Settore 115, seconda fila dal basso. A far risaltare il loculo di Katty Skerl tra le decine di migliaia ospitati dal Verano sono i nastri bianchi e rossi della polizia. Una settimana fa, il 13 luglio, gli agenti della squadra mobile si sono presentati al cimitero monumentale e hanno chiesto agli operatori di aprire il fornetto. Dietro alla lastra di marmo, assicurano più fonti a Repubblica, gli investigatori non hanno trovato niente. Nessuna bara. Ora il loculo, come si legge sul foglio affisso dai poliziotti, è ufficialmente sotto sequestro. Così le spoglie della ragazzina uccisa il 21 gennaio 1984, sparite nel nulla, potrebbero far ripartire il motore di uno dei grandi gialli d’Italia, la misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi.

La fine di Katty 

La storia va avanti ormai da quasi 40 anni, è ingarbugliatissima e pertanto va ripercorsa passo per passo. Si parte da Katty Skerl. Figlia di un regista americano, iscritta al liceo artistico di Ponte Milvio, la 17enne venne trovata senza vita in una vigna di Grottaferrata. Morte per strangolamento, proprio nei giorni in cui i riflettori di Roma e di tutto il Paese erano puntati sulla misteriosa scomparsa di altre due ragazze, le ricercatissime Emanuela Orlandi e Mirella Gregori

Le note anonime

A mettere in connessione per la prima volta le tragiche vicende delle tre ragazze sono due misteriosi plichi. Inviati a un’amica di Emanuela Orlandi e alla sorella di Mirella Gregori nell’aprile del 2013, contenevano la foto di un teschio e un testo sinistro: "Non cantino le due belle more per non apparire come la baronessa e come il ventuno di gennaio martirio di Sant’Agnese con biondi capelli nella vigna del Signore". Apparentemente di difficile interpretazione, quell’assemblaggio di parole rievoca direttamente la storia di Katty Skerl. Tornano i capelli biondi della vittima, la data della morte (non venne mai trovato l’assassino) e anche il luogo. Quindi il teschio, simbolo di morte.

La testimonianza

Non solo le buste anonime, le tre storie si intrecciano di nuovo nelle testimonianze del fotografo Marco Accetti. Un nome che torna più volte nelle cronache romane. Nel suo passato c’è una condanna per aver investito il figlio 12enne di un diplomatico uruguaiano a due passi dalla pineta di Castelporziano. Era il 20 dicembre 1983 e il piccolo Josè Garramon si trovava a 20 chilometri da casa. Inspiegabilmente secondo i familiari, convinti che dietro la fine del ragazzino ci fosse ben altro. Quindi, altra storia, le incursioni sul caso Orlandi: Accetti dichiarò a Chi l’ha visto di aver trovato il flauto di Emanuela. Falso. Poi sostenne di essere coinvolto nel rapimento della ragazza, salvo essere denunciato per calunnia e autocalunnia.

L’ultima denuncia

Infine l’imbeccata su Katty Skerl. Nel 2015 è stato proprio Accetti a bussare ancora una volta alla procura, chiedendo di aprire immediatamente la tomba della ragazza. L’esposto è piuttosto dettagliato: Skerl, secondo il fotografo, sarebbe stata uccisa su commissione da "una fazione interna ad ambienti vaticani" opposta a quella di cui avrebbe invece fatto parte Accetti e "contrari alla politica eccessivamente anticomunista di Papa Giovanni Paolo II". Quindi la chiave di volta: stando al racconto del testimone, "una finta squadra di addetti cimiteriali, simulando una riesumazione, smurò il fornetto in cui era deposta Skerl, da cui prelevò la bara". Perché? "Per occultare uno degli elementi che poteva far collegare il caso di Skerl a quello Orlandi". 

La scoperta e la svolta

Ecco la connessione tra le due storie, tra due dei gialli che più hanno scosso la Capitale negli anni ‘80. Che nessuno ha mai risolto. L’ipotesi di possibili ritorsioni, portate avanti a suon di sequestri e femminicidi, tra gruppi di potere legati alla Santa Sede resta tale. Ma ora, a sette anni di distanza dalla denuncia di Accetti, si regge su una certezza: la tomba non c’è, la polizia non l’ha trovata. Per questo, come si legge sul foglio lasciato affisso al Verano, è stato immediatamente aperto un fascicolo d’indagine. Una nuova inchiesta. Forse una nuova speranza per le famiglie delle due vittime. C’è un ultimo dettaglio. Stando ancora una volta alle parole di Accetti, la squadra di finti becchini avrebbe lasciato una maniglia da bara a forma di angelo al posto del feretro trafugato. Un elemento su cui, almeno per il momento, non ci sono certezze. 

La nuova inchiesta

Adesso non resta che attendere lo sviluppo delle indagini avviate dalla procura. Un collage di vecchi indizi e nuovi ritrovamenti da comporre con cura. In questi anni sono spuntate decine di piste. Strade senza uscita. Ora si riparte, sperando che stavolta Accetti sia attendibile. La famiglia Orlandi già diffida: i parenti di Emanuela non hanno mai creduto al fotografo. Ritengono che la fine della loro cara non abbia a che fare con quella di Skerl. Katty, prima uccisa e ora sparita dal Verano.