La Loggia P2 e il mondo politico

Dall’esame delle liste di Castiglion Fibocchi risulta che in esse sono ricompresi 36 membri del Parlamento, più un certo numero di ex parlamentari e di esponenti politici di rilievo locale, nonché personaggi che, se in apparenza sembrano porsi in posizione marginale rispetto al mondo politico propriamente detto, potevano in realtà essere di grande aiuto per i disegni e le attività della loggia, quali appunto segretari personali e capi di gabinetto di Ministri.
Particolare questo da non trascurare, come ha sottolineato il Commissario Andò, perché dimostra l’esistenza di un disegno di penetrazione che identificava determinate situazioni da occupare in ogni modo, quale che fosse il livello al quale si riusciva a pervenire.
L’area degli appartenenti al mondo politico iscritti alla Loggia P2 raggruppa in totale meno di un centinaio di nominativi, tra i quali è dato trovare anche figure di primo piano che ricoprivano incarichi di rilievo quali ministro, segretario di partito, capogruppo parlamentare, responsabile di importanti uffici di partito.
La Commissione ha ascoltato membri ed ex membri del Parlamento, registrando una generale forma di diniego sull’appartenenza alla Loggia P2 – sola eccezione, quella dell’onorevole Cicchitto – sulla quale non si ritiene in questa sede di esprimere giudizio diverso da quello già formulato in via generale in ordine al problema della autenticità ed attendibilità degli elenchi. In conformità, infatti, alle premesse generali del presente lavoro, nessuna disamina particolare dei dati concernenti le varie iscrizioni è stata sin qui operata, né per singoli, né per categorie unitariamente considerate: analoga scelta viene quindi adottata, anche per evidenti ragioni dì parità di trattamento, per gli appartenenti al mondo politico, per nessuno dei quali si ritiene di entrare nel dettaglio della specifica posizione e che ai fini della nostra analisi consideriamo come iscritti alla Loggia P2, o comunque come rientranti nella sua orbita di influenza, secondo le conclusioni alle quali siamo pervenuti nel capitolo secondo.
Coerentemente al metodo sinora seguito, cercheremo piuttosto di individuare e descrivere il fenomeno dei rapporti tra Loggia P2 mondo politico propriamente detto, al fine di accertare se essi siano da interpretare all’insegna di un connotato specifico che ci porti a conclusioni di ordine più generale sulla loggia e sulla personale attività dì Licio Gelli; a tal fine rileviamo, come dato di prima evidenza, che emergono dagli atti alcuni episodi che sono accomunati dalla caratteristica di costituire vere e proprie forme di ingerenza e dì pressione nella vita dei partiti politici, attraverso contatti instaurati con dirigenti anche di primo piano.
In questa direzione emblematica appare la vicenda che vede un iscritto alla Loggia P2, Giampiero Del Gamba, farsi latore, per conto di Gelli, di un messaggio intimidatorio diretto all’onorevole Piccoli.
L’episodio è verosimilmente da porsi in connessione con la presa di posizione pubblicamente assunta dall’onorevole Piccoli, il quale alla fine dell’anno 1980 ebbe a denunciare l’esistenza di una congiura massonica; e testimonia in modo eloquente una determinazione di mezzi e tattiche adottate della quale possono essere forniti ulteriori esempi, anche di maggior respiro.
E’ accertato infatti che vennero esercitate forti pressioni da parte del Salvini – non distinguibile, come abbiamo visto, nel suo operato dal Gelli sotto molti profili – nei confronti del partito repubblicano, in occasione dei congresso tenuto a Genova nel 1975. Il Salvini si fece promotore in quell’occasione di riunioni di massoni iscritti a tale partito sostenendo la necessità di formulare una linea di attacco all’onorevole La Malfa in sede congressuale. Le motivazioni dell’operato del Salvini sono verosimilmente da cercare nel ruolo determinante ricoperto dall’esponente repubblicano nella vicenda sindoniana quando, nella sua qualità di ministro del Tesoro, si era opposto all’aumento di capitale della FINAMBRO richiesto dal Sindona.
L’episodio genovese costituisce una significativa controprova dei legami tra Gelli e Salvini da un lato, e tra Gelli e Sindona dall’altro, dimostrando che, alla bisogna, Gelli era in grado di mobilitare a tutela dei suoi interessi e delle sue operazioni non solo l’organizzazione da lui direttamente guidata, ma altresì i vertici del Grande Oriente estendendo, loro tramite e grazie la loro connivenza, la propria sfera di influenza ben oltre i limiti propri della loggia.
Altri due episodi di ingerenza nella vita dei partiti sono quelli della scissione del MSI e del tentativo di creazione di un secondo partito cattolico.
L’operazione di scissione del MSI, consumata dal gruppo di Democrazia Nazionale, sembra si possa collocare nell’ambito delle previsioni politiche formulate nel piano di rinascita democratica, nel quale si fa riferimento ai democratici della Destra Nazionale.
L’operazione fu inizialmente proposta al Presidente dal partito, poi uscito dallo stesso nel 1974, onorevole Birindelli, che figura assieme ad altri membri del suo partito – rimasti nel MSI dopo la scissione – tra gli iscritti alla Loggia P2 e che ha ammesso, in sede di testimonianza giudiziaria, di aver non solo conosciuto il Gelli, ma di aver da questi ascoltato discorsi relativi alla opportunità di una “contrapposizione alla linea politica della segreteria, per poi arrivare alla scissione ed eventualmente alla promozione di un ampio gruppo nel quale avrebbero potuto convergere esponenti di altri partiti tra cui liberali e DC”.
