a depistare. Nel libro stesso infatti sono presenti le stesse entità al loro massimo livello, che nella realtà si sono mosse per Emanuela: la Chiesa (il papa e segretario di stato) la criminalità organizzata (la banda della magliana) e la magistratura.

capaldo
Pietro Orlandi

Pietro Orlandi incalza: “il vaticano ha tradito Emanuela e la mia famiglia, ci ha voltato le spalle, io personalmente sono convinto che Papa Francesco sia a conoscenza della storia, perché è quello che più di tutti ha alzato un muro sulla vicenda. Ora dovrebbe fare un passo importante, e lo dico con profonda tristezza, per farci riavere il corpo perché è questo che chiaramente promisero a Capaldo in quell’incontro. Sarebbe la dimostrazione di avere una coscienza cristiana: lui rappresenta Gesù Cristo in terra, e non dovrebbero continuare a tenere tutto occultato come stanno facendo da 38 anni. Questa storia non può restare occultata a vita, noi abbiamo sempre dato la massima fiducia al vaticano, ma col tempo mi sono convinto e che la questione è nata là dentro. Chi sa delle cose e non dice nulla è complice, e là dentro ci sono tantissimo complici“.

C’è stato un momento storico in cui il Vaticano, che fino ad allora aveva scelto la strada del silenzio, si era reso disponibile a fare ogni sforzo possibile per far si che la famiglia ritrovasse il corpo di Emanuela . Questa disponibilità si concretizza quando Capaldo dirigeva la vicenda, successivamente ci furono dei contrasti di gestione del processo con l’arrivo del procuratore Pignatone.

Gli accordi sono durati mesi, in quei momenti Capaldo ebbe dei contatti col mondo vaticano ad alto livello che si era reso disponibile a seguire questa strada che si sarebbe chiusa. Dolorosamente per la famiglia, ma comunque metteva un punto definitivo: fargli riavere almeno il corpo.

La disponibilità del vaticano è venuta meno perché quel tipo di conclusione non era stata gradita, all’improvviso sono venute meno le condizioni che il Vaticano immaginava si dovessero verificare per dare questo aiuto.

Trattativa Magistratura-Vaticano

Questo momento storico Capaldo ha cercato di trasmetterlo nel finale del film di Roberto FaenzaLa verità sta in cielo” dove la scena conclusiva doveva essere differente e invece si è preferito dar spazio a questa “trattativa” con il vaticano che avrebbe portato lo stesso vaticano ad un altra scelta rispetto a quella che di fatto ha percorso, coerente solo con quello che ha fatto in questi 38 anni: il silenzio, regola che vige nelle vicende vaticane e della Chiesa per cui il tempo è per gli umani e non per chi professa la legge dell’eternità.

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