Si deve in proposito sottolineare la coincidenza tra tale assunto e il piano di rinascita democratica, laddove si afferma: “…usare gli strumenti finanziari stessi per l’immediata nascita di due movimenti l’uno…e l’altro sulla destra (a cavallo fra DC conservatori, liberali e democratici della Destra Nazionale)”.
Sono queste indicazioni programmatiche che trovano puntuale riscontro, oltre che nella vicenda del MSI-Destra Nazionale, nell’operazione documentata dal fascicolo di intercettazioni, conosciuto sotto la sigla M.FO.BIALI, dal quale emerge una esauriente ricostruzione del tentativo di dar vita ad un secondo partito cattolico, di stampo conservatore, finanziato attraverso non chiare operazioni di importazione di greggio dalla Libia.
L’operazione, attesa anche la qualità delle persone coinvolte, sembra scarsamente credibile nel suo complesso, ma va valutata nel contesto delle tecniche intimidatorie proprie della Loggia P2 ed interpretata, pertanto, piuttosto come un segnale di preciso contenuto politico diretto verso quel partito.
Il documento, frutto di una operazione condotta dai Servizi segreti, meriterebbe una trattazione a parte, sia per la sorte riservatagli – finisce tra l’altro in mano al giornalista Pecorelli – sia per l’allarmante spaccato di corruzione e di infedeltà alle istituzioni (in esso sono pesantemente coinvolti ufficiali di rango superiore quali l’ex comandante generale della Guardia di Finanza, generale Giudice) che lascia intravedere. Ai nostri fini quello che preme rilevare è la documentazione di una operazione di preciso segno politico, puntualmente inquadrata in quella strategia di medio e lungo termine formulata dal piano di rinascita democratica.
Secondo gli esempi documentali sinora illustrati, appare come, da parte della Loggia P2, si delinei un approccio nei confronti del sistema dei partiti che non recede dall’uso di mezzi di aggressione sia diretta – con l’esercizio di attività a carattere intimidatorio – sia indiretta, tentando la via dei condizionamento interno (ingerenza nella vita degli organi direttivi) ed esterno, attraverso la creazione di poli alternativi concorrenziali.
L’onorevole Craxi ha del resto testimoniato alla Commissione che il Gelli – fattosi ricevere da lui all’inizio degli anni Ottanta – non si peritò di affermare di essere a capo di un’organizzazione in grado di influire sulla sorte del capo dello Stato. Questa affermazione si può collegare a quanto dichiarato dal senatore Leone alla Commissione e cioè di aver avvertito in varie occasioni, nell’esercizio del suo mandato di Presidente della Repubblica, un’azione di condizionamento sulle cui origini egli non aveva notizie sicure, ma che riteneva di poter far risalire ad ambienti dei Servizi segreti, rilevando che solo a posteriori ha potuto rendersi conto della presenza, intorno a lui, di persone non completamente affidabili.
L’individuazione di questa metodologia non esaurisce peraltro l’analisi del fenomeno che vede, accanto ai mezzi di pressione indicati, modelli di ingerenza e di intromissione più suasivi, seppure di non minore efficacia.
Così ad esempio è dato trovare tracce di attività di finanziamento a singoli esponenti politici nelle deposizionidi Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din che inducono a ritenere come la Rizzoli, soprattutto nell’ultimo tumultuoso periodo del suo intreccio con la Loggia P2, abbia in qualche modo adempiuto la funzione di centrale per operazioni di pubbliche relazioni nel confronti dell’ambiente politico. Una rappresentazione questa non priva di verosimiglianza, tenuto conto delle difficoltà nelle quali si dibatteva il gruppo e della portata dei disegni di espansione progettati ed attuati all’insegna di una operazione che, per i suoi connotati di immediata valenza politica, non poteva non suscitare l’attenzione della classe dirigente.
Né mancano in atti documenti che ci illustrano attività di sostegno e di intervento in occasione di competizioni elettorali. Questa forma di esercizio di solidarietà è riferibile in primo luogo alla massoneria in via generale, come ci dimostrano le lettere rinvenute presso varie famiglie massoniche contenenti l’invito agli iscritti ad esprimere il loro voto preferenziale per i fratelli candidati.
La generalità del fenomeno è rilevata in particolare dalla lettera con la quale il Gran Maestro di una famiglia di minore importanza, Vigorito, invita gli iscritti a votare per il Cosentino (indicato come grado 33), pur non risultando lo stesso agli atti come appartenente a quella famiglia. Può dirsi pertanto in armonia con una tendenza generalizzata e solidamente radicata nel costume massonico il Gelli quando ci appare come finanziatore della campagna elettorale di candidati democristiani e socialisti in Toscana.
Va infine ricordato che la stessa opera di reclutamento operata nell’ambito dei partiti, testimoniata dagli elenchi, costituisce una indubbia forma di ingerenza la cui portata in ordine agli effetti non siamo in grado di valutare, ma la cui consistenza è dato di evidenza immediata.

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